Il “Grande Reset” e il mondo del lavoro di domani. Per il WEF la pandemia è un’occasione da non sprecare

Ormai sono mesi che in alcuni ambienti in particolare si parla del cosiddetto “Grande Reset”, di cosa rappresenta e soprattutto in che modo modificherà la nostra società all’indomani dell’emergenza Coronavirus.

Il Grande Reset indica un cambiamento radicale che riguarderà soprattutto il mondo del lavoro, ma inevitabilmente modificherà, anche se non possiamo ancora stabilire in quale misura, l’intera struttura della società che conosciamo.

Per approfondire l’argomento diamo un’occhiata al lavoro svolto dal team di Strategie Economiche, che seguirà da vicino l’evento del World Economic Forum, perché è proprio nel suo ambito che “avvengono le discussioni scientifiche, economiche e sociali che influenzeranno le decisioni politiche con cui verrà ridisegnato il nostro modo di vivere (ed il nostro rapporto con il denaro) nel mondo post lockdown”.

I punti chiave trattati dal prossimo World Economic Forum che si svolgerà a Davos a gennaio 2021, nell’ambito dei quali verranno prese delle decisioni ben precise che inevitabilmente influenzeranno il corso degli eventi su scala globale in ambito economico e finanziario, ce li riporta direttamente Strategie Economiche, che riceve dal Forum tutti i documenti preparatori che faranno da supporto a dette discussioni e decisioni.

Quali sono gli obiettivi del Grande Reset per il mondo del lavoro?

Vediamo quindi l’elenco completo dei punti che sono riportati in un documento fondamentale del WEF pubblicato ad ottobre, il White Paper sull’Agenda per la Ristrutturazione del Lavoro.

Grazie alle cifre che vengono riportato in questo documento, il lettore ha la possibilità di farsi un’idea abbastanza precisa di quale sia la mole di cambiamento che gli obiettivi del WEF indicano in particolare nel mondo del lavoro che conosciamo nell’ambito del Grande Reset. 

  • Digitalizzare almeno l’84% dei processi lavorativi (esempi di ‘processi lavorativi’: spedizioni, assistenza ai clienti, progettazione di prodotti e servizi, gestione dei fornitori e delle filiere, ecc…)
  • Delocalizzare in remoto almeno l’83% delle attività attualmente effettuate da esseri umani
  • Automatizzare almeno il 50% delle attività attualmente effettuate da esseri umani
  • Digitalizzare almeno il 42% dei programmi di aggiornamento professionale (in sostanza: sostenere le società che effettuano la formazione online a discapito di quelle che la effettuano in presenza)
  • Riqualificare almeno il 35% delle attuali competenze professionali (vuol dire che il 35% delle professioni attuali saranno obsolete e dovranno essere riformate
  • Riformare almeno il 34% delle strutture organizzative (il termine “struttura organizzativa” coincide più o meno con quello che noi chiamiamo ‘organigramma’)
  • Ricollocare almeno il 30% dell’attuale forza lavoro su altre occupazioni che prevedono salari differenti da quelli precedenti
  • Ridurre temporaneamente la forza lavoro di almeno il 28%
  • Ridurre permanentemente la forza lavoro di almeno il 13%.

Cosa evinciamo quindi da una lettura, anche superficiale, di questi numeri? In primo luogo è evidente la ragione per cui in tutti i documenti del World Economic Forum la pandemia viene indicata come un’occasione da non sprecare per attuare questo programma.

Sappiamo, non fosse altro perché lo tocchiamo con mano, che le misure restrittive imposte dai governi centrali nell’intento (dichiarato) di contenere la diffusione del coronavirus provocano inevitabilmente una catena di fallimenti, distruggendo in particolare le piccole e medie imprese.

La catena di fallimenti, osservano da Strategie Economiche, interessano proprio quei settori “considerati ‘obsoleti’ dall’ideologia del Grande Reset” e questo permetterà di “accelerare la riconversione del mondo del lavoro secondo i nuovi principi ‘rivoluzionari’ concepiti da questa élite”.

Un quadro, quello in cui assistiamo alla distruzione delle piccole e medie imprese, che viene confermato anche dall’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, il quale in occasione del suo intervento di lunedì presso il G30 ha spiegato che il Recovery Fund (anche detto Next Generation Fund) non fermerà la distruzione delle pmi, che diverrà invece ancora più evidente quando i termini degli aiuti di emergenza adottati dai vari Paesi dell’Ue arriveranno a scadenza.

Gli obiettivi del WEF sono inevitabili?

L’analisi di Strategie Economiche circa la realizzazione del piano i cui punti abbiamo prima elencato, prosegue attraverso la domanda: tutto ciò accadrà senza alcun dubbio oppure ci sono altri scenari possibili per il prossimo futuro?

Gli esperti di Startegie Economiche consigliano di approfondire in particolare le differenze esistenti tra i vari gruppi di potere, vale a dire potere politico, economico e finanziario.

Cominciamo proprio dall’evento del G30, che presenta un’agenda che non coincide con quella del World Economic Forum, che viene definito come un “laboratorio di idee composto da esponenti delle multinazionali e delle agenzie sovrannazionali a cui sta a cuore la standardizzazione dei processi produttivi, del mondo del lavoro, delle politiche sociali, delle valute e dei dati personali, in modo da accelerare la supremazia di questa élite rispetto al mondo dell’economia reale e della politica di prossimità”.

Piuttosto diverso invece si presenta il G30, che viene descritto come “un organo composto principalmente da banchieri, a cui sta molto più a cuore la stabilità del ‘qui e ora’ economico e finanziario, come ad esempio la tenuta delle valute e dei bilanci delle banche, l’equilibrio tra debito e PIL dei singoli Stati e il sostegno alle politiche di indebitamento”.

Ma cosa comporta l’esistenza di queste distanze tra gruppi di potere così grandi? Ne derivano naturalmente punti di vista molto diversi, ed è stato ancora Mario Draghi ad evidenziare quello del G30, decisamente “più pessimista dei proclami esaltati e autocelebrativi del WEF” che tra l’altro tra i suoi obiettivi ha anche la “messa in parentesi delle banche con l’avvento delle valute fiat digitali”.

Dal discorso di Mario Draghi si evince in sostanza che mettere in pratica obiettivi come quelli del WEF che puntano a stravolgere il sistema economico e sociale che conosciamo non è così facile come sembra si voglia far pensare.

Il team di Strategie Economiche sottolinea infatti che “qualsiasi rivoluzione, per quanto ambiziosa, deve attraversare due momenti cruciali” che sono i seguenti:

  • il momento necessario della ‘distruzione’ di ciò che c’è
  • il momento, successivo, della costruzione del nuovo.

Il primo obiettivo è chiaramente molto più facile da raggiungere di quanto non sia il secondo. E se oggi il WEF “guarda con soddisfazione alla quasi completa realizzazione del primo momento” non dobbiamo dare per scontato che le cose andranno come da programma anche nella fase successiva, perché costruire sulle macerie che stiamo accumulando potrebbe rivelarsi più difficile del previsto per vari motivi.

Intanto si deve tener conto di quelle che saranno le reazioni dei gruppi di potere concorrenti che “non staranno a guardare e pretenderanno la loro parte, mentre i governi e le varie entità sovrannazionali, iniziando a mettere in pratica i principi ‘rivoluzionari’ del WEF, non sempre ne faranno una traduzione fedele”.

Molto dipenderà dunque dal modo in cui le indicazioni del WEF verranno messe in atto nei vari Paesi, quindi in contesti spesso estremamente diversi tra loro. Quindi la domanda da porsi è: “fino a che punto il Grande Reset sarà capace di ridisegnare davvero il mondo che conosciamo?”.

L’Italia “primo laboratorio sul campo”

Per avere la risposta a questa domanda, e a molte altre che sono ad essa direttamente collegate, se non altro non dovremo aspettare molto, come gli stessi esperti di Strategie Economiche evidenziano.

Il caso ha voluto che l’Italia fosse il primo laboratorio sul campo dove per la prima volta verranno applicati molti dei principi del WEF in programmi attuativi concreti portati avanti da un governo nazionale” e ciò sta avvenendo attraverso il Recovery Fund, che viene definito “il primo esperimento in cui un governo pianificherà per davvero una rivoluzione in stile WEF in molti campi strutturali del Paese”.

Insomma nei prossimi mesi avremo modo di scoprire quanto di ciò che abbiamo letto nei punti del World Economic Forum si tradurrà in realtà in Italia, che il team di Strategie Economiche descrive come una “società complessa, corrotta, frammentata e ideologicamente irriducibile”.

E nell’attesa di osservare in prima persona i prossimi sviluppi, SE invita a soffermarsi un attimo sul recente commento di Mario Draghi circa il sistema di finanziamento “per progetti” tipico del Recovery Fund e dei vari progetti dell’Unione Europea.

“Quel che bisogna valutare è se un progetto è utile o no. Se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo” ha osservato l’ex presidente della BCE.

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