Motore elettrico o idrogeno? Ecco quale sarà il futuro per il mercato dell’auto

L’impostazione ecosostenibile che si tenta di dare all’economia interessa non solo la catena di produzione in sé, quindi le fonti di energia che la alimenteranno negli anni a venire, ma naturalmente anche le caratteristiche dei prodotti che verranno immessi nel mercato, con particolare attenzione inevitabilmente per quello dell’automobile.

In che direzione andrà nei prossimi anni il mercato dell”auto? La scelta di mettere da parte i combustibili fossili e di ridurre l’utilizzo del metano, inteso come fonte di transizione verso scelte più green, restringe il cerchio sostanzialmente a due opzioni: idrogeno ed elettrico.

Sorge quindi una domanda cui in realtà non è così facile dare una risposta: cos’è meglio l’idrogeno o l’elettrico? Si tratta di un argomento ampiamente trattato ultimamente, perché è sulla base della risposta a tale quesito che i produttori dovranno basare le proprie scelte.

In quale delle due alternative conviene investire quindi? Bisogna prima di tutto capire quale tecnologia abbia senso a seconda delle diverse aree di applicazione, e come si possa materialmente effettuare questa transizione ecologica.

Il ruolo fondamentale degli incentivi messi in campo dai governi

Ad illustrarci nei dettagli un quadro alquanto complesso è il Coordinatore delle ricerche sulle politiche energetiche e la protezione del clima dell’Istituto di Ecologia Applicata di Berlino, Felix Matthes, le cui attività si concentrano sulle strategie di decarbonizzazione, i sistemi per lo scambio di quote di emissioni e la regolamentazione del mercato dell’energia elettrica.

“Se pensiamo all’obiettivo di essere carbon neutral entro il 2050, considerando il sistema di scambio per le quote di emissioni attualmente l’Unione Europea è sulla buona strada per centrare i target intermedi del 2030″ spiega l’ex membro della Commissione governativa tedesca sul carbone ed attuale membro del Consiglio Nazionale sull’idrogeno.

“Ciò vale per le emissioni di CO2 del settore energetico, dell’industria ad alta intensità energetica e del traffico aereo entro i confini europei” spiega ancora Matthes “ma in altri settori, come trasporti, edilizia e agricoltura, la situazione non è così favorevole, proprio perché non è previsto lo scambio di quote di emissioni”.

“In questi casi le misure di incentivazione messe in campo dai governi, tanto per le automobili, quanto per la ristrutturazione degli edifici, diventano fondamentali” sottolinea Matthes “i costi di gestione dei veicoli e del riscaldamento dovrebbero essere collegati più strettamente alle emissioni di CO2. Servirebbe un sistema europeo di scambio di quote di emissioni anche per i prodotti petroliferi”.

Per energia a impatto zero sul clima servono fonti energetiche rinnovabili

Per ottenere il risultato di un approvvigionamento energetico che sia a impatto zero sul clima, bisogna puntare sull’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Si parla quindi di eolico e fotovoltaico, il che significa che è necesssario aumentare notevolmente le quote di energie rinnovabili, e questo si traduce nell’impellenza di sviluppare più rapidamente le aree disponibili per impianti di pannelli solari e pale eoliche.

La fonte di energia a minor impatto ambientale e dai costi più bassi è l’elettricità, che però deve essere prodotta attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili, altrimenti siamo punto e a capo.

E l’idrogeno invece? Non potrebbe essere un’altra valida alternativa per sostituire le fonti di energia tradizionali? In teoria sì, perché sarebbe comunque a basso impatto ambientale, ma non può essere considerato nel lungo termine un’opzione economica per via delle perdite di conversione, degli elevati costi di investimento iniziali e dei costi di trasporto.

“La soluzione migliore? Elettrificare il più possibile” dice quindi Felix Matthes “fecendo ricorso all’idrogeno laddove necessario. Nel settore auto ci vorrebbe il coraggio di assumere una posizione chiare e dare assoluta priorità all’elettrico. Non ha senso spendere troppi soldi per altri esperimenti”.

“Mentre per esempio nel settore del trasporto pesante la soluzione migliore non è ancora stata identificata e serve organizzare un processo di ricerca” spiega ancora Matthes che poi aggiunge: “nell’industria siderurgica e in quella chimica, al contrario, l’idrogeno è indispensabile”.

Qual è il percorso più realistico

Felix Matthes ritiene che i combustibili sintetici possano essere una soluzione per quei settori nei quali non vi sono alternative, ad esempio nel settore aereo e, almeno in parte nel settore marittimo. Ma per le forniture su larga scala si dovrà guardare altrove per via dell’arretratezza delle tecnologie di conversione che risultano essere ancora troppo inefficienti ma anche troppo costose nel lungo termine.

Per ottenere dei risultati apprezzabili, secondo Matthes, bisogna seguire la strada delle rinnovabili con ancor più convinzione, e ci fa un esempio pratico, quello delle colonnine di ricarica per le auto elettriche che “stanno crescendo rapidamente, e nella maggior parte dei casi sono adeguate allo scenario attuale, ma bisogna intensificare ulteriormente gli sforzi per supportare lo sviluppo dell’e-mobility”.

Un discorso che vale non solo per il settore auto, ma che ad esempio si applica anche alle reti di riscaldamento. Al contempo è necessario, secondo l’esperto “estendere l’utilizzo dell’idrogeno nell’industria”.

La situazione in cui ci troviamo ora è quella di un sistema caratterizzato da costi di investimento medi e costi di gestione alti, e questo non riguarda solo il mercato dell’automobile, ma anche l’industria.

Il futuro verso il quale andiamo invece sarà caratterizzato da costi iniziali più elevati, ma con la prospettiva di ottenere un risparmio nell’intero ciclo di vita grazie alla nuova tecnologia.

Resta da risolvere ancora il problema di chi “non ha la disponibilità iniziale necessaria per risparmiare nel tempo” per quanto riguarda il mercato dell’auto, spiega Matthes “i piani di leasing e noleggio sono una buona soluzione; un’altra potrebbe essere spostare una parte della rata nei costi di ricarica, in modo da ridurre la spesa iniziale e compensarla nella quotidianità, aggiungendo una piccola quota ogni volta che si ricarica, considerando i costi di gestione e che l’elettricità è molto più economica del carburante”.

Auto a idrogeno, ecco perché non è così semplice

Delle prospettive che la tecnologia dell’idrogeno è in grado di offrire al mercato dell’automobile si parla in maniera approfondita in uno speciale di Rinnovabili.it, dove viene anzitutto precisato che “il successo di una trasformazione del sistema ingegneristico globale così drastica come quella che avrebbe come protagonista l’idrogeno, dipende dalla sua fattibilità tecnica prima di ogni altra cosa”.

Viene svolto un focus sull’aspetto dell’efficienza nell’ambito dell’autotrazione, attraverso un confronto tra il rendimento dei veicoli a idrogeno e quello dei veicoli elettrici a batteria, ed è proprio in questo modo che dovremmo completare il quadro ed ottenere una risposta alla domanda di partenza: cosa è meglio auto a idrogeno oppure elettriche?

Si premette che tutte le più grandi istituzioni e i centri di ricerca internazionali (Bloomberg, IEA, International Council on Clean Transportation) sostengono che la maggior parte dei veicoli per trasporto su ruota nei prossimi decenni saranno battery-electric.

Resterebbe quindi ben poco mercato per i veicoli alimentati a idrogeno, ma come mai? Il primo punto debole di questa tecnologia è dato dall’elevato livello di dispersione di energia. Nel caso dell’idrogeno già nella prima fase, quella dell’elettrolisi necessaria per far sì che il processo sia effettivamente carbon neutral, si perde circa un quinto dell’energia che si ha a disposizione inizialmente.

Ma non è tutto, perché poi l’idrogeno deve venire compresso fino a circa 700 bar, raffreddato dai -33 ai -40 gradi centigradi e stoccato in appositi serbatoi. Questo percorso ha un’efficienza del 90%, poi quando il carburante (idrogeno) è dentro al veicolo viene riconvertito in elettricità all’interno della Fuel Cell con un’efficienza massima raggiungibile in laboratorio dell’83%.

In realtà però oggi nel mercato l’efficienza che si raggiunge in questa fase si aggira ben al di sotto di quella soglia, e si attesta tra il 40 ed il 60%. A tutto questo si aggiunge poi la dispersione derivante dall’ultimo passaggio, il rendimento elettrico del motore che ha un’efficienza quantificabile intorno al 95%.

Partendo da questi dati è possibile stabilire che, nella più ottimistica delle ipotesi tutti i rendimenti che rappresentano le trasformazioni energetiche subite dai watt elettrici di partenza si riducono al 38% della quantità di energia iniziale. Ed è questa la quantità che viene effettivamente utuilizzata dal FCEV.

Vediamo invece il caso di un’automobile alimentata a batterie elettriche. Prendiamo la stessa quantità di energia elettrica, generata sempre attraverso fonti rinnovabili come l’eolico, e cerchiamo di capire qual è la percentuale che viene effettivamente usata dal motore alla fine dell’intero processo.

In questo caso si perde circa il 5% nel tragitto dalla turbina alla colonnina di ricarica, per lo più per via della dispersione di calore nei casi e nei trasformatori delle sottostazioni. Se prendiamo in esame una batteria a ioni di Litio subiremo delle perdite in fase di carica del 16% circa, a cui si aggiunge una dispersione del 5% circa dell’energia originale nella conversione da energia elettrica ad energia meccanica.

Non tenendo conto dell’energia extra che viene fornita attraverso il sistema della frenata rigenerativa, avremo quindi una potenza utile di 74 watt (sul totale di 100 watt iniziali) per il motore EV, contro i 38 watt dell’auto a idrogeno.

Appare evidente quindi che dal punto di vista del rendimento l’auto elettrica è più efficiente di quella alimentata a idrogeno. In pratica per ottenere la stessa quantità di energia, nel caso del veicolo a idrogeno, ci serve circa il doppio dell’energia di partenza che utilizzeremmo per alimentare l’auto elettrica.

Ed è la stessa casa automobilistica tedesca BMW a ribadire il concetto affermando che “l’efficienza complessiva dell’idrogeno nella filiera energetica power-to-vehicle è circa la metà di quella dei veicoli elettrici a batterie”.

Su Rinnovabili.it si evidenzia quindi la differenza netta anche dal punto di vista dei numeri del mercato in questo momento, infatti leggiamo che “considerano anche i plug-in electric (PHEV), sono più di 10 milioni i veicoli elettrici in strada in tutto il mondo. Globalmente nel 2020 le vendite di EV sono salite a 3,2 milioni”.

Per quanto riguarda invece i veicoli a idrogeno la stessa fonte evidenzia che “le previsioni più rosee dell’andamento del mercato per i veicoli a idrogeno (FCEV) stimano tra 0.4 e 1.87 milioni di vendite entro il 2025″.

A fugare ogni dubbio residuo giungono poi i pareri di un’altra grande casa automobilistica tedesca, la Volkswagen, che in un report sul tema sostiene che “per quanto riguarda le autovetture, tutto sembra propendere per le elettriche a batterie, e praticamente nulla per l’idrogeno”.

La direzione che prenderà il mercato dell’automobile insomma potrebbe essere effettivamente quella dell’auto elettrica, sempre che si riesca a far ripartire la produzione e a risolvere la crisi energetica e delle materie prime.

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