Brasile, la deforestazione dell’Amazzonia cresce del 67% rispetto al 2018

Il ritmo col quale viene distrutta l’Amazzonia è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, e nei primi 7 mesi del 2019 la deforestazione nella foresta pluviale è aumentata del 67% rispetto al 2018, segnando l’avanzamento più rapido di sempre. 

Secondo il sistema di monitoraggio satellitare dell’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale brasiliano (Inpe), nel solo mese di luglio 2019 si è concretizzata la distruzione di 2.255 chilometri quadrati di foresta, che equivale alla superficie dell’intero Lussemburgo.

Ma il dato, che è di per sé allarmante, non è l’unico a preoccupare gli ambientalisti in questo frangente. Infatti la notizia forse persino peggiore è che questo aggiornamento sullo situazione della foresta amazzonica potrebbe essere l’ultimo che ci perviene. Il mondo, dalla pubblicazione di questi dati in poi, potrebbe essere tenuto completamente all’oscuro circa la velocità con cui si persegue la distruzione del polmone del pianeta.

Infatti il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, in seguito alla diffusione di questi dati così allarmanti relativi al mese di giutno, ha deciso di correre ai ripari. Infatti, dopo aver criticato il metodo scientifico di calcolo della deforestazione, e dopo aver mosso accuse nei confronti dell’Inpe, di essere “al servizio di qualche ong” nell’intento di “danneggiare il Paese” davanti all’opinione pubblica mondiale, ha licenziato il direttore Ricardo Magnus Osorio Galvão.

Al posto di Galvão, Bolsonaro ha piazzato un ufficiale dell’aeronautica militare, il quale appena insediatosi ha espresso un parere conforme a quello del presidente del Brasile. L’ufficiale in questione è il colonnello Darcton Policarpo Damião, che non ha perso tempo e ha subito garantito che l’Inpe “continuerà a fornire i dati sulla deforestazione amazzonica” ma ha anche avvertito che in caso di “situazioni allarmanti”, questi dati passeranno prima dalla presidenza della Repubblica e dai ministeri di Ambiente, Scienza e Tecnologia, e degli Esteri. Saranno poi eventualmente divulgati se e come deciso dalle suddette istituzioni.

Quando lo scorso 3 luglio l’Inpe denunciava che la deforestazione dell’Amazzonia era aumentata dell’88% nel mese di giugno 2019, essendo avanzata per un territorio pari a 920 chilometri quadrati, la reazione della comunità internazionale fu di grande preoccupazione, in quanto molte perplessità erano già emerse in merito alla scarsa attenzione mostrata dal governo brasiliano sul tema della tutela dell’ambiente.

Secondo gli ambientalisti, il presidente Jair Bolsonaro non si farebbe scrupoli a sacrificare la foresta amazzonica pur di sfruttarne le risorse in grado di garantire un profitto economico. Sono gli stessi ambientalisti infatti ad accusare la retorica dello sviluppo economico basato sull’esplorazione della foresta sbandierata dal presidente Bolsonaro.

In questo modo infatti il presidente brasiliano incoraggia le attività dei grilheiros, taglialegna, agricoltori e minatori illegali. Le attività di questi soggetti infatti si sono notevolmente intensificate proprio dal mese di gennaio, quando Bolsonaro è entrato in carica.

L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, non solo ha condannato l’uccisione del leader indigeno Waiãpi nello stato brasiliano dell’Amapà, ma ha anche invitato il governo a riconsiderare la proposta di concedere ulteriori aree protette dell’Amazzonia, dove vivono tutt’ora comunità indigene locali, all’esplorazione speculativa.

Bolsonaro: “cattivi Brasiliani osano fare campagne con numeri falsi”

Il presidente Bolsonaro però si ostina a sostenere che i numeri resi noti dall’Inpe sarebbero falsi. “Cattivi Brasiliani osano fare campagne con numeri falsi contro la nostra Amazzonia” ha dichiarato il presidente, con il risultato secondo lui che la notizia “ha minato l’immagine del Brasile all’estero”. E ancora “dobbiamo superare tutto questo” ha dichiarato Bolsonaro “per mostrare al mondo che il governo è cambiato e che l’Amazzonia appartiene solo a noi”. 

Il primo agosto, Bolsonaro aveva lanciato una personale propaganda sul suo profilo Facebook, dove insieme ai ministri Ricardo Salles dell’Ambiente, Ernesto Araujo degli Esteri e Augusto Heleno della Sicurezza Nazionale, appariva in un video in diretta nel quale screditava l’Inpe e i dati che aveva fornito sulla deforestazione in corso. 

Marcio Astrini, coordinatore delle politiche pubbliche di Greenpeace si è schierato però in difesa dell’Inpe, criticando pesantemente la condotta del governo brasiliano: “l’Inpe è un’istituzione di fama mondiale” ha affermato Astrini “fornisce servizi eccellenti per il monitoraggio della deforestazione da oltre 30 anni. Invece di combattere i risultati scientifici, il governo dovrebbe adempiere la sua funzione di proteggere il patrimonio ambientale del Brasile”.

Bolsonaro, secondo Astrini “sta favorendo un progetto anti-ambientale nel Paese, che ha eliminato la capacità del Brasile di combattere la deforestazione e favorisce coloro che commettono crimini ambientali. Ora di fronte alle conseguenze delle sue decisioni cerca di nascondere la verità”. 

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