Come avevamo previsto nei nostri precedenti focus, la riunione del FOMC si è conclusa con un rialzo dei tassi di 25 pb, e un livello di approdo dei fed funds a 1,25%-1,50%. Il comunicato di fine meeting ha contenuti che ricalcano in maniera quasi identica quelli già letti a novembre, con evidenza che l’aspettativa che il mercato del lavoro rimarrà forte e che l’attività economica si espanderà a un ritmo moderato. Per quanto concerne l’inflazione, il dato dovrebbe rimanere al di sotto del target del 2% nel breve periodo, ma dovrebbe altresì risalire gradualmente nel medio termine.
Quanto basta, evidentemente, per permettere al FOMC di deliberare la conferma dell’attuale strategia di politica monetaria, sebbene il voto finale non sia stato unanime: Evans e Kashkari hanno infatti votato contro il rialzo dei tassi, poiché avrebbero voluto un costo del denaro fermo, almeno a questo giro.
Ma quali sono stati i risvolti meno attesi? E come impatteranno nelle previsioni dollaro 2018?
Yellen lascia in una situazione in miglioramento
Considerato che il sostanziale esito di sintesi del meeting non ha fornito agli analisti grandi spunti di riflessione, il clou delle valutazioni è giunto dalle proiezioni e dalla conferenza stampa di Yellen.
Per quanto attiene le prime, sul fronte macro economico registriamo un rialzo della crescita attesa a 2,5% sia nel 2017 sia nel 2018, con incremento di 10 punti e 40 punti base dalla precedente stima di 2,4 e 2,1%.
Viene inoltre stimata una riduzione del tasso di disoccupazione su tutto l’orizzonte di previsione di due decimi di punto percentuale all’anno, a 4,1% nel 2017, 3,9% nel 2018 e 2019, a 4% nel 2020. Rimane invariata l’indicazione sull’inflazione core, prevista a 1,9% nel 2018 e al 2% negli anni successivi.
Per quanto poi riguarda i tassi, non vi sono state modifiche per il 2018-2019, con tassi mediani a 2,1% e 2,7%, rispettivamente, mentre la proiezione per il 2020 sale a 3,1% da 2,9%, con il tasso di lungo termine sempre a 2,8%. Ad ogni modo, più si va avanti con l’orizzonte temporale delle previsioni, e più sembra esservi dispersione di intenti: sebbene infatti vi sia un generale e evidente consenso per proseguire con i rialzi dei tassi, appare infatti evidente che vi sia altresì una spiccata divergenza di vedute sul ritmo degli aumenti.
Le dichiarazioni di Yellen e l’orientamento del FOMC
Nella sua ultima conferenza stampa prima di passare le consegne a Powell a febbraio, Janet Yellen ha fatto il punto dello stato attuale delle “cose”, confermando ancora una volta che l’economia è in buona forma, senza eccessi o segni di instabilità, e risulta essere sostenuta anche da una positiva espansione sincronizzata con il resto dell’economia mondiale. Secondo Yellen, considerata la faticosa crescita dell’inflazione, per raggiungere il relativo target potrebbe essere necessario “un periodo più lungo di mercato del lavoro molto forte”.
Qualche timore è poi stato espresso per le conseguenze della riforma tributaria in dirittura d’arrivo, che sebbene per il momento non sia in grado di impattare in misura notevole sul sentiero dei tassi dei fed funds, è anche vero che potrebbe condurre un forte ampliamento del deficit e del debito federale, su strade difficilmente sostenibili. I tagli delle imposte previsti dalla riforma ridurranno la possibilità di reagire a condizioni cicliche avverse in futuro, creando potenziali difficoltà in caso di recessione.
Insomma, il FOMC non ha modificato lo scenario dei tassi per il prossimo biennio, sembra essere moderatamente dovish, e sembra altresì essere preoccupato soprattutto di gestire il binomio lavoro / inflazione, in un contesto che sarà influenzato dalla riforma tributaria Trump.
Nel prossimo meeting non ci attendiamo grandi novità ma, considerato che sarà il primo di Powell, sarà utile comprendere come i vertici Fed aggiorneranno le proprie valutazioni…
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