Iran sequestra petroliera nello stretto di Hormuz. Potrebbe esserci Teheran dietro gli attacchi in Arabia Saudita

Sale nuovamente la tensione tra Teheran e la Casa Bianca, dopo gli attacchi dei ribelli filo-iraniani Houthi a due impianti petroliferi sauditi, e conseguentemente ne risentono i mercati petroliferi. Secondo la Ue si tratta di una “vera minaccia per la sicurezza regionale” auspicando che le responsabilità vengano stabilite con “massima moderazione”.

Per gli USA però il massimo della moderazione non impedisce di accusare l’Iran di aver attaccato gli impianti sauditi. Per la Casa Bianca non si tratta di ribelli che attaccano dallo Yemen, ma di una mossa di Teheran, che dopo aver smentito le accuse reagisce sequestrando un’altra petroliera nello stretto di Hromuz.

Dopo il sequestro di una barca sospettata di contrabbandare carburante, avvenuto il 7 settembre, che oltre alla confisca dell’imbarcazione ha anche portato all’arresto dei 12 membri filippini dell’equipaggio, ecco un’altra nave fermata dai Pasdaran. Questa era sospettata di contrabbandare gasolio verso gli Emirati Arabi Uniti, ed anche in questo caso nell’operazione è stato fermato l’intero equipaggio.

Le accuse da parte degli Stati Uniti nei cronfronti dell’Iran erano arrivate domenica, ma non erano supportate da alcuna documentazione. E’ arrivata quindi la smentita di Teheran, e il sequestro di un’altra petroliera lunedì. Ora però gli USA supportano le proprie accuse con foto satellitari che dimostrerebbero esserci effettivamente l’Iran dietro gli attacchi agli impianti petroliferi sauditi.

Le foto satellitari diffuse dall’amministrazione USA mostrerebbero che i raid avvenuti sabato sono arrivati da nord o da nord-ovest, quindi dall’Iran o dall’Iraq, ma non dallo Yemen, come spiega il New York Times, da dove gli Houthi (ribelli locali sostenuti da Teheran) avrebbero condotto gli attacchi con alcuni droni.

Una fonte dell’amministrazione USA ha riferito alla CNN “non ci sono prove che gli attacchi siano partiti dallo Yemen”. Poi a sostegno di tale dichiarazione ha preso in esame il punto in cui sono stati attaccati gli impianti e il numero degli obiettivi colpiti spiegando che: “non si possono colpire 19 obiettivi con 10 droni come quelli“.

Ma non è tutto, perché secondo la stessa fonte “tutti i punti di impatto sugli impianti sauditi erano nella parte nordoccidentale, qualcosa che è difficile da fare dallo Yemen”. Tesi confermata poi anche da esperti di intelligence che hanno visualizzato le immagini satellitari. Sulla stessa linea anche le indagini condotte dall’Arabia Saudita che sostengono che gli attacchi “non sono stati lanciati dallo Yemen”, ma anche che sono state utilizzate “armi iraniane“.

Per quel che riguarda le possibili conseguenze per l’economia USA, il presidente Donald Trump ha tranquillizzato subito l’opinione pubblica. “Poiché abbiamo fatto così bene sull’energia negli anni recenti (grazie signor presidente!”) siamo una rete d’esportazione d’energia, e ora il produttore numero uno di energia nel mondo”. “Non abbiamo bisogno di petrolio e gas del Medioriente” ha aggiunto Trump “e in realtà abbiamo pochissime petroliere là, ma aiuteremo gli alleati!”

Intanto i ribelli Houthi hanno ribadito la rivendicazione, e hanno anche aggiunto che gli impianti petroliferi della Aramco (compagnia petrolifera statale dell’Arabia Saudita) sono ancora un obiettivo e potrebbero subire attacchi in “qualsiasi momento” a meno che Riad non fermi la sua “aggressione” contro lo Yemen. La coalizione militare guidata da Riad è infatti intervenuta nel conflitto tra ribelli sciiti e forze governative yemenite.

Nessun colloquio in programma tra il presidente USA Trump e il presidente dell’Iran Rohani, fanno sapere da Teheran, che smentiscono quindi che tale presunto incontro diplomatico sia saltato a causa delle tensioni in medio-oriente.

Teheran fa anche sapere di non nutrire particolare fiducia nelle capacità di intermediazione dell’Europa “l’esperienza dei colloqui degli ultimi 16 mesi con gli Stati europei sull’esigenza di adempiere ai loro obblighi per salvare l’accordo nucleare rindica che non ci sono speranze rispetto a degli impegni da parte dell’Ue. Ma in ogni caso l’Iran ha sempre lasciato aperta la finestra della diplomazia”.

E sempre sulla questione degli accordi Jcpoa cui l’Iran fa riferimento, secondo il portavoce del ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Abbas Mousavi, i Paesi europei non possono procedere con la proposta francese di una linea di credito di 15 miliardi di dollari per compensare le sanzioni USA, se non ottengono il permesso degli USA stessi.

Mosca invita a non trarre conclusioni affrettate e condanna uso della forza

Per Mosca, che condanna con fermezza gli attacchi è importante evitare “ogni azione capace di colpire le forniture e la domanda di carburante provocando una nuova ondata di instabilità nel mercato mondiale degli idrocarburi con le conseguenti ripercussioni negative sull’economia mondiale”, e invita a non trarre “conclusioni affrettate” su chi sia il reale responsabile degli attacchi.

“Riteniamo controproducente usare questi eventi per aumentare le tensioni attorno all’Iran in linea con la nota politica americana” afferma il ministro degli esteri della Russia “le opzioni che prevedono l’uso della forza per ritorsione, e che a quanto si dice sono discusse a Washington, sono ancora più inammissibili”.

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