Il Recovery Fund delude i ricercatori: “briciole per la ricerca di base e applicata”

Dopo aver letto i contenuti dell’ultima bozza del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) , il ricercatore dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare Federico Ronchetti ha espresso tutta la sua amarezza affermando: “col Piano Amaldi chiedevamo 20 miliardi in 6 anni. Poi l’ex ministro dell’Università, Paolo Manfredi, ne ha promessi 15. A Maria Cristina Messa ne sono stati chiesti 12. Quanti ce ne danno? Circa 5 su 230 e nemmeno strutturali“.

Lo scorso anno il ricercatore aveva anche lanciato una petizione su change.org ed ha raccolto più di 33mila firme. Tuttavia ad oggi il Piano Amaldi è del tutto morto e del progetto che doveva essere finanziato attraverso i fondi del Recovery Fund, ne resta a malapena l’ombra, “briciole per la ricerca di base e anche per quella applicata, da trovare entro il 2026. E si tratta per la maggior parte di fondi non strutturali, molti dei quali orientati verso il mondo delle imprese”.

Anche il virologo Roberto Burioni si è espresso in merito attraverso un tweet: “se l’Italia non ha capito l’importanza della ricerca neanche nel momento in cui la scienza ci ha letteralmente salvato la vita e ci ha impedito di entrare in un cupo medioevo, allora non c’è più speranza”.

In realtà, l’unica modifica effettuata è la rimozione del miliardo previsto per “Accordi di innovazione“, e proprio a causa di questa scomparsa si riduce della stessa somma il budget totale, quindi si tratta di una modifica che non modifica assolutamente le risorse dedicate alla ricerca di base (che secondo agli addetti ai lavori sono già poche).

A marzo erano previsti degli interventi in due ambiti, cioè delle risorse dedicate alla ricerca e allo sviluppo, per circa 7,2 miliardi, e altre dedicate al trasferimento tecnologico e al supporto all’innovazione, per circa 4 miliardi. Nell’ultima bozza di aprile, invece, gli ambiti di intervento sono diventati 3. Resta immutato il primo ambito di intervento, per il quale vengono stanziati 6,9 miliardi per il “Rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergia tra università e imprese”.

Calano però le risorse destinate alle misure per il “Sostegno ai processi di innovazione e treasferimento tecnologico”, che passa da circa 3 miliardi (previsti dall’ultima bozza presentata) a 2 miliardi di euro. Inoltre verranno stanziati 2,48 miliardi per il “Potenziamento delle condizioni di supporto alla ricerca e all’innovazione”.

Fondi per Ricerca e Sviluppo

Dei primi 6,9 miliardi, che sono quelli maggiormente dedicati alla ricerca di base, 1,8 miliardi saranno indirizzati al “Fondo per il Programma nazionale di ricerca (Pnr) e a progetti di ricerca di significativo interesse nazionale (Prin)”. Altri 1,6 miliardi di euro saranno invece destinati a “Partenariati allargati, estesi a università, centri di ricerca, imprese e finanziamenti di progetti di ricerca di base” e al “Finanziamento di progetti presentati da giovani ricercatori” (al quale saranno destinati appena 600 milioni di euro).

Inoltre in questo primo ambito altri 1,6 miliardi di euro sono destinati al “Potenziamento delle strutture di ricerca e creazione di campioni nazionali di ricerca e sviluppo su tecnologie abilitanti fondamentali”, mentre alla “Creazione e rafforzamento di ecosistemi dell’innovazione e costruzione di leader territoriali di ricerca e sviluppo” andranno altri 1,3 miliardi. Si tratta quindi di somme che restano immutate rispetto alla bozza precedente.

Ronchetti ha infatti spiegato che le uniche risorse strutturali previste sono quelle per il Programma Nazionale di Ricerca, mentre per il resto si tratta di soldi che saranno disponibili nei prossimi anni e su cui lui nutre ancora dei dubbi. In particolare, Ronchetti ha spiegato che a destargli maggiore preoccupazione sono queste due ultime voci perché “poco chiare”.

“Cosa sono i leader territoriali di ricerca e sviluppo? Sono nuovi enti, centri di ricerca? E allora i soldi messi a disposizione sono pochissimi. Mi sembra certo, però, che non riguardino la ricerca di base“.

Fondi per Innovazione e trasferimento tecnologico

Altri due miliardi sono previsti per il “Sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico”. Nell’ultima bozza è stato eliminato il miliardo previsto per “Accordi di innovazione”, quindi restano:

  • 1,5 miliardi per finanziare “Importanti progetti di interesse comune europeo (IPCEI);
  • 350 milioni destinati al “Potenziamento ed estensione tematica e territoriale dei centri di trasferimento tecnologico per segmenti di industria”;
  • 200 milioni destinati a “Partnership nel programma Horizon Europe”.

Quindi in sostanza, come si legge nel Pnrr, sono previsti fondi per il sostegno di una rete di 60 centri “anche attraverso un processo di riorganizzazione e razionalizzazione”. Ronchetti ha poi aggiunto: “credo che di queste risorse, solo circa la metà di quelle destinate a IPCEI andranno effettivamente alla ricerca pubblica, e questo è molto lontano da quanto previsto dal Piano Amaldi”, ribadendo poi che secondo lui nel terzo capitolo, invece, nessuna risora è destinata alla ricerca pubblica.

Fondi per il Potenziamento delle condizioni di supporto a ricerca e innovazione

Per il terzo e ultimo capitolo, infatti, sono previste risorse per 2,48 miliardi di euro, ma vediamo come sono stati suddivisi anche qui:

  • 1,58 miliardi saranno destinati al Fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione;
  • 300 milioni serviranno per il finanziamento di start-up;
  • 600 milioni verranno utilizzati per l’introduzione di dottorati innovativi, volti a formare gli specialisti di cui hanno bisogno le imprese grazie ai continui processi di innovazione, e a promuovere l’assunzione di ricercatori da parte delle imprese stesse.

Ronchetti ha poi commentato tutto ciò affermando: “praticamente si finanziano le start-up con i soldi della ricerca quando sono praticamente nulli i trasferimenti da start-up al mercato che vengono dal mondo della ricerca. I nostri ragazzi che ottengono un dottorato in materie Stem già lavorano in tutto il mondo. Loro sono pronti al mercato, al massimo sono le nostre aziende a non richiederli. L’innovazione compete all’industria e non alla ricerca. E neppure al centro di ricerca applicata che produce soluzioni con cui, però, spetta all’industria creare prodotti innovativi”.

Come si è passati dal Piano Amaldi al Recovery?

Ronchetti ha spiegato che il problema principale non sono solo le risorse economiche che scarseggiano, ma la mancanza di un intervento strutturale che non porta quindi ad alcun cambiamento, poiché non adotta quella che era una proposta di riforma, ossia il Piano Amaldi stesso.

Ugo Amaldi, fisico del Cern e presidente emerito della Fondazione Tera, si era infatti ispirato alla metodica della Germania, che investe l’1% del suo Pil in ricerca, e, anche se inizialmente si chiedevano investimenti sia per la ricerca di base che applicata, nella versione definitiva il Piano puntava più sulla prima.

Tuttavia, a quanto pare, quello della Germania non era un obiettivo raggiungibile in Italia. La promessa fatta dall’ex ministro Manfredi, di 15 miliardi in 5 anni, avrebbe almeno consentito al nostro Paese di raggiungere la Francia, che alla ricerca dedica lo 0,75% del proprio Pil, ma anche questo progetto è andato in fumo.

In realtà, le cifre e gli obiettivi previsti originariamente dal Piano Amaldi non sono mai state quelle del Pnrr, anche se, come spiega Ronchetti, “nell’ultima versione firmata dal Governo Conte si citava proprio quello come modello per la ricerca di base e, per la ricerca applicata, il modello del network tedesco Fraunhofer, rete di società a capitale misto che adatta alle esigenze delle aziende private le innovazioni frutto della ricerca finanziata dal pubblico”.

Infatti l’ultima bozza proposta dal vecchio governo prevedeva lo stanziamento di 11,7 miliardi da spendere in 5 anni, dei quali:

  • 7,29 miliardi di euro per “Ricerca e Sviluppo”;
  • 4,48 miliardi per Trasferimento tecnologico e sostegno all’innovazione”.

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