Cos’è il Mes, il fondo salva-Stati tema di scontro della politica italiana

La vita politica del Paese è stata recentemente scossa da dichiarazioni anche abbastanza pesanti che riguardano il tema del Mes. Il leader della Lega ha accusato il presidente del Consiglio di aver tradito il popolo italiano, minacciando azioni legali nei suoi confronti. Il premier Giuseppe Conte dal canto suo ha respinto le accuse e ha rilanciato, avvertendo Matteo Salvini che è pronto a querelarlo.

Ma come mai il governo Conte bis è finito nell’occhio del ciclone sulla questione della riforma del fondo salva-Stati? Il Mes, acronimo che sta per Meccanismo Europeo di Stabilità serve, almeno in linea teorica, ad aiutare i Paesi dell’Eu ad uscire da situazioni di crisi economica, ma è chiaramente un po’ più complesso di così.

Fatto sta che il governo italiano sarà tenuto proprio in questi giorni ad affrontare la questione, anche in vista della possibile ratifica che il presidente del Consiglio sembrerebbe voler far arrivare dal Parlamento all’inizio dell’anno prossimo.

In ogni caso, per l’approvazione definitiva del testo dovremo attendere la riunione dei capi di governo dell’Eurozona di dicembre, ma nel frattempo la situazione in Italia si sta facendo incandescente, non solo a causa delle posizioni contrarie della Lega e di Fratelli d’Italia, che dall’opposizione possono giocare un ruolo importante ma non determinante quanto quello che potrebbe giocare il M5s, che invece rappresenta circa i 2 terzi della maggioranza di governo.

Un M5s che, ed è importante chiarirlo, esprime posizioni non perfettamente unitarie al suo interno, con parlamentari apertamente contrari alla ratifica del trattato, ed altri che ritengono vadano apportate modifiche sostanziali rispetto a quelle oggetto del dibattito di questi giorni, ma per lo più, il Mes così come viene proposto, non piace nemmeno ai pentastellati.

Salvini: “il sì al Mes sarebbe la rovina per milioni di Italiani”

Matteo Salvini in questi giorni si è pronunciato più volte contro il Mes. “Il sì alla modifica del Mes sarebbe la rovina per milioni di Italiani e la fine della sovranità nazionale” ha dichiarato il leader della Lega. Preoccupazioni, quelle espresse dal Carroccio, che nella maggioranza sono condivise sia da LeU che dal M5s.

Un gruppo di parlamentari grillini ha così chiesto al premier Giuseppe Conte di riferire in Aula, e intanto il leader del M5s Luigi Di Maio ha dichiarato che “una riforma del Mes che stritola l’Italia non è accettabile”. Risultato? Il presidente del Consiglio riferirà in Parlamento lunedì 2 dicembre, e farà luce sull’intera faccenda.

Cos’è il Mes e cosa prevede

Ma di cosa si tratta esattamente? Insomma in cosa consiste questo trattato soprannominato fondo salva-Stati? La bozza diffusa dopo l’Eurogruppo di giugno contiene diverse novità rispetto al testo originale, novità accolte positivamente da alcuni esperti, che però potrebbero rappresentare un problema per l’economia italiana. O almeno queste sono le preoccupazioni dell’area sovranista del Paese, ma non solo.

In particolare sono emerse perplessità in merito alla maggiore probabilità di dover ristrutturare il debito pubblico, il che, per i Paesi con i conti meno in ordine, potrebbe produrre effetti negativi sull’economia, e l’Italia si troverebbe a dover affrontare fenomeni di speculazione ai suoi danni.

Ma proviamo ad andare con ordine. L’aumento delle probabilità di dover ristrutturare il debito pubblico dipende in particolare dalle nuove Clausole di azione collettiva (Cac), che sono state introdotte nell’Eurozona nel 2013 e sono collegate ai titoli del debito pubblico. Grazie a queste clausole i Paesi membri possono rinegoziare i termini del titolo, ed in particolare interessi e scadenze. Soprattutto vi si ricorre nei casi di crisi del debito, per poter procedere con una risutrutturazione dello stesso che sia maggiormente ordinata e prevedibile.

Fino ad oggi, per poter apportare modifiche ai termini del titolo era necessaria l’approvazione della maggioranza dei detentori dei titoli di debito, non solo sul totale, ma anche su ogni singola sottocategoria dei titoli stessi. In questo caso si parla di “clausola di azione collettiva a doppia maggioranza”.

Ed è proprio qui che troviamo la prima modifica al Mes, che prevedrebbe il passaggio dalle clausole di azione collettiva a doppia maggioranza a clausole di azione collettiva a maggioranza singola. Non serviranno più due maggioranze ma solo una, quella sul totale dei detentori del debito, mentre eventuali maggioranze relative alle sottocategorie non avranno voce in capitolo per quel che riguarda la ristrutturazione del debito.

Le linee di credito precauzionali

Le linee di credito precauzionali sono sostanzialmente due: una è la Precautionary Conditioned Credit Line (Pccl) e l’altra è la Enhanced Conditions Credit Line (Eccl). Entrambe hanno la funzione di evitare che crisi di scarsa importanza possano sfociare in crisi più gravi, ed ecco che a tale scopo si procede generalmente con un prestito di denaro allo Stato in difficoltà che dovrebbe dare il risultato di tranquillizzare i mercati e scoraggiare le speculazioni.

Ci sono però delle condizioni che gli Stati devono necessariamente accettare per pote accedere alla Pccl, e sono fissate in un Memorandum d’Intesa. Tra le condizioni ivi riportate quella di un deficit e un debito pubblico in ordine, l’assenza di problemi di insolvenza del sistema bancario, e la facilità a finanziarsi sui mercati finanziari negli anni precedenti.

Con la riforma cosa cambierà? Cambierà che questi criteri di stabilità, ai quali si andranno ad aggiungere ulteriori specifiche, dovranno essere rispettati ex ante dai Paesi che intendono accedere alla Pccl. Il debito pubblico del Pese in questione non potrà essere solo genericamente sostenibile, ma dovrà necessariamente risultare inferiore al 60% del Pil, oppure convergente verso quel target con una riduzione di un ventesimo all’anno.

Giampaolo Galli, dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, ritiene che il principale punto critico della riforma del Mes non risieda nella possibilità di ristrutturare il debito pubblico, cosa che abbiamo già visto accadere in Grecia, ma piuttosto nell’idea che la ristrutturazione del debito diventi essa stessa una precondizione automatica per poter accedere ai finanziamenti necessari per uscire da una situazione di crisi.

E qui si va a collocare poi un altro probelma, rappresentato dall’aumento dei poteri del MES a discapito di quelli della Commissione Ue. Il Mes opera di fatto come un organismo più tecnico che politico, e in quanto tale non sarebbe soggetto alle pressioni dei governi dei Paesi membri, più di quanto non lo sia un qualsiasi istituto privato.

Vi è poi la seconda linea di credito, la Eccl, e questa non viene toccata dalla riforma. La Eccl viene concessa a Stati che si trovano in una situazione comunque solida, ma non abbastanza per poter accedere alla Pccl. In questo caso ai Paesi membri Ue viene chiesto di fornire una lettera di intenti sul bilancio pubblico, senza alcun impegno concreto in fatto di piani di riforma.

Vediamo quindi cosa succederebbe dopo l’approvazione delle modifiche del Mes. Secondo una simulazione di Bruegel, 10 Paesi membri su 19 non sarebbero in grado di soddisfare le condizioni per poter accedere alla Pccl. L’Italia naturalmente è tra quei 10, ma potrebbe avere comunque accesso alla Eccl, che prevede un programma meno invasivo di quelli dei prestiti che sono stati a suo tempo concessi a Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro.

Resta però da prendere in esame un altro aspetto. Secondo il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il semplice annuncio che l’Italia si trovi nelle condizioni di dover procedere con la ristrutturazione del proprio debito pubblico potrebbe scatenare la speculazione sui titoli di Stato, con conseguente inevitabile aumento dello spread.

Secondo LaVoce.info tale considerazione è da ritenersi legata alla decisione dei riformatori del Mes di introdurre una clausola che rischia di rendere più facile l’imposizione di una perdita a coloro che acquistano titoli di Stato a partire dal 2022. Ciò comporterebbe di fatto una richiesta di maggiori rendimenti da parte di chi acquista titoli di Stato come quelli italiani, cioè di un Paese percepito come a rischio.

E si torna al punto della natura del Mes, tecnica o politica? Sarebbe questa l’origine di buona parte dei problemi legati al fondo salva-Stati, le cui finalità sono secondo gli scettici contraddittorie. Istituire un fondo che ha la funzione di “salvare gli stati” che hanno un debito al di sotto del 60% e bilancio in pareggio, sarebbe di fatto come dare un sussidio di disoccupazione a chi ha un lavoro ed è regolarmente retribuito.

Non solo, che senso ha per l’Italia continuare a contribuire con le imposte a finanziare il fondo di una banca che non ci farebbe credito? Questo il punto degli scettici, mentre secondo i sostenitori della riforma essere nell’Eurozona non vuol dire pretendere finanziamenti incondizionati, ed il Mes viene visto come una banca che prima di concedere prestiti si assicura che ci siano delle garanzie reddituali o patrimoniali.

Fabio Pennetta, direttore generale della Banca d’Italia invece non trova grandi criticità. “Tutta quest’agitazione non l’ho capita, per noi non cambia nulla” dice Pennetta “dal punto di vista tecnico ciò che c’era nel vecchio meccanismo lo ritroviamo adesso”.

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