Comportamenti energetici domestici, rapporto contraddittorio tra gli italiani e la sostenibilità

E’ finalmente online il documento intitolato “I comportamenti energetici in ambito domestico – Dimensioni culturali, sociali ed individuali”, stilato attraverso la collaborazione dell’Università Statale di Milano (Cattedra di Psicologia Sociale) e Italia in Classe A, una campagna nazionale sull’efficienza energetica promossa dal MiSE e realizzata da Enea.

Nel caso dell’Italia è emersa una contraddittorietà su scala nazionale, in quanto se è vero che da un lato sono diffusi atteggiamenti vicini a quelli dei Paesi più avanzati nell’ambito della sostenibilità, come la percezione dei rischi legati ai cambiamenti climatici e la diffusione di alcune pratiche di sostenibilità, è anche vero che dall’altro vi sono numerosi indicatori di segno opposto, cioè individualismo, scarsa percezione del senso di responsabilità individuale e scarsa diffusione di comportamenti pro-ambiente.

Le differenze sul territorio nazionale sono così profonde che si è arrivati a pensare all’utilizzo di modalità d’intervento differenziate, “targettizzando” pratiche, messaggi e proposte politiche e puntando quindi sui punti più sensibili agli italiani, come il risparmio economico e la riduzione dei rischi per la salute.

Nel documento si legge che è consigliabile promuovere comportamenti domestici vuirtuosi incentivando le buone pratiche legate all’utilizzo degli elettrodomestici più diffusi, come frigoriferi e lavatrici, e anche quelle legate alla gestione dei riscaldamenti.

Dalla ricerca è emerso infatti che la principale spesa energetica per i cittadini è data proprio dal riscaldamento domestico. Inoltre  si è visto che le ore di accensione del riscaldamento superano, soprattutto nel Settentrione, la reale necessità legata ll’attuale condizione climatica-meteorologica.

Nei centri urbani si dovrebbero registrare minori consumi a causa delle temperature più alte dovute alla presenza di isole di calore, ma ciò non avviene, quindi si pensa che a influire particolarmente in quest’ambito sia anche l’aspetto psicologico.

Inoltre nel report è consigliato di investire sul nuovo target emergente delle famiglie composte da un solo membro (mono-componente), che attualmente rappresentano l’un terzo delle famiglie presenti in Italia e sono caratterizzate da un maggior consumo energetico pro capite rispetto alle altre.

Percezione della popolazione italiana della crisi climatica

In che misura la popolazione italiana è consapevole dei problemi energetici e dei cambiamenti climatici in corso? Quasi il totale delle persone su cui è stata condotta l’indagine, per l’esattezza il 94,8%, è cosciente dell’attuale cambiamento climatico e il 93,6% ha riconosciuto che le responsabilità di tale evento vanno ricercate nelle azioni dell’uomo.

Il 69% dei partecipanti ritiene che il fenomeno avrà conseguenze negative, opinione che si allinea perfettamente con quanto espresso anche dai cittadini di altri Paesi.

Combaciano anche i dati circa la preoccupazione legata al climate change, che risulta molto elevata nel 30% dei partecipanti, e quelli sulla dipendenza da fonti fossili, circa il 28%.

Quasi il 35% degli italiani si è dichiarato molto preoccupato per il costo dell’energia, mentre circa la sua “affidabilità“, ossia la disponibilità presente e futura della fornitura energetica, non se ne fa un grande problema (solo il 10%).

In sostanza, così come accade in altri 14 dei 23 Paesi europei, la preoccupazione principale dei cittadini è quella del costo effettivo della fornitura elettrica e non della sua disponibilità.

Anche la coscienza della responsabilità individuale dinanzi ai cambiamenti climatici in corso non è molto diffusa sul territorio italiano, restando quindi medio-bassa e allineandosi così con i dati dei Paesi dell’Est Europa, come Slovenia e Polonia, e di Israele. Questo carattere tende invece a raggiungere valori medio-alti in Francia, Germania e Svizzera.

Non va meglio con la percezione della propria autoefficacia, ossia della capacità di ogni individuo di contribuire alla risoluzione del problema. Questo dato però è distante sia dalle tendenze di proattività dei cittadini dei Paesi del Nord Europa, come Svezia, Islanda e Norvegia, sia dalle tendenze di deresponsabilizzazione riscontrate nella popolazione israeliana e russa.

Quali sono i comportamenti energetici in ambito domestico

La popolazione italiana ripone grande fiducia nelle capacità collettive di limitare i consumi energetici per far fronte ai cambiamenti climatici (36%) e anche nelle capacità delle istituzioni di prendere le giuste decisioni a riguardo (40%).

Questi dati risultano superiori alla media degli altri Paesi in cui la fiducia nell’efficacia collettiva è al 24%, mentre quella nell’efficacia istituzionale è del 31%. Il dato italiano è al pari di quello svedese e risulta il più alto tra i Paesi partecipanti.

Nonostante questa grande dose di fiducia nella capacità collettiva, la popolazione italiana resta comunque contraria all’aumento della tassazione sui combustibili fossili, con un 52% di contrarietà.

In questo caso invece il dato si allinea con quello di Spagna, Portogallo e Francia, mentre si allontana dal parere dei cittadini dei Paesi del Nord Europa, dove la contrarietà scende oltre il 30% (Norvegia, Finlandia, Svezia e Islanda).

In seguito ai cittadini è stato chiesto quale fosse secondo loro la fonte di energia da prediligere per l’approvvigionamento e la produzione nazionale, e in maniera pressoché univoca hanno indicato le fonti rinnovabili.

In ordine, maggiore importanza viene data all’energia solare (89%), seguita dall’eolico (81%), poi dal settore idroelettico (70%) e infine dalle biomasse (57%).

Tra le fonti non rinnovabili, invece, maggiore importanza viene data al gas naturale (33%), mentre energia nucleare e carbone finiscono in fondo con rispettivamente il 9% e il 12%.

Oltre il 90% dei cittadini ha dimostrato di essere consapevole del fatto che i problemi ambientali sono direttamente collegati alla qualità della vita e della salute della popolazione stessa, e questo dato supera di parecchio la media europea, che si attesta attorno all’81%.

I problemi considerati più importanti dal campione di popolazione presa in esame sono la produzione di rifiuti e l’inquinamento dell’aria. Rispetto al resto d’Europa infatti, ad acquisire maggiore importanza in Italia sono: l’aumento della quantità di rifiuti, l’inquinamento del mare e dei suoi agricoli, la frequenza di siccità e inondazioni.

Tuttavia ricevono una minore attenzione problemi come i rischi per habitat naturali e animali, e la mancanza di acqua potabile.

L’inquinamento dell’aria è quello che suscita maggiore preoccupazione tra i cittadini (43%), restando così in linea con i Paesi dell’Est Europa, caratterizzati fino a diversi anni fa da un sistema industriale tecnologicamente non avanzato o da insufficiente salvaguardia ambientale.

Nei Paesi del Nord Europa invece, come Danimarca, Svezia e Paesi Bassi, acquista maggiore rilevanza il cambiamento climatico in corso.

Inoltre il 61% della popolazione italiana, contro il 47% della media europea, si è dimostrata convinta del fatto che il problema dell’inquinamento sia peggiorato nell’ultimo decennio. Solo il 6%, rispetto al 13% della media europea, sostiene che invece vi sia stato un miglioramento.

Per quanto riguarda i comportamenti di sostenibilità dichiarati, i risultati dimostrano che il dato italiano è inferiore rispetto a quello europeo su quasi tutti i punti considerati (trasporti eco-compatibili, raccolta differenziata, scelta prodotti e imballaggi). L’unico valore che invece resta in linea con quello degli altri Stati membri riguarda la riduzione degli sprechi d’acqua.

Quali sono i comportamenti sostenibili più praticati?

I principali comportamenti sostenibili praticati in Italia sono:

  • la raccolta differenziata (57%), che rappresenta anche quello più diffuso a livello europeo;
  • l’acquisto di prodotti locali (32%);
  • la riduzione dei consumi elettrici (29%) e idrici (28%);
  • evitare l’utilizzo di prodotti in plastica (27%).

Tutte le altre iniziative sono meno praticate, infatti nell’indagine non raggiungono il 20% della popolazione intervistata. In particolare sono poco diffusi i comportamenti sostenibili legati alla mobilità e alle scelte di consumo.

Al campione di popolazione in esame è stato poi chiesto quali fossero le strategie migliori da applicare per far fronte ai problemi ambientali e climatici attuali. Il 36% ha espresso il proprio consenso all’introduzione di leggi ambientali più restrittive, il 34% all’aggiunta di sanzioni più severe e il 30% ha richiesto la garanzia dell’applicazione delle leggi vigenti.

Solo il primo dato risulta superiore a quello della media europea che si aggira attorno al 30%, mentre gli altri 2 sono in linea col resto dei Paesi.

Da questi risultati si possono evincere 2 importanti dati. Il primo riguarda la totale contraddittorietà tra quello che la cittadinanza chiede al governo e quanto invece sia disposta a concedere nell’ambito delle proprie abitudini personali e dei comportamenti quotidiani.

In secondo luogo risulta contraddittoria anche la continua richiesta di un inasprimento delle leggi e un aumento delle sanzioni in quanto legate a “problemi del sistema produttivo“, senza richiedere però il coinvolgimento diretto dei privati cittadini e la loro evoluzione.

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