Le 5 azioni consigliate dall’Onu per velocizzare la transizione ecologica

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La causa principale dei cambiamenti climatici in corso è da ricercare nella dipendenza “tossica” (oramai a livello globale) dall’energia generata dai combustibili fossili e a sottolinearlo è l’ultimo rapporto dell’Ipcc.

Proprio per questo motivo, per le disastrose conseguenze che anni e anni di abuso di queste fonti hanno provocato, ora è necessario velocizzare il processo per dire definitivamente addio alle fonti non rinnovabili, e per farlo è necessario seguire 5 grandi linee di azione.

A ribadirlo questa volta, anche se ormai è un fatto noto a tutti, sono le Nazioni Unite e in particolare Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, il quale ha recentemente sostenuto che le fonti rinnovabili sono pronte.

Secondo il segretario, in moltissimi casi eolico e fotovoltaico risultano essere più economici rispetto a gas e carbone, quindi “ora dobbiamo metterle al lavoro, urgentemente, su larga scala e con velocità. Perché senza rinnovabili non ci può essere futuro“, ha affermato poi Guterres.

Il processo di decarbonizzazione dei nostri sistemi e il passaggio alle energie rinnovabili richiederà un lavoro complesso, che richiede anche una corretta gestione del sistema, delle infrastrutture, di accumuli e digitalizzazione, ma bisogna tenere a mente che questo è l’unico percorso da seguire e non può più essere “dirottato”, come accaduto fino ad ora, per seguire delle soluzioni anti-economiche o futuristiche, di lungo periodo e utili solamente a chi vuole mantenere lo status quo e il controllo sull’energia.

Basti guardare il tentativo di rinascita del nucleare (in tutte le sue versioni, inclusa la fusione), l’ostinata spinta per sistemi di carbon sequestration (CCS) e l’idrogeno non verde.

Le Nazioni Unite hanno dunque deciso di delineare 5 azioni prioritarie, che verranno qui di seguito riassunte e che fanno riferimento a degli studi condotti a livello internazionale.

1. Energie rinnovabili come nuovo bene pubblico mondiale

Le energie rinnovabili devono diventare un bene pubblico, quindi devono diffondersi e essere disponibili per tutti, non solo per i più ricchi. Per questo motivo devono essere rimossi gli ostacoli alla condivisione delle conoscenze e al trasferimento tecnologico, incluse le barriere ai diritti di proprietà intellettuale.

Inoltre molte tecnologie, come i sistemi di accumulo, risulteranno fondamentali per favorire la diffusione delle rinnovabili e rendere flessibile la rete elettrica, permettendo così di fornire elettricità affidabile ed economica anche in reti isolate e a comunità “off-grid” in località remote.

2. Facilitare l’accesso alle materie prime

E’ essenziale puntare ad una fornitura più solida e diffusa di componenti per le tecnologie rinnovabili e delle materie prime. Ad esempio sarebbe molto utile consentire il più ampio accesso possibile a tutti i minerali necessari per produrre turbine eoliche, pannelli solari, reti elettriche e vetture elettriche.

Al fine di raggiungere questo ambizioso obiettivo, servirà un notevole coordinamento internazionale per espandere e diversificare la capacità di produzione a livello mondiale e inoltre saranno necessari degli investimenti, per garantire una transizione giusta.

Ciò riguarderà anche la formazione di personale specializzato, gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, e anche degli specifici incentivi per costruire delle catene di approvvigionamento che siano in grado di proteggere ecosistemi e culture.

3. Riformare le politiche nazionali per accelerare i progetti

Nonostante la cooperazione e il coordinamento internazionale siano essenziali, anche le politiche nazionali devono essere riformate al più presto, per dare una forte spinta ai progetti di rinnovabili e per favorire gli investimenti del settore privato.

Inoltre devono essere introdotte delle misure volte a ridurre i rischi di mercato, a incentivare gli investimenti (anche attraverso dei processi di razionalizzazione degli iter di pianificazione, autorizzazione e regolamentazione), e assegnando finalmente alle rinnovabili degli ampi spazi per poter permettere la realizzazione di impianti su larga scala.

Gli obiettivi nazionali e i piani di azione per il clima di ciascun Paese devono essere rivisti, al fine di risultare perfettamente allineati all’aumento massimo di temperatura di 1,5° C. Per questo motivo la quota di rinnovabili dovrà essere portata dall’attuale 29% al 60% già entro la fine del 2030, come indicato dalla stessa Iea.

Per quanto riguarda l’Europa, però, sappiamo benissimo che in realtà si dovrà puntare ben più in alto, intorno all’80%. Attuare delle misure stop and go in questo momento sarebbe solamente dannoso. Servono invece delle politiche chiare e di lungo periodo, con progetti trasparenti e il sostegno pubblico.

4. Spostare i sussidi dedicati alle fossili alle energie rinnovabili

I sussidi ancora oggi dedicati alle energie fossili sono una delle maggiori barriere finanziarie che ostacolano il passaggio definitivo alle energie rinnovabili.

Anche l’FMI (Fondo monetario internazionale) ha fatto notare che solo nel 2020 sono stati investiti circa 5.900 miliardi di dollari per sovvenzionare l’industria delle fossili attraverso sussidi sia espliciti che impliciti, come ad esempio delle agevolazioni fiscali o i costi per danni alla salute e all’ambiente che vengono comunque inclusi nel costo finale dei combustibili fossili.

Con questi dati, quindi, è possibile notare che la spesa sostenuta ogni giorno nel 2020 era di circa 11 miliardi di dollari! Secondo l’FMI i sussidi ancora oggi dedicati alle fossili sono del tutto inefficienti e iniqui, e se si osservano i dati raccolti nei Paesi in via di sviluppo, si può notare che circa la metà delle risorse pubbliche spese per sostenere il consumo di queste fonti non rinnovabili, è andata a beneficio del 20% più ricco della popolazione.

Nel nostro Paese, secondo i dati indicati dal MiTE, la cifra dei Sad (Sussidi ambientalmente dannosi) è pari a circa 21,6 miliardi di euro, vale a dire quasi 60 milioni di euro al giorno.

Spostare questi sussidi dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili porterebbe grandi benefici, infatti permetterebbe di ridurre drasticamente le emissioni, creare nuovi posti di lavoro, migliorare la salute pubblica, creare una maggiore uguaglianza (soprattutto per quanto riguarda le comunità più povere e vulnerabili) e inoltre contribuirebbe a una crescita economica più sostenibile.

Se anche solo il 10-30% dei sussidi dedicati alle fossili venisse invece destinato allo sviluppo e alla ricerca nel settore delle rinnovabili, si potrebbe rendere vicinissima la totale decarbonizzazione del sistema elettrico.

5. Gli investimenti nel settore delle rinnovabili devono essere triplicati

Il denaro quindi, sia pubblico che privato, c’è. Almeno 4 (se non 5) mila miliardi di dollari ogni anno possono e devono essere investiti nel settore delle rinnovabili da qui al 2030, compresi tutti gli investimenti nel campo della ricerca di nuove tecnologie, per permetterci di raggiungere l’ambizioso obiettivo delle zero emissioni nette al 2050.

Come si può notare, però, i fondi destinati alle rinnovabili sono inferiori rispetto a quelli rivolti alle energie fossili. Si tratta però di investimenti che potrebbero fare la differenza: grazie alla sola riduzione dell’inquinamento e dell’impatto climatico, infatti, si arriverebbe a risparmiare fino a 4.200 miliardi di dollari ogni anno su scala mondiale da qui al 2030.

Considerato quindi che il denaro non è un problema (dato che ve ne è in abbondanza), ciò di cui il settore ha bisogno è una nuova etica, basato sull’impegno e sulla responsabilità, soprattutto da parte dei sistemi finanziari globali che sono chiamati ad allineare i loro portafogli di prestito sull’onda delle energie pulite.

Queste, quindi, sono le 5 linee guida indicate dall’Onu che, sebbene appaiano molto generali, non sono più procrastinabili. Questo ci fa capire che ancora una volta ci troviamo in un periodo critico, in cui le decisioni che verranno prese dai vertici nel corso di questo decennio determineranno se siamo o meno in grado di evitare (o almeno attenuare) un’emergenza climatica che rappresenterà un enorme problema per le generazioni future.

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