Alcune delle domande più ricorrenti quando si parla di Covid sono: quanto dura effettivamente l’immunità naturale al Covid? Per quanto tempo gli anticorpi prodotti dal nostro organismo dopo un primo contatto con il virus sono in grado di proteggerci anche da una seconda infezione?

Secondo quanto emerso da un nuovo studio in attesa di revisione per poter essere pubblicato sulla rivista Nature e condotto da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, a Vo’ Euganeo, in Veneto, gli anticorpi prodotti naturalmente dal nostro corpo sarebbero in grado di persistere per almeno 9-10 mesi.

Inoltre è emerso che tra i pazienti guariti dopo la prima ondata, chi è stato esposto in modo diretto nel corso della seconda ondata a Covid-19 non si è riammalato. L’analisi ha coinvolto 125 residenti a Vo’ Euganeo e dintorni, 88 dei quali erano risultati positivi al tampone a febbraio 2020, mentre gli altri erano risultati positivi al test sierologico durante i controlli di maggio.

Crisanti, che ha collaborato con alcuni ricercatori dell’Imperial College di Londra, ha affermato: “quello che abbiamo visto è che gli anticorpi, per lo più neutralizzanti, restano in circolo fino a 10 mesi, senza sostanziali differenze nel titolo anticorpale tra sintomatici e asintomatici, e neppure tra diverse classi di età”. L’indagine ha dunque evidenziato che sembra esistere una “barriera protettiva” piuttosto duratura per chi ha già contratto il Covid-19, anche per chi non ha manifestato sintomi.

Nessun caso di reinfezione

Vo’ Euganeo rappresenta un caso-studio, sotto esame fin dall’inizio della pandemia. Questo non solo perché è stata registrata proprio qui la prima vittima di Covid-19 in Italia, ma anche perché i suoi abitanti sono stati esaminati in più occasioni con tamponi molecolari e test sierologici.

Durante l’ultimo test, svolto a novembre, hanno partecipato solamente i 125 abitanti che nel maggio 2020 erano risultati positivi alla presenza di anticorpi nell’organismo, indicando quindi una precedente infezione da coronavirus nel periodo di febbraio-marzo.

Il professore Crisanti ha poi aggiunto: “come c’era da aspettarsi, gli anticorpi dopo 9 mesi diminuiscono pur restando però piuttosto elevati. Ma l’aspetto interessante e soprattutto rassicurante è che 18 persone sono state esposte a positivi Sars-CoV-2 durante la seconda ondata perché condividevano la casa o avevano rapporti stretti: nessuno di loro si è riammalato. Sappiamo con certezza che queste persone sono entrate di nuovo in contatto con il virus perché il loro livello di anticorpi è aumentato, come se avessero fatto il richiamo del vaccino, ma non si sono ammalate, e questa è un’ottima notizia”.

Il fatto che la concentrazione degli anticorpi in questi soggetti sia aumentato, indica che effettivamente chi si è infettato ed è guarito è in qualche modo protetto. Tuttavia il virus, continua Crisanti, “per poter stimolare le risposte anticorpali di queste persone si è moltiplicato un po’, non sappiamo quanto, ma sicuramente ha avuto una fase di replicazione che non ha portato alla malattia, ma che ha causato un’infezione transitoria asintomatica, perché altrimenti non si sarebbe stimolata la risposta immunitaria”.

Resta ancora da determinare se in questa fasi i soggetti siano effettivamente contagiosi e per poterlo stabilire con esattezza è necessario procedere ulteriormente con le indagini.

Pianificare la campagna vaccinale

La durata effettiva dell’immunità, sia naturale che indotta dai vaccini, è una domanda più frequenti e ancora oggi non si riesce a fornire una risposta definitiva e univoca. Capire quali siano i meccanismi che si celano dietro questo aspetto risulta però fondamentale per la pianificazione della campagna vaccinale, anche con eventuali richiami, per tornare al più presto a vivere una vita “normale”.

Alcuni studi affermano che l’immunità naturale sia di massimo 3-5 mesi, mentre altri, più numerosi rispetto ai primi, sostengono che questa possa arrivare fino agli 8-9 mesi. Naturalmente si potranno avere molte più risposte con il passare del tempo, ma molto dipende anche dalla risposta di ogni singolo individuo. Bisogna infatti stare attenti perché non tutti quelli che contraggono l’infezione sviluppano poi degli anticorpi neutralizzanti.

L’immunologa Antonella Viola, docente di Patologia all’Università di Padova, ha infatti spiegato che “secondo uno studio effettuato in Cina, solo il 40% delle persone sieropositive, che hanno cioè generato anticorpi contro Sars-CoV-2, produce anticorpi in grado di bloccare il virus“.

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