Si muovono verso nord le truppe di Assad, pronte ad affiancare le milizie curde contro l’offensiva turca che nei giorni scorsi ha lasciato sul campo decine di morti, civili e non, tra i Curdi. Per contrastare l’avanzata dei Turchi nella Siria nord-orientale, scendono ora in campo anche le truppe regolari dell’esercito siriano, grazie alla mediazione di Vladimir Putin, rivelatasi fondamentale per raggiungere un accordo che fino ad oggi sembrava impensabile.

Accordo che però sembra non scoraggiare minimamente Erdogan. “L’approccio” russo “non sarà un problema” ha dichiarato il presidente turco, che ha ribadito l’intenzione di procedere con l’attacco alla città di Kobane. I mezzi militari, carri armati e mezzi blindati, sono intanto in marcia verso l’area in cui si svolgerà l’offensiva, posizionati e pronti a sferrare un attacco dal fronte occidentale alla città che era stata occupata dal’Isis ma liberata poi nel 2015 dalle milizie curde.

L’esercito regolare siriano invece marcia verso il nord del Paese, diretto verso le provincie di Hasaka e Raqqa con lo scopo di fermare l’avanzata delle truppe di Erdogan. I Curdi, nei giorni scorsi avevano infatti avvisato la Casa Bianca che se avessero perso l’appoggio dell’esercito USA, avrebbero cercato quello della Russia, e così è stato.

L’avanzata turca però non si fermerà, ed Erdogan ha chiarito subito che intende procedere con l’obiettivo di prendere d’assalto Manbij, un’altra località strategica curda che è situata ad ovest del fiume Eufrate. “Il nostro accordo con gli Stati Uniti prevedeva che Manbij fosse evacuata dai terroristi in 90 giorni. E’ passato un anno e Manbij non è ancora stata evacuata” ha dichiarato il presidente turco dall’aeroporto Ataturk di Istanbul.

Secondo Erdogan, l’Europa si schiera con i Curdi a causa della troppa disinformazione. “Ho parlato ieri con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il giorno prima con il premier britannico Boris Johnson” ha detto il presidente della Turchia “mei nostri colloqui ho capito che c’è una seria disinformazione. Starete dalla pare del vostro alleato Nato o dalla parte dei terroristi? Ovviamente loro non possono rispondermi a questa domanda retorica”.

Sono trascorsi intanto sei giorni dall’inizio dei combattimenti, una situazione che ha per forza di cose attirato la massima attenzione dell’Europa, arrivando al centro del Consiglio dei ministri degli Esteri Ue, dove verrà proposto e discusso il blocco della vendita di armi alla Turchia, che in Francia e Germania è in realtà già effettivo.

Lo stesso presidente USA Donald Trump ha duramente criticato l’operato dell’Europa dopo la notizia della fuga di centinaia di militanti dell’Isis dai campi situati nel nord della Siria, affermando che si sarebbe dovuto già da tempo procedere coi rimpatri. Su Twitter Trump ha scritto che “l’Europa avrebbe già dovuto riprenderseli, date le numerose richieste. Lo deve fare ora. Gli Stati Uniti hanno i peggiori prigionieri dell’Isis“.

Sempre il presidente USA ha aggiunto a proposito dei militanti appartenenti al cosiddetto Stato Islamico (Isis) che “la Turchia e i Curdi non devono lasciarli scappare. Non dovranno venire negli Stati Uniti”. Ma intanto arriva l’ordine di evacuazione per altri mille soldati USA impiegati fino ad oggi nelle zone che ora sono interessate dall’attacco militare turco.

Intanto l’avanzata turca ha lasciato sul campo numerose vittime. Secondo il ministro della Difesa turco sarebbero 550 i “terroristi neutralizzati” vale a dire uccisi o fatti prigionieri nel corso dell’offensiva militare di questi giorni, dai Turchi battezzata: “Fonte di pace”. Ma stando agli ultimi aggiornamenti diffusi invece dalle Forze democratiche siriane a guida curda (Sdf), le vittime tra i loro combattenti sarebbero solo 45. L’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) cita cifre ancora differenti e parla di 112 miliazioni curdi uccisi negli scontri.

Le bombe raggiungono un convoglio di giornalisti

Tra le vittime dell’avanzata dell’esercito turco ci sono anche dei giornalisti. Durante gli scontri per la conquista delle città di Tel Abayd e di Ras al-Ain uno dei raid ha centrato un convoglio sul quale si trovavano dei giornalisti stranieri, alcuni dei quali sono rimasti uccisi, si tratterebbe di almeno due cronisti, mentre altri sei sono rimasti feriti.

Il pulmino sul quale viaggiavano transitava sulla strada che da Qamishli porta a Ras al Ayn. A perdere la vita quindi un giornalista curdo e un reporter straniero del quale ancora non si conosce l’identità, ma secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani sarebbero almeno 26 i civili uccisi durante gli scontri.

Nel frattempo le autorità curdo-siryane hanno reso noto che nelle prossime ore le truppe di Damasco sarebbero intervenute a difesa delle città di Manbij e Ayn Arab (in curdo la città si chiama Kobane). E mentre l’esercito siriano si sposta verso le zone settentrionali del Paese interessate dall’attacco turco, il presidente Trump ha disposto il ritiro di altri mille militari USA che verranno invece dislocati in altre basi americane che si trovano più a sud.

Il presidente Donald Trump ha specificato che le truppe USA si trovano sul territorio siriano per affiancare le milize curde nella lotta contro l’Isis, e ha risposto via Twitter alle accuse da parte dei Curdi definendo la scelta “una mossa molto intelligente” e aggiungendo: “non possiamo essere coinvolti in un’intensa battaglia lungo il confine con la Turchia”.

I Curdi ritengono di essere stati abbandonati dai loro alleati sul campo, e di aver permesso in questo modo un “massacro” perpetrato ai loro danni dalle truppe di Ankara, per questo hanno chiesto agli USA di aiutarli e di “assumersi le loro responsabilità”.

La telefonata della cancelliera tedesca al presidente turco

L’esercito turco ha intanto preso il controllo del’autostrada M4, di importanza strategica per le operazioni militari, e nel frattempo alcuni miliziani filo-turchi hanno giustiziato a sangue freddo sei civili siriani, tra i quali c’era l’attivista per i diritti delle donne Hevrin Khalaf, ritenuta dagli uomini dell’Isis una miscredente.

E mentre il numero delle vittime tra i civili continua a salire, Angela Merkel è intervenuta chiedendo a Racep Tayyp Erdogan di interrompere “immediatamente” le ostilità nel nord della Siria. Ma Erdgoan non ha mostrato alcuna intenzione di tornare sui propri passi, spiegando che non ha alcuna paura dell’embargo imposto da Francia e Germania sulla vendita delle armi alla Turchia.

“Dopo che abbiamo lanciato la nostra operazione hanno minacciato di imporci sanzioni economiche e l’embargo sulla vendita di armi” ha dichiarato Erdogan in conferenza stampa da Istanbul “ma quelli che pensano di poter fermare la Turchia con queste minacce si sbagliano di grosso”.

L’Italia blocca l’esportazione di armi alla Turchia

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha reso noto che l’Italia, attraverso un decreto ministeriale, bloccherà l’export di armi in Turchia. In questo modo l’intervento sarà immediato e si andrà ad affiancare a quello degli altri Paesi dell’Ue, ciascuno dei quali procederà nella stessa direzione individualmente.

Alla domanda del giornalista che chiede se la questione dell’embargo sugli armamenti sarà portata in Parlamento, Di Maio spiega che “Non serve che vada in parlamento perché per le nostre regole è un atto non normativo, un atto di secondo livello, un decreto ministeriale come quello che abbiamo firmato sui rimpatri“.

Sull’importanza di una risposta rapida ed efficace da parte dell’Europa, Di Maio ha spiegato che era fondamentale che l’Europa dimostrasse coesione “ma abbiamo lasciato ai singoli Stati l’impegno di farlo perché questo crea immediatezza” ha detto il ministro riferendosi alla misura dell’embargo “questo fa sì che non si debba fare un embargo europeo che poi porta a mesi e mesi di lavoro che avrebbero vanificato l’immediatezza dell’intervento”.

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