Come verranno usati i 34 miliardi della PAC in Italia? Ancora una volta nel modo sbagliato

La politica agricola comune che partirà nel 2023 rappresenta per l’Italia un tesoro da 34 miliardi di euro, o addirittura da 50 se si considerano anche i co-finanziamenti statali. Ma è già noto che questi fondi verranno spesi nel modo sbagliato.

Con ciò si intende che verranno utilizzati per rafforzare un modello di agricoltura che danneggia l’ambiente e che ha ben poco, se non nulla, a che vedere con il Green Deal, andando a proteggere una manciata di categorie invece di premiare chi coltiva e alleva in modo sostenibile, in linea con la strategia europea Farm to Fork.

Si tratta del giudizio impietoso al piano italiano per la nuova PAC da parte della coalizione Cambiamo agricoltura, che riunisce 17 associazioni della società civile. Ogni Paese europeo ha mandato a Bruxelles, entro il 31 dicembre dello scorso anno, un piano strategico nazionale (o PSN) in cui indica come verranno spesi i soldi che arriveranno con la nuova PAC.

Quello italiano invece, denuncia la coalizione di ong, ha riproposto soluzioni vecchie, non in linea con gli obiettivi attuali del settore. Un esempio è dato da alcuni eco-schemi, una forma di pagamenti diretti parzialmente vincolati al raggiungimento di alcuni obiettivi standard ambientali o climatici introdotta con la nuova PAC.

E’ il caso del supporto alla zootecnia nel nord Italia e all’ovicoltura del centro-sud Italia. Se si osserva con maggiore attenzione, in questi due casi gli eco-schemi che li riguardano sono sovradimensionati e non fanno che togliere risorse ad altri ambiti.

Secondo le ong, invece, “dovrebbero premiare gli impegni volontari degli agricoltori per il contrasto dei cambiamenti climatici, la tutela della biodiversità e dell’ambiente“. Prevedere delle risorse così elevate per questi settori significa anche elargire delle “compensazioni” mascherate.

Infatti occorre ricordare che questi “impegnano il 58,5% delle risorse destinate a tutti e 5 gli eco-schemi previsti dal piano strategico nazionale”. Inoltre non si tratta di un’operazione neutra perché non fa che mettere in competizione modi diversi di fare agricoltura.

C’è una forte disparità tra i premi che vengono attribuiti agli eco-schemi e quelli previsti per gli impegni agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale, i quali prevedono molto spesso “analoghi impegni con finalità simili, ma con premi decisamente inferiori”.

Inoltre mancano degli obiettivi quantivi precisi, a parte quelli per l’agricoltura biologica. In altre parole, più che per quello che troviamo al suo interno, il PSN spicca per ciò che non presenta. “Cambiamo agricoltura” ha osservato che mancano degli eco-schemi per la tutela e il ripristino della biodiversità naturale, che non fa che esporre l’Italia al rischio di fallire il target nazionale previsto dalla strategia europea sulla diversità biologica al 2030.

E ancora, anche se può suonare incredibile, la PAC che tanto viene spacciata come uno strumento per rafforzare il Green Deal, in realtà non prevede nulla per quanto riguarda la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Basti pensare che supporta ancora l’allevamento intensivo.

Le 17 ong hanno poi attaccato, accusando l’esecutivo di una “mancanza di visione” e affermando che il governo sta dimostrando “di tutelare gli interessi delle potenti corporazioni agricole, che hanno accolto con commenti positivi i contenuti di questo Piano”.

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