Moderna: “il nostro richiamo funziona contro la variante sudafricana e brasiliana”

L’azienda statunitense Moderna, che come Pfizer-BioNTech ha sviluppato un vaccino basato sulla tecnologia a RNA messaggero (mRNA), ha annunciato che il suo booster, ovvero il richiamo del suo vaccino contro il Covid-19, già sotto studio lo scorso febbraio, ha generato una buona risposta immunitaria contro le viarianti che al momento risultano maggiormente diffuse e dunque più pericolose.

In una nota da poco pubblicata, l’azienda ha citato i primi risultati raccolti durante uno studio clinico ancora in corso, attraverso il quale Moderna sta testando una dose di richiamo da 50 microgrammi in individui già vaccinati. I risultati hanno dunque evidenziato come questa sia in grado di aumentare le risposte anticorpali neutralizzanti sia contro il virus originale, sia contro le varianti denominate B.1.351 (sudafricana) e P.1 (brasiliana).

Stéphane Bancel, amministratore delegato di Moderna, ha affermato che le dosi di richiamo sono state “generalmente ben tollerate“. “Siamo incoraggiati da questi nuovi dati, che rafforzano la nostra fiducia nel fatto che la nostra strategia di richiamo possa essere protettiva contro queste nuove varianti individuate. La forte e rapida spinta dei titoli a livelli superiori alla vaccinazione primaria dimostra anche chiaramente la capacità di mRNA-1273 di indurre la memoria immunitaria“.

“Ciò permette una rapida progettazione di candidati vaccini che incorporano mutazioni chiave del virus, permettendo potenzialmente un più rapido sviluppo di futuri vaccini alternativi abbinati alle varianti, qualora fossero necessari”. Bancel ha poi aggiunto: “continueremo ad apportare tutti gli aggiornamenti necessari al nostro vaccino contro il Covid-19 per controllare la pandemia”.

A fine febbraio scorso la stessa azienda aveva inoltre annunciato che avrebbe aumentato la propria produzione fino a un miliardo di dosi. Il motivo per cui si è deciso di aggiungere una dose per il richiamo è stato spiegato da Andrea Carfì, responsabile della ricerca sulle malattie infettive e vicepresidente di Moderna, durante un’intervista a La Stampa.

“Nei test di laboratorio abbiamo visto che nel sangue delle persone vaccinate gli anticorpi neutralizzanti diminuiscono di sei, anche sette volte nel caso della variante sudafricana, di circa tre volte se vengono misurati sulla variante brasiliana, mentre non ci sono perdite rilevanti rispetto alla variante di origine britannica”.

I tempi per poter “ricalibrare” un vaccino sembrano dunque brevi. Carfì ha infatti spiegato che in questo caso ci sono voluti 35 giorni per generare il vaccino e circa due settimane di studi clinici per poter raccogliere tutti i dati necessari sulle risposte anticorpali. Questo lasso di tempo può sembrare poco, ma in realtà i ricercatori non devono fare altro che cambiare la sequenza di mRNA contenuta nel vaccino. E’ il processo di produzione, in realtà, che richiede tempo maggiore.

Così come Pfizer, anche Moderna sta conducendo dei test per verificare l’efficacia e la sicurezza del proprio prodotto anche sulla popolazione più giovane. “Abbiamo avviato due studi, uno arruolando 2.500 adolescenti tra i 12 e i 17 anni che pensiamo di portare a termine entro questa estate. L’altro è condotto su 6.500 bambini in età pediatrica tra sei mesi e 11 anni con dosaggi decisamente più bassi e contiamo di concuderlo positivamente per fine anno, primi del prossimo”.

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