Nonostante il cessate il fuoco continuano gli scontri tra Turchia e milizie curde

A più di due giorni dall’inizio della tregua di 120 ore concessa alle milizie curde dalla Turchia su mediazione USA, gli scontri nel nord-est della Siria continuano. Inoltre le due fazioni si accusano reciprocamente di non rispettare il cessate il fuoco, e il leader turco Recep Tayyip Erdogan non si risparmia dichiarazioni altisonanti.

Se non si ritirano dalla safe zone “spaccheremo le teste” dei combattenti curdi, minaccia il presidente Erdogan, e intanto, almeno stando a quanto dichiarato dalle Syrian Democratic Forces (Sdf) “Ankara ha già ucciso 24 civili dall’inizio della tregua”.

La safe zone è una striscia che costeggia il confine turco-siriano larga 20 miglia. Inizia a est del fiume Eufrate, e ha lo scopo di divenire una zona cuscinetto per la sicurezza della Turchia dalla minaccia rappresentata dall’ipotetica presenza di terroristi curdi. I Curdi quindi devono, in base ai termini dell’accordo raggiunto con la mediazione degli Stati Uniti, abbandonare completamente quell’area.

Operazione questa che sarebbe resa impossibile dalla stessa Turchia, che fin dall’inizio della tregua ha violato i termini dell’accordo. Oltre a non aver mai interrotto l’assedio di Ras al-Ayn, l’esercito turco starebbe infatti ostacolando il ritiro delle forze curde, che si sono viste costrette ad esortare il vice presidente USA Mike Pence affinché faccia rispettare l’accordo raggiunto con il presidente Erdogan.

Ankara nega però ogni accusa. “Le forze armate turche rispettano l’accordo” ha dichiarato il ministro della Difesa Halusi Akar in una nota “nonostante ciò, i terroristi hanno condotto un totale di 14 arracchi nelle ultime 36 ore“. Il ministro Akar ha spiegato che l’operazione militare è stata “sospesa per cinque giorni. In questo periodo i terroristi si ritireranno dalla safe zone, le loro armi saranno recuperate e le posizioni distrutte” e ha poi avvertito: “se ciò non accade continueremo l’operazione. Con l’rdine necessario, i nostri soldati sono pronti ad andare ovunque”.

Erdogan: “continueremo a rompere la testa dei terroristi”

Se le parole del ministro della difesa sono state dure, quelle del presidente Recep Tayyip Erdogan lo sono state ancora di più. Il leader turco ha dichiarato che nel caso di mancato ritiro delle milizie curde “cominceremo da dove ci siamo fermati e continueremo a rompere la testa dei terroristi”.

Erdogan ha poi aggiunto: “se le promesse fatte al nostro Paese non saranno mantenute, come abbiamo fatto in passato non attenderemo e riprenderemo l’operazione non appena il tempo che abbiamo concesso finirà”. Ha poi spiegato di aver già messo al corrente della situazione il presidente USA Donald Trump nel corso di una telefonata.

Il ritiro delle truppe curde però sarebbe reso impossibile proprio dall’esercito turco, secondo quanto riferisce il comandante delle Ypg/Ypj, Mazloum Kobane che ha dichiarato: “i Turchi stanno impedendo il ritiro dall’area di Ras al-Ayn, non permettendo l’uscita delle nostre forze, dei feriti e dei civili”.

Altro nodo da sciogliere sul fronte siriano, quello delle truppe di Damasco schierate nelle aree per le quali non vale l’accordo raggiunto con l’intermediazione degli USA. La questione sarà affrontata dal presidente Erdogan la prossima settimana in un incontro con Vladimir Putin. “Ci sono forze del regime siriano nella zona di sicurezza creata dalle forze turche nell’operazione anti terrorismo” ha detto il leader turco “parlerò di questo a Putin”.

Erdogan ha anche attaccato i Paesi che hanno condannato l’offensiva militare turca, e che hanno fatto ricorso all’embargo sulle armi, e imposto sanzioni ai danni della Turchia. “Oggi vogliono darci lezioni e hanno quasi tutti un passato di massacri, invasioni e colonizzazioni” ha dichiarato Erdogan “quelli che ci hanno imposto un embargo sulle armi per l’operazione Fonte di Pace hanno dato armi ai terroristi in Ruanda”.

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