Tassi di interesse

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Il tasso di interesse è la percentuale che indica il costo del denaro preso a prestito: è, in altri termini, il prezzo che un operatore è disposto a pagare per ottenere un capitale finanziario o, di contro, il prezzo che una controparte desidera incassare per concedere un prestito di capitale.

Per la loro natura e variabilità, è possibile distinguere due principali tipologie di tasso: il tasso di interesse fisso e quello variabile. Il tasso di interesse fisso non varia per tutta la durata prevista dal contratto: in riferimento ad un contratto di mutuo o di prestito, ciò permetterà l’applicazione della stessa percentuale di costo per l’intero piano di ammortamento. Il tasso di interesse variabile, invece, è il tasso di interesse che varia a seconda del trend del parametro di riferimento: riprendendo per un istante l’esempio del contratto di mutuo, è possibile stabilire che il tasso di interesse muti, all’interno del piano di ammortamento, sulla base dell’andamento di un indice quale l’Euribor o il tasso BCE. Rimanendo sempre all’interno dei tassi applicabili alle operazioni di finanziamento, nel tempo si sono sviluppate transazioni caratterizzate dalla presenza di tassi di svariate tipologie, quali quelli “misti” o quelli con cap.

Particolare importanza, all’interno del panorama dei tassi di interesse, la rivestono i tassi stabiliti dalle Banche Centrali, istituzioni la cui funzione fondamentale è quella riferibile alla gestione della politica monetaria di un Paese o di più Paesi (come nel caso della Banca Centrale Europea). Tra gli strumenti di politica monetaria più importanti a disposizione delle Banche Centrali vi è sicuramente la possibilità di determinare i tassi di riferimento, che disciplinano il costo in relazione al quale una Banca Centrale può concedere dei finanziamenti alle altre banche. Il livello del tasso di interesse delle Banche Centrali è fondamentalmente influenzato dalle aspettative del sistema bancario, e dai rischi e dalle probabilità di default. In linea di massima, è riscontrabile un incremento del tasso di riferimento nel caso in cui ci si attenda un periodo di crescita dell’inflazione, mentre in caso contrario il tasso di riferimento viene lasciato invariato, o viene – come negli ultimi mesi – diminuito. Sempre in linea generale, è anche possibile affermare che quando il tasso di riferimento aumenta, aumentando di conseguenza il costo del denaro, è riscontrabile da parte della Banca Centrale la volontà di indurre una stretta creditizia; di contro, quando il tasso di riferimento diminuisce, invece, il costo del denaro decrementa in virtù della volontà di allentare la morsa del credito al fine di incentivare consumi privati e investimenti imprenditoriali.

Osservando i dati attuali e storici del tasso di riferimento della Banca Centrale Europea, possiamo affermare che dopo la decisione del 21 gennaio 2009 il tasso è ora pari al 2%. Tale livello è il frutto di una rapida serie di scelte di ribasso iniziate a metà ottobre 2008, quando dal 4,25% (tasso che perdurava dal mese di luglio dello stesso anno) il tasso ha subito una riduzione di 50 bp al 3,75%. Successivamente, il 12 novembre, il tasso è stato ridotto di altri 50 bp al 3,25%, per poi subire una nuova, vistosa, riduzione di 75 bp al 2,50% durante la seduta del 10 dicembre 2008.
Negli ultimi dieci anni, il livello più elevato dei tassi di interesse è stato quello raggiunto con decisione dell’11 ottobre 2000, data in cui il tasso di riferimento fu condotto dal 4,50% al 4,75%; tale livello durò fino al 15 maggio 2001, giorno in cui la Banca Centrale Europea decise di ridurre il tasso di 25 bp al 4,50%.

Vedi quali sono gli attuali tassi d’interesse delle principali Banche Centrali mondiali.

Per certi versi collegabile al tasso BCE è il tasso Euribor. L’Euribor (acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate), è il tasso interbancario medio di offerta in euro, ossia il tasso di interesse al quale le singole banche si prestano denaro. Così come il tasso BCE, anche il tasso Euribor sarà influenzato anche (e, in questo caso, principalmente), dal rischio di default degli operatori di sistema, e dalle aspettative del sistema bancario. È anche possibile affermare e ricordare come l’Euribor abbia di fatti sostituito i tassi interbancari “nazionali”, Ribor (Rome Interbank Offered Rate): dal 1998, tuttavia, con le scelte inquadrabili in quei programmi decisionali che porteranno poi all’adozione dell’Euro, è stata assunta l’iniziativa di creazione di un tasso interbancario di livello europeo, quale, appunto, l’Euribor. Possiamo inoltre anche ricordare perché l’Euribor viene indicato quale un tasso “medio”: esso rappresenta infatti proprio una media di tassi interbancari vigenti nelle banche più importanti dell’Eurozona (in tutto, una sessantina di istituti di credito). L’Euribor, contrariamente al tasso BCE, è inoltre un tasso in continua evoluzione, con variazioni quotidiane. Esistono inoltre diversi tassi Euribor, sulla base delle scadenze dei prestiti e della natura del denominatore, a seconda – cioè – che nella formula si utilizzi l’anno commerciale (360 giorni) o quello solare (365 giorni).

A livello meramente mediatico, anche l’Euribor ha avuto il suo momento di fama durante la fase crescente dei tassi di interessi: esso è infatti tradizionalmente utilizzato qualche base per il calcolo del tasso di interesse sui mutui a tasso variabile, il cui “prezzo” è rappresentato proprio da un parametro quale l’Euribor, maggiorato di uno spreaddeciso dall’istituto di credito. A variazioni in aumento dell’Euribor corrispondono pertanto variazioni in aumento del tasso di interesse applicato ai mutui a tasso variabile, con conseguente aumento della quota interessi delle rate.

Ecco la serie storica del tasso Euribor 3m/365 nel 2008:

Decorrenza

Tasso

31/12/2008

3.431

30/11/2008

4.390

31/10/2008

5.226

30/09/2008

5.062

31/08/2008

5.034

31/07/2008

5.028

30/06/2008

5.001

31/05/2008

4.924

30/04/2008

4.838

31/03/2008

4.624

29/02/2008

4.422

31/01/2008

4.572

In situazioni non turbolente, l’Euribor e il tasso BCE seguono un andamento similare, con l’Euribor che fino agli scossoni finanziari generati dalla crisi dei mutui dei subprime negli Stati Uniti, ha di norma anticipato le variazioni del tasso della Banca Centrale Europea.

Come accade in Europa, anche negli Stati Uniti – ovviamente – è presente un tasso di riferimento dell’equivalente della “nostra” Banca Centrale, la Federal Reserve, con caratteristiche ed effetti similari al tasso di riferimento BCE. Attualmente, sulla base dell’ultima decisione del FOMC, il comitato esecutivo della Fed, i Fed Funds sono praticamente pari ad un livello storico minimo, compreso tra lo 0,0% e lo 0,25%, con il tasso di sconto pari allo 0,50% in seguito alla scelta di metà dicembre 2008. La decisione di ridurre ad un intervallo minimo i Fed Funds pare propria di una scelta di politica monetaria piuttosto aggressiva da parte della Fed, accompagnata dalla dichiarazione che i tassi di intervento rimarranno su basse soglie per lungo tempo, e che la politica monetaria sarà condotta con operazioni di espansione del bilancio della Fed con acquisizione di titoli del Tesoro e delle Agenzie pubbliche.

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