Obbligo di ristrutturazione Ue: per avere case green bonus e incentivi nei piani del governo Meloni

Close-up of a light bulb lying on green grass. Original public domain image from Wikimedia Commons

In questi giorni il Parlamento Ue ha approvato la proposta di direttiva europea per le case green con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astenuti. Ma cosa prevede il testo della direttiva? Fissa anzitutto l’obiettivo del raggiungimento della classe energetica E entro il 2030, per gli edifici pubblici e per le abitazioni private. Il punto è che non è un target a portata di mano, soprattutto in Italia.

Va detto che quello ottenuto non è un via libera definitivo in quanto occorre portare a termine la fase di negoziazione tra Parlamento, Commissione e Consiglio europei, di fatto però rappresenta un ulteriore passo avanti in quella direzione, con tutto ciò che ne consegue.

Il governo di Giorgia Meloni continua a mostrarsi piuttosto scettico rispetto alle tappe fissate a livello comunitario per il raggiungimento infine della neutralità energetica.

L’attuale esecutivo infatti, insieme ad Ance e Confedilizia, definisce troppo stringenti gli obiettivi definiti da Bruxelles, con tempi troppo stretti perché sia possibile raggiungerli senza causare enormi disagi a cittadini e imprese. Ma soprattutto non sono stati ancora previsti fondi europei adeguati, senza contare che non vi è una forza lavoro adeguata a sostenere un’opera di tale portata di efficientamento energetico.

Per opporsi al percorso indicato dall’Ue il governo italiano si impegna a dare battaglia al Consiglio europeo, che ha bisogno di una maggioranza qualificata, cioè dell’appoggio del 55% dei membri del Consiglio, che rappresentino il 65% della popolazione dell’Unione Europea, per approvare definitivamente la direttiva per le case green.

Direttiva Ue sulle case green, cos’è e come funziona

Questa direttiva dovrebbe avere lo scopo di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti, in quanto secondo alcune stime gli edifici, pubblici e privati, sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni a effetto serra di tutta l’Unione Europea.

Attualmente gli edifici situati in Paesi appartenenti all’Ue sono classificati in base al livello di emissioni inquinanti, quindi abbiamo classi energetiche che possono andare dalla G fino alla A. Tuttavia oggi in Italia circa il 74% degli immobili esistenti hanno una classe energetica inferiore alla D, con il 60% in una classe energetica inferiore alla E.

Se da una parte aumentare la classe energetica di un edificio garantisce non solo una riduzione delle emissioni inquinanti, (quindi un miglioramento della qualità dell’aria con tutti i benefici che ne derivano per l’ambiente circostante), ma anche un risparmio economico che secondo alcune stime potrebbe essere quantificato anche in 2.000 o 3.000 euro, dall’altra ha dei costi iniziali molto elevati e che in pochi possono sostenere.

A fronte di un risparmio di fino a 3 mila euro annui infatti sarebbe necessario eseguire dei lavori il cui costo sarebbe mediamente di diverse decine di migliaia di euro, motivo per cui è evidente che occorrono degli incentivi molto generosi perché il progetto risulti economicamente vantaggioso per il proprietario di casa.

Quali case saranno soggette all’obbligo di ristrutturazione

La direttiva Ue fissa le tappe da raggiungere per ridurre le emissioni inquinanti degli edifici pubblici e privati, ma per quali case sarà introdotto l’obbligo di ristrutturazione? Le case da ristrutturare al fine di migliorare la classe energetica sono in Italia in tutto 8 milioni circa.

4,55 milioni di edifici residenziali che si trovano in classe energetica G, e 3,17 milioni di edifici residenziali in classe energetica F. Stiamo parlando di un numero estremamente elevato di edifici, e ristrutturarli tutti entro il 2030 è materialmente impossibile.

Non si tratta solo di una questione meramente economica, perché anche se ci fossero degli incentivi adeguatamente generosi, come il Superbonus 110%, non esiste manodopera sufficiente a svolgere tutti questi interventi in 7-8 anni.

Basti pensare che con la leva del Superbonus sono stati portati a termine in tutto 385 mila interventi di riqualificazione asseverate tra condomini, villette e abitazioni indipendenti. Questo significa che anche replicando una misura simile, entro il 2030 si riuscirebbe a completare la ristrutturazione di un edificio su otto di tutti quelli interessati dalla direttiva Ue sulle case green.

Quali sono i bonus attualmente disponibili per interventi edilizi su abitazioni private

Tra le agevolazioni ancora disponibili per interventi edilizi volti al miglioramento della classe energetica degli edifici troviamo oltre al Superbonus al 90% anche il bonus Ristrutturazione, l’Ecobonus e il Sismabonus.

Si tratta di agevolazioni per le quali tuttavia non sarà più possibile applicare la detrazione sotto forma di sconto in fattura attraverso il sistema della cessione del credito a banche e compagnie assicuratrici. L’unica opzione attualmente disponibile resta quella della detrazione in dichiarazione dei redditi, generalmente divisa in 10 rate annuali di pari importo.

  • Bonus Ristrutturazione: per quanto riguarda il bonus Ristrutturazione, permette di ottenere una detrazione del 50% sulla spesa sostenuta per gli interventi ammessi di manutenzione straordinaria, per il risanamento conservativo, per la ristrutturazione e per il restauro. Sono ammesse anche le spese sostenute per interventi di manutenzione ordinaria se realizzati sulle parti comuni dei condomini
  • Ecobonus: in questo caso la detrazione può essere al 50% o al 65% a seconda dei casi, con detrazioni che possono arrivare fino all’85% al sussistere di determinate condizioni. Sono ammesse all’Ecobonus le spese relative ad interventi finalizzati al risparmio energetico, ma anche quelle per le prestazioni necessarie per poter effettuare l’intervento, e quelle per ottenere la certificazione energetica.
  • Sismabonus: questa agevolazione permette di ottenere una detrazione del 90% sulle spese sostenute per alcune tipologie di interventi edilizi, con un tetto di spesa che è stato fissato a 96 mila euro. Si può beneficiare del Sismabonus in caso di lavori antisismici generici, interventi per la riduzione del rischio sismico di una o due classi, anche sulle parti comuni dei condomini, interventi per la demolizione e ricostruzione di edifici con lo scopo di abbattere il rischio sismico. Le abitazioni devono però essere necessariamente situate in zona sismica 1, 2 oppure 3.

Quali bonus nei piani del governo Meloni per incentivare le case green

Ci sono ancora migliaia di cantieri bloccati in tutta Italia per via dei crediti incagliati nei cassetti fiscali delle banche, e questo è un problema che deve essere risolto il prima possibile se si vuole iniziare a percorrere le tappe indicate da Bruxelles per le case green.

E mentre sta valutando le varie possibili soluzioni al problema dei crediti bloccati, il governo sta anche studiando una serie di incentivi per sostenere quei cittadini che potrebbero trovarsi a dover adempiere ad un obbligo di ristrutturazione come previsto dalla bozza della direttiva Ue.

Dall’Ance sembrano suggerire di salvare ciò che ha funzionato del Superbonus, incentivando la qualificazione delle imprese, i prezzari e il rispetto del contratto collettivo dell’edilizia. Si esclude la possibilità di agevolazioni con quote di detrazione vicine al 110%, e si consiglia invece di modulare la percentuale in funzione dell’obiettivo di sostenibilità che si raggiunge, sia per quel che riguarda la classe energetica che per la classe antisismica.

Sempre l’Ance propone di tornare al meccanismo della cessione del credito, valutando la possibilità di introdurre agevolazioni variabili a seconda del reddito dei beneficiari, ad esempio riservandola ai condomini e agli incapienti.

Inoltre si pensa di permettere al beneficiario dell’agevolazione di rendere la detrazione un credito d’imposta che potrà egli stesso utilizzare nel modello F24 per il pagamento dell’Imu, il che aiuterebbe ad evitare che le rate della detrazione vadano sprecate. In alternativa si potrebbe dare la possibilità di sfruttare le rate che non sono state usate negli anni seguenti.

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