intelligenza artificiale azione

Una società che fino a pochi anni fa quasi nessuno conosceva è diventata una delle migliori performer tecnologiche dell’anno, simbolo della nuova e complessa architettura finanziaria su cui si regge la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Si tratta di CoreWeave, ex azienda di cripto–mining trasformata in operatore di centri dati e oggi al centro di un sistema di accordi miliardari, debiti colossali e rapporti intrecciati con i più grandi nomi della tecnologia globale.

La sua IPO del 2025 è stata la più grande per una startup tecnologica dal 2021, e da allora le azioni hanno più che raddoppiato il loro valore, superando perfino le performance del gruppo delle cosiddette “Magnifiche Sette”. In pochi mesi CoreWeave ha annunciato accordi da 22 miliardi con OpenAI, 14 miliardi con Meta e 6 miliardi con Nvidia.

Risultati impressionanti per un’azienda che non realizza profitti e accumula debiti a ritmi vertiginosi.

Un modello di business redditizio solo sulla carta

L’intera attività di CoreWeave si basa su un pilastro: acquistare enormi quantità di chip avanzati, costruire o affittare strutture per ospitarli e poi noleggiarli alle aziende di IA che non possono permettersi investimenti iniziali così onerosi. Sulla carta, un modello semplice. Nella realtà, un equilibrio estremamente fragile.

L’azienda prevede 5 miliardi di ricavi nell’anno in corso, a fronte di 20 miliardi di spese. Per coprire il divario ha accumulato 14 miliardi di debiti, molti dei quali con scadenza entro dodici mesi. Alcuni prestiti sono stati erogati solo a seguito della creazione di entità legali dedicate, strutture pensate unicamente per indebitarsi al posto di CoreWeave e tenere il debito fuori dal bilancio ufficiale. A tutto questo si aggiungono 34 miliardi di pagamenti di leasing vincolati tra oggi e il 2028.

Dipendenza da pochi clienti e rapporti circolari

La quasi totalità dei ricavi deriva da pochi attori:

  • Microsoft rappresenta fino al 70 percento del fatturato.
  • Nvidia e OpenAI potrebbero coprire un ulteriore 20 percento.

Il quadro diventa ancora più complesso perché Nvidia è allo stesso tempo fornitore, cliente e investitore. CoreWeave usa denaro proveniente da Nvidia per comprare chip Nvidia che poi affitta… a Nvidia stessa. OpenAI, dal canto suo, è cliente, partner strategico e investitore. Microsoft è sia cliente di CoreWeave sia partner principale di OpenAI.

Un circolo finanziario strettissimo, in cui gli stessi soldi rimbalzano da un’azienda all’altra alimentando un’economia sempre più speculativa.

Un settore costruito su debiti enormi e previsioni ottimistiche

La verità è che l’infrastruttura necessaria per far funzionare i sistemi di IA ha costi astronomici. Nel solo 2025 la spesa globale per data center supererà i 400 miliardi di dollari, con stime che parlano di quasi 7.000 miliardi entro il 2030.

Gli operatori non hanno liquidità sufficiente, quindi ricorrono a:

  • accordi azionari in cambio di futuri profitti
  • debiti ad altissimo rischio
  • veicoli societari opachi (SPV)
  • prestiti garantiti da GPU, cioè chip usati come collateral

Quest’ultimo punto è particolarmente pericoloso: se il valore dei chip dovesse crollare, come accade a ogni nuova generazione hardware, l’intero sistema potrebbe innescare un effetto domino simile a quello dei mutui subprime del 2008.

Il ruolo centrale di Nvidia

Al centro di ogni scambio siede Nvidia, oggi la società più preziosa al mondo. Le aziende di IA non possono pagare i chip; Nvidia non può permettersi che smettano di comprarli. La soluzione? Investimenti incrociati e accordi basati su azioni future, con oltre 50 operazioni miliardarie solo quest’anno.

Se l’IA non raggiungerà i profitti promessi, la crisi potrebbe essere globale

Per molti analisti la scommessa delle big tech è una corsa all’oro che potrebbe non produrre i ritorni attesi. Le previsioni più critiche indicano:

  • 60 miliardi di ricavi complessivi delle aziende di IA nel 2025
  • 400 miliardi di spesa
  • perdite massicce fino al 2029

L’unica azienda che guadagna davvero? Sempre Nvidia, perché vende i chip a tutti.

Un rischio sistemico paragonabile al 2008

Il vero problema è l’enorme quantità di debiti privati coinvolti. Società di private credit hanno già prestato oltre 450 miliardi al settore tech, con previsioni di arrivare a 1.250 miliardi nei prossimi due anni.

Il rischio è che un eventuale “crash dell’IA” non colpisca solo investitori e fondi, ma anche:

  • banche
  • assicurazioni
  • fondi pensione
  • interi sistemi locali

una concatenazione molto simile a quella che precedette la crisi finanziaria globale.

Una crisi evitabile, ma ignorata

Nonostante gli avvertimenti, l’amministrazione statunitense ha recentemente allentato le regole, consentendo persino agli investitori comuni di destinare risparmi pensionistici a strumenti ad alto rischio come il private credit. Una scelta che molti economisti interpretano come un campanello d’allarme: la possibilità di una crisi non è solo teorica ma sempre più concreta.

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