
Tata Motors ha inviato una lettera ai fornitori della filiera Iveco per rassicurare sull’acquisizione da 3,8 miliardi di euro che porterà nelle mani del colosso indiano la divisione veicoli commerciali e TIR del gruppo italiano. Nel messaggio, l’azienda garantisce che “non chiuderà stabilimenti” e promette di mantenere “l’occupazione e le commesse con i fornitori”. L’operazione, con closing previsto per il 2026, include anche FTP Industrial e i motori prodotti a Foggia e Torino, dove sono impiegati 6mila dipendenti.
L’ansia dell’indotto per i prezzi non adeguati
Nonostante le rassicurazioni, le aziende della filiera mantengono forte preoccupazione per il futuro. Da quasi un anno erano in trattativa con Iveco per ottenere il riconoscimento di prezzi “adeguati” all’aumento dei costi energetici, dell’inflazione e alla crisi di mercato. Pier Mario Cornaglia, presidente del gruppo Cornaglia, evidenzia come “Iveco rappresenti il primo cliente con oltre 40 milioni in portafoglio di commesse per sistemi di scarico, serbatoi in plastica e filtri aria”. L’imprenditore si aspetta “un rilancio delle attività, altrimenti rischia di andare a rotoli tutta una filiera automotive”.
I timori sulla delocalizzazione
La cessione a una multinazionale estera solleva preoccupazioni strategiche sulla tecnologia italiana. Cornaglia esprime contrarietà alla vendita di “asset strategici” quando le aziende possiedono “tecnologia e know-how”, come nel caso dei motori Iveco. Il riferimento è alle precedenti esperienze negative: “Basta una crisi per arrivare a delocalizzazioni selvagge, l’abbiamo già visto con la filiera dell’elettrodomestico e con l’auto”.
La prospettiva cambia completamente
Per il gruppo Cornaglia, che già collabora con Tata Motors attraverso una joint venture in India fornendo serbatoi in plastica, le nozze con Iveco cambiano completamente la prospettiva. L’azienda ha confermato che “gli accordi in essere sono garantiti”, ma questo non basta: “Noi stavamo discutendo aumenti per le commesse. Ci auguriamo che Tata possa investire più di Exor nella filiera”.
Le speranze di rilancio tecnologico
Alberto Russo, titolare di Leva Spa di Grugliasco e a capo del gruppo automotive di Api Torino, condivide le preoccupazioni ma intravede possibili opportunità. “La filiera è in forte sofferenza a causa della crisi nera dell’auto”, ma auspica che la nuova proprietà possa “iniettare capitale e fare investimenti”, in un’operazione simile a quella dei cinesi con Volvo. Russo spera che Tata non si limiti a comprare “solo la rete commerciale e la nostra tecnologia”, ma si impegni in nuove alimentazioni come i TIR a idrogeno.
L’intervento del governo italiano
Il ministro del Mimit Adolfo Urso ha convocato anche Tata Motors dopo l’operazione, affermando che “il governo vigilerà con attenzione sul percorso delineato affinché gli obiettivi siano pienamente raggiunti”. L’obiettivo è preservare la presenza industriale e le comunità di dipendenti. Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, sottolinea che “gli impegni assunti da Tata Motors possono rassicurarci solo in parte, soprattutto in una logica di lungo periodo”.
Il nuovo gigante industriale
Se l’operazione andrà in porto, nascerà un nuovo gruppo con ricavi aggregati di circa 22 miliardi di euro e vendite annue di circa 540mila veicoli, ripartiti tra Europa (50%), India (35%) e Americhe (15%). Come sottolinea Cornaglia, “noi fornitori siamo le fabbriche della fabbrica. Se la grande azienda si inceppa, tutti noi chiudiamo i battenti”.
Per Alberto Russo, se “il cuore dell’azienda resta in Italia, questa aggregazione potrebbe essere anche un’opportunità”. La sfida sarà mantenere le radici tecnologiche e produttive italiane mentre si sfruttano le potenzialità di un mercato globale sempre più competitivo. Il futuro della filiera automotive italiana dipenderà dalla capacità di Tata Motors di trasformare le promesse in investimenti concreti e sviluppo tecnologico.
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