L’intelligenza artificiale non è solo l’ennesima innovazione digitale nella finanza. È qualcosa di diverso, più profondo, più autonomo, più imprevedibile. È una tecnologia che non si limita ad analizzare, ma decide. Ed è proprio questo che la rende un fattore dirompente, capace di aumentare l’efficienza del sistema finanziario, ma anche di generare nuovi rischi sistemici, poco visibili e difficili da controllare.
Chi dovrebbe vigilare banche centrali, autorità di supervisione, organismi di controllo è oggi in una vera corsa contro il tempo, una sorta di “corsa agli armamenti digitali” contro i sistemi autonomi utilizzati dagli operatori privati. Una corsa che, ad oggi, le istituzioni pubbliche stanno perdendo.
Perché l’IA è diversa da tutte le tecnologie precedenti
Non è come l’introduzione dei computer, né come i sistemi di trading automatico. L’intelligenza artificiale lavora con obiettivi propri, apprende, ottimizza e prende decisioni in modo autonomo, spesso impossibile da spiegare persino da chi l’ha sviluppata. Per questo motivo, i modelli di vigilanza tradizionali, basati su regole, controlli successivi, trasparenza e spiegabilità, non sono più sufficienti.
Le banche che adottano l’IA ottengono subito un vantaggio competitivo, costringendo anche le altre a seguirle, e trascinando di fatto anche le autorità a rincorrerle.
Come l’IA indebolisce i controlli
L’IA è perfetta nello sfruttare zone grigie normative, pratiche di arbitraggio, schemi di prezzi aggressivi o abusivi che, tecnicamente, non violano le regole, ma le aggirano.
Inoltre, amplifica il problema della sicurezza finanziaria: criminali, gruppi ostili o attori internazionali possono sfruttare IA per attaccare l’intero sistema. Chi difende deve proteggere ogni punto vulnerabile; chi attacca ne deve colpire solo uno. È il cosiddetto “dilemma del difensore”, destinato a peggiorare.
La vera minaccia è questa: i sistemi di monitoraggio attuali non sono in grado di rilevare i nuovi rischi generati dall’IA, soprattutto quando l’IA gestisce funzioni critiche come la liquidità, che è spesso l’innesco delle crisi.
Crisi più rapide, decisioni simultanee, nessuna via di fuga
Una crisi finanziaria, un tempo, si sviluppava in giorni o settimane. Con l’IA, una crisi può svilupparsi in ore o minuti.
Quando si verifica uno shock, le IA di banche e fondi leggono in tempo reale dati di mercato, analisi macroeconomiche, segnali geopolitici, mosse dei competitor e decidono immediatamente.
Non solo: le IA osservano anche il comportamento delle altre IA. Se un sistema scarica in fretta un certo asset, le altre interpretano questa scelta come un segnale di pericolo… e lo imitano.
Risultato? Reazioni simultanee, automatizzate e auto-renforzanti, anche senza alcuna collusione.
È coordinamento spontaneo, amplificato dalla somiglianza dei sistemi e degli algoritmi (spesso forniti dagli stessi pochi grandi sviluppatori).
Il sistema appare stabile nelle fasi tranquille, con oscillazioni limitate. Ma negli shock aumenta il rischio di crolli violenti, con movimenti molto più estremi del passato.
Il problema del controllo: chi comanda davvero?
Le autorità di vigilanza sono strutturate per controllare esseri umani, non sistemi autonomi. Possono punire, sospendere, multare, chiedere chiarimenti. Ma l’IA non risponde alla reputazione, alla responsabilità o alla paura della sanzione.
La relazione tradizionale “autorità banca” si trasforma in “autorità banca IA”, e gli strumenti attuali non bastano più. I supervisori non possono pretendere spiegazioni da un algoritmo, né applicare logiche umane a un sistema che opera in millisecondi.
Cosa devono fare le autorità (subito)
Le autorità non possono fermare l’avanzata dell’IA, ma possono ridurre il ritardo. Come?
1. Sviluppare una propria IA di vigilanza
Non più delegare a uffici IT, ma integrare l’IA nelle divisioni di politica monetaria, stabilità finanziaria e vigilanza. Le autorità devono avere motori IA capaci di parlare con l’IA del settore privato.
2. Usare l’apprendimento federato
I dati finanziari sono spesso riservati e non condivisibili tra nazioni o enti. Con l’apprendimento federato, le autorità possono allenare modelli comuni senza scambiarsi dati sensibili, condividendo solo i risultati numerici e ottenendo comunque un modello globale.
3. Creare strutture di intervento automatico
Se le crisi scattano in pochi minuti, anche le contromisure devono essere immediate. Gli interventi manuali, come avveniva in passato, potrebbero arrivare troppo tardi. Servono strumenti automatici, pronti ad agire quando l’IA del mercato inizia a correre.
4. Monitorare come le banche usano l’IA
Non basta sapere se la usano. Bisogna sapere per cosa, come, con quali motori, chi li ha sviluppati, e soprattutto quanto sono simili tra loro. La concentrazione tecnologica aumenta il rischio di comportamenti sincronizzati.
La posta in gioco
Se le autorità non adottano l’IA, saranno lentamente escluse dal controllo reale del sistema.
Risultato: più abusi, meno trasparenza, crisi più violente e supervisioni di facciata.
Se, invece, riusciranno ad adattare i propri strumenti alla velocità delle macchine, potranno rendere la supervisione efficiente, preventiva e finalmente al passo con la tecnologia.
In un futuro dominato dall’IA, la vera domanda è: chi controllerà chi?
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