Soggetti allergici, possono vaccinarsi ma con alcune precauzioni

Sono ancora molti i dubbi nei confronti della sicurezza e dell’efficacia dei vaccini, ma ad essere maggiormente allarmati sono i soggetti allergici, che provano un giustificato timore dopo la segnalazione di alcuni casi di reazioni anafilattiche gravi a seguito delle prime somministrazioni nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Per questo motivo AAIITO e SIAAIC hanno pubblicato delle linee guida da seguire per la vaccinazione di soggetti allergici a rischio di reazioni severe.

I punti saranno aggiornati man mano che si andrà avanti con la campagna vaccinale e che si avranno quindi maggiori dati clinici per poter uniformare i comportamenti di tutto il Paese. In sostanza, il messaggio trasmesso sembra essere che l’essere allergici non è una controindicazione per il vaccino.

Riccardo Asero, presidente dell’Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri (AAIITO), ha affermato: “analizzando i casi di anafilassi grave non è stato possibile trovare un denominatore comune e quindi un elemento di rischio certo; d’altro canto, però, il pericolo di reazioni gravi, pur essendo superiore rispetto a quello dell’antinfluenzale, è comunque molto basso“.

“Sulla base di quanto è noto abbiamo stilato raccomandazioni per la valutazione dei pazienti prima del vaccino e per la gestione efficiente e sicura anche di chi ha elementi di rischio. Si ipotizza, per esempio, che nell’anafilassi possa avere un ruolo importante il PEG, o polietilenglicole, eccipiente nei vaccini ma anche in altri farmaci o prodotti: il composto però può avere pesi molecolari differenti e così avere diverse capacità allergizzanti”.

Asero ha poi spiegato che ad oggi non si hanno certezze perché i test cutanei preliminari con PEG a diversi pesi molecolari che possono essere eseguiti in un soggetto allergico non sono sempre predittivi. Tuttavia gli allergici potrebbero essere sottoposti a un questionario di valutazione allergologica più approfondito del solito, prendendo in considerazione, ad esempio, eventuali episodi precedenti di reazione avversa a vaccini o a eccepienti come il PEG o polisorbati, in modo da avere una maggiore idea del reale rischio di anafilassi.

Quali sono le categorie a rischio?

Il documento indica che le categorie “a rischio” sono quattro, quindi queste potranno sì essere vaccinate ma con particolari precauzioni. Gianenrico Senna, presidente della Società Italaina di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC), ha infatti spiegato: “si tratta di chi ha avuto reazioni precedenti alla somministrazione del vaccino per Covid-19, chi soffre di mastocitosi (una condizione in cui nell’oganismo si accumulano parecchie cellule ricche di stamina, che quindi aumenta la probabilità di anafilassi), chi in passato ha avuto più di un caso di anafilassi, specialmente se non ne è stata individuata la causa, e chi ha asma grave non controllato“.

“Questi ultimi solo il 2-3% degli asmatici e la vaccinazione protetta è cautelativa: non ci sono dati certi che dimostrino che siano a maggior rischio, ma se la malattia respiratoria è molto instabile, un’anafilassi inaspettata potrebbe essere molto pericolosa“.

Come comportarsi se si fa parte di una di queste categorie?

Maria Antonella Muraro, responsabile del Centro per lo studio e la cura delle allergie alimentari della Regione Veneto, ha spiegato che se un soggetto è considerato ad alto rischio, la vaccinazione deve necessariamente avvenire in un ambiente protetto, ossia un ospedale dove sia presente un anestesista disponibile per la rianimazione rapida.

Se invece il soggetto è considerato a medio o basso rischio, nell’ambulatorio presso il quale si effettua la somministrazione del vaccino deve comunque essere presente del personale addestrato e pronto ad intervenire in caso di anafilassi. Inoltre devono essere presenti tutti i presidi per l’emergenza, ossia defibrillatore, fluidi e adrenalina.

La cosa migliore sarebbe avere adrenalina con autoiniettore, perché grazie a questo si avrebbero già le dosi corrette e pronte all’uso e semplicissime da somministrare per qualsiasi operatore, anche in un momento di comprensibile agitazione davanti alla comparsa di una reazione anafilattica.

Secondo il protocollo è prevista poi un’osservazione prolungata. Infatti anche se la maggior parte delle reazioni anafilattiche registrate fino ad ora si è verificata entro i primi 15 minuti dalla somministrazione della dose, per i pazienti ad alto rischio, come ad esempio asmatici con patologia instabile, è consigliabile restare sotto osservazione per almeno un’ora dopo aver ricevuto la dose.

“La comparsa di sintomi anche lievi come prurito a mani e piedi, sensazione di gola chiusa o gonfiore indicano la necessità di un monitoraggio strettissimo; se c’è un peggioramento nell’arco di cinque, dieci minuti, specialmente respiratorio, si deve somministrare subito adrenalina“, ha spiegato Muraro.

Nel documento inoltre viene sottolineata l’importanza di riconoscere e trattare i segni di anafilassi mettendo il paziente in posizione supina, somministrando adrenalina per via intramuscolare e iniettando una soluzione di cristalloidi per via andovenosa, al fine di mantenere costanti i fluidi all’interno dei vasi sanguigni.

Cortisonico o antistaminico sarebbero solo una perdita di tempo – afferma Muraro – peraltro i rischi associati a un eccesso di zelo, ovvero l’uso di adrenalina in pazienti che non sarebbero progrediti verso l’anafilassi, sono minimo rispetto al pericolo di non farla per tempo: si può avere tachicardia ed eccitabilità, nulla di grave a confronto del possibile decesso se non si riesce a interrompere al più presto la reazione anafilattica”.

“Non ci sono invece ancora delle prove scientifiche certe dell’efficacia della pre-medicazione degli allergici ad alto rischio con cortisonici per alcuni giorni. Gli allergici non devono avere paura se vengono vaccinati in presenza di chi sa riconoscere i campanelli d’allarme, se vengono sottoposti a monitoraggio e se è a disposizione l’autoiniettore di adrenalina” afferma in fine Muraro.

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