Manovra economica 2020: quanto frutterà il taglio del cuneo fiscale e chi ci guadagna

Quello di ridurre il cuneo fiscale è un obiettivo chiave di questo governo, ma in realtà anche molti altri governi che si sono succeduti negli ultimi anni si sono detti favorevili a tale intervento, tuttavia la cosa non è mai stata effettivamente realizzata. In un modo o nell’altro il taglio del cuneo fiscale ha finito per essere rimandato a data da destinarsi, quindi la prima cosa che c’è da chiedersi è se questo esecutivo ce la farà davvero.

Non solo il taglio del cuneo fiscale era visto di buon occhio dai passati governi del Paese, ma lo stesso FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha consigliato questa manovra all’Italia lo scorso febbraio. E questa potrebbe essere davvero la volta buona se, come appare ormai probabile, la nota di aggiornamento del Def (Documento di Economia e Finanza) si alineerà sulle previsioni dell’Ocse, che per quest’anno intravedono un Pil stabile e per il prossimo anno in crescita di un timido 0,4%.

Se con la manovra finanziaria 2020 si riesce effettivamente ad abbassare la pressione fiscale-contributiva sui salari, gli effetti potrebbero essere molto positivi sulla crescita, addirittura potrebbe rivelarsi la principale misura a sostegno della crescita economica.

Ecco chi beneficerà del taglio del cuneo fiscale

A beneficiare del taglio del cuneo fiscale saranno, secondo le ultime indiscrezioni, i lavoratori. Un taglio che consisterebbe in un calo di 5 miliardi di euro l’anno (15 miliardi nel prossimo triennio) del cuneo. Il principio è quello di recuperare soldi più tagliando le spese che con nuove tasse, in modo da favorire i consumi, il che si tradurrebbe in 500 euro netti all’anno in più nelle tasche dei lavoratori.

Sarebbero quindi 1.500 euro netti in più a fine triennio, una somma questa che potrebbe essere legata ad un credito d’imposta, forse, ma è solo un’ipotesi, attraverso la sterilizzazione del “bonus Renzi” da 80 euro al mese, oppure mediante un taglio dei contributi a carico dei lavoratori.

In tutti e due i casi, la riduzione delle entrate nelle casse dello stato o le maggiori spese per un totale di circa 5 miliardi di euro l’anno, potrebbero essere coperte da una misura che prevede tagli alla spesa improduttiva, insieme con un parziale aumento dell’IVA. Per parziale aumento dell’IVA si immagina ad esempio un ritocco per l’imposta al 10% di alcuni prodotti portata al 13%. Ma come sottolineato si tratta ancora solo di ipotesi.

Si tenga presente che si parte da contributi in busta paga del 9% a carico dei lavoratori, e che per la riduzione di ogni punto percentuale il costo da sostenere ammonterebbe a circa 2,5 miliardi di euro l’anno.

In ogni caso il principio da seguire è quello di lasciare più soldi nelle tasche dei lavoratori, probabilmente inserendo la cifra a mo’ di quattordicesima, quindi proprio a ridosso delle ferie estive, per questo si parlava del mese di luglio. L’obiettivo, ancora una volta sarebbe quello di stimolare la domanda interna e far accelerare in questo modo la crescita.

Ci sono però alcune incognite. Prima di tutto bisognerà capire se questa manovra sarà “erga omnes” cioè valida per tutti, oppure verrà impostato un tetto alle retribuzioni. In questo secondo caso, resterebbe da sapere se il tetto sarà fissato ai 26mila euro, con una platea di beneficiari che sarà sostanzialmente la stessa del “bonus Renzi” più gli incapienti, di 35mila euro, oppure ancora più alto.

E naturalmente più si alza l’asticella dei beneficiari, più si alza quella delle coperture da trovare, senza contare che l’effetto della misura tenderebbe ad essere sempre più “spalmato”. Ma c’è un’altra questione che varrebbe la pena chiarire, riguardante la vera natura di questa misura.

Si tratterà effettivamente di taglio del cuneo fiscale, vale a dire una riduzione delle imposte dirette (Irpef) sul reddito del lavoratore dipendente, oppure si tratterà di un bonus, erogato in tal caso a chi non rientra in determinati limiti reddituali attraverso un “una tantum”, ma senza alcuna variazione concreta delle aliquote Irpef.

Gli effetti del taglio del cuneo fiscale sui consumi

Nel caso del taglio delle aliquote Irpef si parlerebbe di una misura che riguarderebbe tutti i contribuenti, mentre nel caso del bonus il target potrebbero essere i soli redditi medio-bassi. Scenario quest’ultimo che porterebbe maggiori benefici sia politicamente che economicamente, soprattutto se si riuscisse in tal modo a indurre una maggiore propensione alla spesa e non all’incremento del risparmio.

Questo dipenderà in particolar modo dal livello di fiducia del consumatore. Se la fiducia aumenta, la spesa pro-capite potrebbe tornare a crescere, esattamente come accadde con il “bonus Renzi” nel qual caso i famosi 80 euro vennero spesi in consumi mediamente per il 50-60%. Le quote erano persino maggiori per i soggetti che avevano difficoltà ad arrivare alla fine del mese proprio per mancanza di liquidità.

Il risultato quindi è stato tangibile sui consumi, che complessivamente sono aumentati di circa 3,5 miliardi di euro, generando un gettito fiscale di 5 miliardi di euro annui. Cosa che potrebbe non avvenire invece qualora il clima non doivesse essere di fiducia ma tendenzialmente di prudenza.

Un clima di prudenza potrebbe indurre il consumatore al risparmio, come anticipato, e a determinare un clima di questo tipo sono per buona parte fattori legati alla situazione politico-economica internazionale. Le tensioni commerciali USA-Cina hanno indubbiamente un impatto negativo, così anche la questione Brexit o un rallentamento dell’export italiano, tutti elementi che potrebbero indurre al risparmio.

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