La decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione di greggio ha determinato nuovi timori sull’inflazione, considerato che il prezzo del petrolio per i consumatori potrebbe salire e che l’energia è una componente importante dell’aumento dei prezzi. Ma che cosa potrebbe cambiare per banche centrali e investitori?
Iniziamo con il condividere che lo scenario attuale non genera timore, ma solo un po’ di cautela negli operatori. L’inflazione nell’eurozona è infatti in forte discesa e la traiettoria non dovrebbe cambiare: alcune componenti energetiche continueranno infatti a diminuire e, se dovessero rallentare la loro discesa, dovranno comunque confrontarsi con i prezzi di un anno fa, ai massimi storici.
Inoltre, gli economisti sostengono che a giocare un ruolo favorevole sul contenimento dell’inflazione sarà anche quella alimentare, in uno scenario in cui i salari sono in crescita, ma sotto controllo, e che anche l’inflazione core (al netto di cibo ed energia, arrivata al 5,7% a marzo) dovrebbe rallentare.
Insomma, c’è un discreto ottimismo sul fatto che l’inflazione complessiva tornerà attorno al 3% a fine anno.
Cosa farà la Bce?
In questo nuovo scenario è dunque lecito domandarsi che cosa farà la Bce e se la sua politica muterà significativamente rispetto al recente passato.
Per il momento i mercati stanno scontando altri due rialzi dei tassi entro l’autunno, dall’attuale 3% al 3,5%. Tra fine 2023 e inizio 2024 invece i mercati scommettono su un possibile cambio di rotta e sull’inizio di una fase di tagli.
In altri termini, la strada dovrebbe essere tracciata in questo modo:
- due aumenti dello 0,25% a maggio e giugno, con raggiungimento del 3,5%
- una fase di stabilizzazione fino alla fine del 2023
- i primi tagli a inizio 2024.
Attenzione, però, a non illudersi che la strada sia così facilmente tracciabile. Insieme all’inflazione e alle dinamiche di fondo sui prezzi, infatti, ci sarà almeno un terzo elemento che influenzerà le decisioni Bce: la frenata del credito legata al pieno effetto della politica monetaria, a cui si aggiungerà l’impatto delle recenti crisi bancarie.
In merito, i dati della Banca hanno già segnalato che che il credito nell’Eurozona sta già frenando e che i prestiti al settore privato su base annua sono aumentati del 4,3% contro il 4,9% di gennaio, quelli alle famiglie al 3,2% dal 3,6%, quelli alle imprese al 5,7% dal 6,1%.
I dati mensili mostrano invece il segno meno per il credito alle imprese dopo quattro mesi consecutivi di calo nei flussi. In Italia a febbraio i prestiti sono scesi su base annua dello 0,2% e secondo Bankitalia i prestiti alle imprese sono scesi di quasi 27 miliardi di euro da settembre.
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