Emergenza gas: nel piano del governo stop illuminazione pubblica e chiusure locali e negozi anticipate

Scatta oggi, lunedì 11 luglio 2022, lo stop alle forniture di gas dalla Russia all’Europa attraverso il gasdotto Nord Stream 1. L’interruzione delle forniture di gas è dovuta, come spiegato dalla stessa Gazprom quando nei giorni scorsi ha preannunciato lo stop, ad un intervento tecnico che richiederà una decina di giorni.

Il timore però è che le forniture di gas dalla Russia possano, da un momento all’altro, interrompersi definitivamente, e in quel caso per i Paesi europei scatterebbe uno stato di emergenza e relative misure volte a ridurre il più possibile i consumi.

Stop alle forniture di gas dall’11 al 21 luglio

Non arriverà più gas in Europa dalla Russia per almeno una decina di giorni a partire dalla giornata di oggi, lunedì 11 luglio. Il motivo dell’interruzione della fornitura di gas è legato a questioni puramente tecniche che Gazprom conta di risolvere nell’arco di tempo indicato, con la riapertura dei rubinetti alle prime ore del 21 luglio.

Questo è quanto spiegato dalla stessa Gazprom in una nota in cui si legge: “dall’11 al 21 luglio 2022 Nord Stream AG chiuderà temporaneamente entrambe le linee del suo sistema di gasdotti per lavori di manutenzione ordinaria, inclusi test di elementi meccanici e sistemi di automazione per garantire operazioni del gasdotto affidabili, sicure ed efficienti”.

Sempre nella nota emessa dalla compagnia russa si legge anche che “il programma delle attività di manutenzione è stato strettamente coordinato con i partner a monte e a valle di Nord Stream. Le informazioni sulla manutenzione sono state opportunamente divulgate in conformità con il Regolamento (UE) n. 1227/2011 (Regolamento sull’integrità e la trasparenza del mercato energetico all’ingrosso REMIT)”.

L’Europa si prepara al peggio

Si tratta quindi di manutenzione ordinaria degli impianti, nulla che lasci presagire uno stop definitivo delle forniture di gas, nulla che, peraltro, non sia già accaduto in passato con la riapertura del gasdotto entro i tempi previsti o con un ritardo lieve.

Ma la situazione geopolitica attuale naturalmente non può che indurre a qualche riflessione in più, soprattutto per via dell’elevato livello di dipendenza dal gas russo da parte dei Paesi europei.

Il timore infatti, indubbiamente fondato, è che prima o poi la Russia chiuderà definitivamente i rubinetti, e quando accadrà l’Europa non sarà pronta perché è impossibile riuscire a sostituire le enormi quantità di gas russo in tempi brevi, ci vorranno invece diversi anni e questo vuol dire che nel frattempo bisognerà stringere la cinghia, ammesso che sia sufficiente a scongiurare il peggio.

I governi occidentali però non vedono alternative al muro contro muro cui stiamo assistendo, e non sembrano prendere minimamente in considerazione la possibilità di operare scelte diverse, finalizzate al raggiungimento di un accordo che assicuri la pace nell’interesse di tutti i cittadini ucraini prima di tutto, ma anche di quelli degli altri Paesi europei.

Le conseguenze di questa gestione politica della crisi ucraina ricadono infatti anche su imprese e famiglie di tutta Europa, che davanti a sé hanno una nuova emergenza. Prima o poi Mosca interromperà le forniture di gas ai Paesi europei, e Gazprom aveva già ridotto in modo significativo il flusso attraverso il Nord Stream, per poi interromperlo del tutto per gli interventi di manutenzione ordinaria.

Interventi che, come la stessa compagnia ha precisato, richiederanno più tempo per via dei ritardi nei lavori derivanti dalla difficoltà nel reperire i materiali necessari proprio per via delle sanzioni imposte contro la Russia. Una versione questa che tuttavia non convince il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che ritiene che eventuali ritardi siano evidentemente legati ad altre ragioni.

Emergenza gas in Europa, con quali misure si ridurranno i consumi

Non tutti i Paesi dell’Unione Europea si troveranno ad affrontare l’eventuale carenza di gas allo stesso modo, con effetti che potrebbero essere più o meno marcati in alcuni Paesi rispetto ad altri.

Ad ogni modo nel complesso l’Europa dovrà provvedere ad un taglio dei consumi energetici del 15%, con la Germania che invece dovrà operare un taglio del 20% almeno. Le prospettive insomma non sono per nulla incoraggianti, con il ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, che ha già annunciato: “dobbiamo prepararci al peggio”.

Nel frattempo in Francia la preoccupazione è altrettanto alta, con il titolare del Tesoro, Bruno La Maire che nella giornata di ieri ha spiegato che l’annunciata rinazionalizzazione dell’azienda energetica Edf servirà proprio ad intervenire con maggior prontezza in caso di una crisi che rischia di diventare “un problema notevole”. Il ministro ha infatti affermato senza giri di parole che “il taglio totale delle forniture di gas è lo scenario più probabile”.

Da noi la situazione non è diversa. Ne ha parlato in questi giorni il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, il quale ha spiegato che il Paese si muove verso una “crisi energetica gravissima” che pone “rischi per l’inverno altissimi”, da cui la necessità di predisporre un piano dettagliato per ridurre i consumi di energia elettrica e gas.

Emergenza gas in Italia: tutte le misure per ridurre i consumi

L’Italia si prepara ad affrontare il taglio delle forniture di gas, per il quale è ormai solo questione di tempo, con un nuovo stato di emergenza ad hoc che si divide su tre livelli di allarme. Attualmente siamo ancora al primo step, e di fatto il governo si limita a sensibilizzare l’opinione pubblica circa la necessità di risparmiare gas.

Ma l’opera di sensibilizzazione non sarà sufficiente nel momento in cui verranno a mancare le forniture di gas di cui l’Italia ha bisogno. Dalla Russia l’anno scorso è arrivato circa il 44% del fabbisogno di gas del Paese, e in caso di stop il governo sarebbe costretto a far scattare di nuovo lo stato di emergenza.

Il piano del governo in caso di emergenza prevede diversi interventi, che vanno dal razionamento del gas alle imprese cosiddette energivore, fino alla riduzione dei consumi legati a illuminazione pubblica e riscaldamento locali pubblici, e che comprende anche il maggior utilizzo delle centrali a carbone, quelle stesse centrali che nell’ottica della svolta green dovevano essere dismesse da un momento all’altro.

L’Italia ha in tutto sei centrali a carbone ancora attive, due di esse si trovano in Sardegna, poi ci sono quelle di Venezia, Monfalcone, Civitavecchia e Brindisi. Al momento, secondo quanto riportato da Repubblica, le centrali stanno coprendo circa l’8% del fabbisogno di energia elettrica, cioè il doppio di quanto avevano prodotto mediamente negli ultimi anni, con l’obiettivo di sostituire in questo modo almeno 5 miliardi di metri cubi di gas.

Il piano di emergenza del governo di Mario Draghi prevede anche di introdurre alcune politiche di austerity dei consumi, con un abbassamento dei termostati per il riscaldamento delle abitazioni private ma anche di negozi e uffici, risparmio sul consumo connesso all’illuminazione pubblica, e altre misure che comunque resteranno in vigore finché il Paese non sarà in grado di sostituire interamente le forniture di gas che fino a ieri arrivavano dalla Russia, il che significa che la cosa potrebbe durare anni.

Le misure dell’emergenza gas nel dettaglio

In particolare il piano di emergenza del governo Draghi, secondo quanto riportato oggi da Il Messaggero, prevede il ricorso alle seguenti misure per il risparmio energetico:

  • temperatura del riscaldamento nelle abitazioni private ridotta di 2 gradi e paletti sugli orari di accensione
  • coprifuoco sull’illuminazione ma solo in casi estremi
  • riduzione dell’illuminazione pubblica con uso dei lampioni nelle città e luci nei musei ridotto fino al 40%
  • chiusura anticipata per gli uffici pubblici
  • negli uffici pubblici riduzione del riscaldamento a 19 gradi
  • chiusura anticipata per i locali privati alle 23
  • chiusura anticipata dei negozi alle 19
  • riduzione del gas e dell’energia elettrica alle imprese considerate “interrompibili”.

Si tratta, come è facile notare, di misure profondamente invasive destinate ad incidere pesantemente sulla qualità della vita dei cittadini, e potenzialmente in grado di determinare ulteriori danni economici in particolare per alcune tipologie di imprese e attività.

Più nello specifico il piano del governo prevede ad esempio nell’ambito della riduzione dei consumi per l’illuminazione pubblica, di operare un taglio fino al 40%, che in sintesi comporterà che solo un lampione su due resterà acceso nelle ore notturne.

Quanto alla riduzione degli orari degli uffici pubblici, lo stop potrebbe anche essere anticipato alle 17.30 a seconda della gravità della situazione. Alcune misure che riguardano i consumi di energia elettrica negli uffici pubblici comunque sono già state introdotte come sappiamo, con il limite del riscaldamento a 19 gradi d’inverno e condizionatori a 27 gradi d’estate.

Per quanto riguarda invece i negozi si pensa alla chiusura anticipata alle 19, compresi quelli di generi alimentari, mentre non vi sarebbero cambiamenti per le farmacie che continuerebbero a fare gli orari di sempre. Invece i locali pubblici quali bar, pub o discoteche, si ritroveranno a dover chiudere entro le 23.

E il piano per il risparmio energetico passa anche per lo stop alle forniture di energia elettrica a tutte le imprese energivore, dai cementifici alle acciaierie, dalla ceramica al vetro. È inoltre prevista la possibilità di ricorrere alle riserve strategiche che si trovano negli stoccaggi, vale a dire quella parte delle scorte di gas che non è destinata alla commercializzazione, ma non è detto che sia sufficiente.

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