USA: la U.S. Federal Trade Commission e i procuratori di 48 dei 50 Stati accusano Facebook di monopolio

Probabilmente non si tratta di accuse in grado di impensierire il popolare social network, ma per Facebook sono scattate accuse abbastanza pesanti. Secondo la U.S. Federal Trade Commission infatti Facebook sarebbe colpevole di “monopolio”, accusa mossa ai suoi danni anche da un gruppo di procuratori di 48 dei 50 Stati.

Proprio nella giornata di ieri la FTC ed i procuratori di 48 Stati hanno presentato una causa contro Facebook attraverso la quale si punta a ridurre le dimensioni del noto gigante social.

Il monopolio detenuto da anni dal popolare social network sarebbe stato mantenuto, secondo l’accusa, grazie ad una condotta commerciale che minaccia il libero esercizio della concorrenza.

Non si è fatta attendere la reazione di Facebook, che ha subito rilasciato una dichiarazione con la quale sostanzialmente avverte di quali sono gli “effetti negativi” che tali accuse produrranno sulla comunità imprenditoriale e sugli utenti dei suoi servizi se le limitazioni prospettate dovessero essere alla fine imposte.

Anche la reazione dei mercati non si è fatta attendere, infatti con questa nuova offensiva antitrust il titolo di Facebook Inc ha subito accusato il colpo registrando un calo di poco meno del 2% nel corso della giornata di ieri.

Facebook accusato di monopolio

Ad annunciare l’iniziativa legale nei confronti di Facebook è stato il procuratore generale dello Stato di New York, Letitia James, che ha fatto sapere che la causa è già stata depositata presso la corte federale di Washington.

Ma qual è esattamente l’accusa mossa nei confronti del social network? I procuratori dei 48 Stati ritengono che Facebook abbia acquisito illegamente concorrenti come Instagram e WhatsApp, ed in questo modo avrebbe privato i consumatori dei benefici derivanti da un mercato competitivo nonché dalle maggiori garanzie in fatto di tutela dei propri dati personali.

Instagram è stato acquistato da Facebook nel 2012 per 1 miliardo di dollari, mentre due anni dopo è stata la volta di Whatsapp, che invece costò 1,9 miliardi di dollari. Quel che è successo però, da quando sono avvenute tali acquisizioni, è che i due social network in questione sono cresciuti in popolarità in maniera esponenziale, rafforzando in modo determinante il monopolio di Facebook.

Il noto social network nato in un semplice campus universitario è cresciuto e si è rafforzato enormemente nel corso degli anni, anche grazie a queste acquisizioni, raggiungendo oggi un valore stimato intorno agli 800 miliardi di dollari.

Le indagini portate avanti dai procuratori generali dei 48 Stati si sono protratte per 18 mesi. In una sua dichiarazione sull’argomento, la FTC ha affermato: “questo comportamento danneggia la concorrenza, lascia ai consumatori poca scelta per i loro social network personali e priva gli inserzionisti dei benefici della concorrenza”.

Ma cosa cercano di ottenere esattamente i querelanti? La richiesta che secondo Facebook penalizzerà sia gli utenti che la comunità imprenditoriale coi suoi “effetti negativi” è quella di costringere il social a cedere i propri beni attuando al contempo una ristrutturazione aziendale, con particolare riferimento ad Instagram e WhatsApp.

L’accusa ha spiegato che “i social network sono al centro della vita di milioni di americani. La pratica di Facebook di radicarsi e di mantenere il suo monopolio nega ai consumatori il beneficio della concorrenza” assumendo un comportamento che viene definito semplicemente “anticostituzionale”.

Un’offensiva contro i colossi tech

La causa intentata ai danni di Facebook da parte dei procuratori di 48 Stati Usa conferma il periodo di crescente offensiva nei confronti dei colossi tech. Nel mirino di legislatori e regolatori sono finiti anche Google, Amazon e Apple per via delle loro posizioni di predominio nel commercio, nell’elettronica, nei social media, nei motori di ricerca e nella pubblicità nel web.

E se da una parte il predominio di questi colossi tech viene visto come una cosa positiva dal punto di vista economico specie in un contesto di grande crisi come quello attuale, dall’altra c’è chi, come il presidente uscente Donald Trump, ed il suo stesso sfidante democratico Joe Biden ormai a un passo dalla Casa Bianca, che ritengono che questo strapotere possa rappresentare un pericolo per via dell’eccessiva influenza che questi giganti esercitano.

Sono infatti per la regolamentazione dell’attività delle grandi società della Silicon Valley sia i rappresentanti del Partito Democratico che quelli del Partito Repubblicano. Negli ultimi mesi abbiamo già visto come si stia procedendo in questa direzione quando il Dipartimento di Giustizia ha intentato una causa contro Google per aver abusato della sua posizione di fronte alla concorrenza.

E la cosa non riguarda solo gli Stati Uniti. Anche in Europa ci si sta movendo nella stessa direzione, con le autorità di regolamentazione che stanno ideando leggi più severe per ridurre il crescente predominio delle big della tecnologia, che vanno ora incontro a sanzioni multi-miliardarie in caso di violazione delle leggi sulla concorrenza.

Ad ogni modo la causa contro Facebook potrebbe dare il via ad una battaglia legale molto lunga, anche perché il colosso social non avrà difficoltà a reclutare i migliori legali per sostenere il confronto nelle aule della legge.

Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento. Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa scritti direttamente dai nostri Clienti.
I lettori sono tenuti pertanto a effettuare le proprie ricerche per verificare l’aggiornamento dei dati. Questo sito NON è responsabile, direttamente o indirettamente, per qualsivoglia danno o perdita, reale o presunta, causata dall'utilizzo di qualunque contenuto o servizio menzionato sul sito https://www.borsainside.com.

Rimani aggiornato con le ultime novità su investimenti e trading!

Telegram
Regolamentazione Trading
Non perdere le nostre notizie! Vuoi essere avvisat* quando pubblichiamo un nuovo articolo? No Sì, certo