Scontri in Siria, Damasco colpisce la Turchia, 33 morti. Ankara risponde uccidendo 16 militari siriani

Nella notte tra giovedì e venerdì si sono verificati nuovi scontri tra le forze governative di Damasco, sostenute dalla Russia, e forze turche apertamente schierate con i ribelli anti-Damasco. Negli scontri hanno perso la vita 29 soldati turchi, e la reazione di Ankara non si è fatta attendere, con attacchi diretti contro obiettivi militari situati nelle province di Aleppo, Hama e Latakia nel corso dei quali sono rimasti uccisi 16 militari siriani.

La situazione potrebbe quindi portare ad una nuova escalation di violenza, dopo diverse settimane in cui la tensione ha continuato a crescere per sfociare in quello che è accaduto nottetempo. Stando a quanto riportato da IlFattoQuotidiano, si è trattato di un bombardamento diretto contro le forze turche dai caccia di Damasco e dei suoi alleati di Mosca.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan ha subito accusato Damasco e non ha perso tempo, provvedendo poi a contrattaccare con bombardamenti di obiettivi militari nel corso dei quali però sarebbero rimasti uccisi anche dei civili. Il contrattacco turco è stato diretto soprattutto verso le basi militari situate nelle provincie di Aleppo, Hama e Latakia.

Il bollettino è di 16 militari siriani morti, per un totale di 329 soldati “neutralizzati” vale a dire feriti oppure uccisi. Tra gli obiettivi colpiti dalla controffensiva di Ankara anche obiettivi militari siriani in prima linea a Idlib attraverso il fuoco dell’artiglieria.

In tutto gli obiettivi militari colpiti dalle forze turche sarebbero oltre 200 secondo quanto riferito dal ministro della Difesa Hulusi Akar. Il contrattacco portato a termine dall’esercito turco avrebbe permesso di distruggere inoltre 5 elicotteri, 23 carri armati, e 10 mezzi armati, oltre che un buon numero di depositi e armi di Damasco.

Si attendeva per le ore 1.30 turche il discorso del presidente Erdogan che però non c’è stato. Ha invece rilasciato una breve dichiarazione il capo della comunicazione del primo ministro turco, Fahrettin Altun. “Tutte le posizioni note del regime siriano vengono prese di mira dalle nostre unità terrestri e aeree” ha dichiarato Altun, che ha poi invitato: “la Comunità internazionale e, in particolare i partecipanti al processo di Astana (Iran e Russia ndr) ad assumersi le proprie responsabilità”.

Nel frattempo è arrivata anche la dichiarazione del vicepresidente turco, Fuat Oktay, che ha affermato: “il Capo dello Stato terroristico Assad passerà alla storia come un criminale di guerra e gli elementi del regime pagheranno un caro prezzo per questo attacco orribile”.

Ed è proprio Mosca a rafforzare le difese dislocate nel Mar Mediterraneo con l’invio di due fregate lanciamissili, la Ammiraglio Makarov e la Ammiraglio Grigorovich, che già in passato erano state impiegate per operazioni militari russe in Siria.

Il portavoce della flotta russa nel Mar Nero, Aleksey Rulev, ha affermato che le due fregate stanno entrando nel Mediterraneo “attraverso gli stretti turchi del Bosforo e dei Dardanelli” e che “si uniranno alla task force della Marina russa permanentemente di stanza nel Mediterraneo”.

Ad ogni modo, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Interfax, le forze aeree russe ieri non erano coinvolte nelle azioni di combattimento che si sono svolte nella zona siriana di Behun, nel corso delle quali alcuni militari di Ankara sono finiti sotto il fuoco dell’esercito siriano. Inoltre sempre la stessa agenzia ha evidenziato che i militari turchi colpiti dalle forze di Damasco erano “nelle formazioni dei terroristi”.

Intanto il ministro della Difesa di Ankara, Hulusi Akar, ha raggiunto la provincia di Hatary, situata sul confine tra Siria e Turchia, al fine di controllare personalmente lo schieramento dei militari turchi dopo un incontro straordinario sulla sicurezza con il presidente Erdogan.

Nel corso della sua visita il ministro Akar ha ispezionato insieme ad alcuni comandanti dell’esercito turco, le unità di terra e di aria di stanza a Idlib che sono state attaccate dall’esercito di Damasco.

Ankara ha quindi chiesto che venga istituita una no-fly zone per le aree in cui si raccolgono i rifugiati del conflitto nella provincia siriana. Il capo della comunicazione del premier turco, Altun, a tal proposito a scritto su Twitter: “la comunità internazionale deve agire per proteggere i civili e imporre una no-fly zone” nella regione di Idlib.

E nel suo post si legge anche: “una ripetizione dei genocidi del passato come in Ruanda e Bosnia non può essere permessa” assicurando che le forze di Ankara non abbandoneranno l’area “al suo destino” e ancora “vorrebbe dire che i sogni del regime si realizzeranno. Hanno compiuto una pulizia etnica e demografica nella regione. Non possiamo girarci dall’altra parte”.

Per gli USA si tratta di una “odiosa offensiva contro le forze turche”

Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato ha annunciato la convocazione del Consiglio del Nord Atlantico, che è composto da ambasciatori di tutti e 29 gli Stati che fanno parte della Nato, più quello della Macedonia del Nord in qualità di Paese invitato.

È stato il Governo turco a chiedere le consultazioni sulla situazione in Siria, ed il segretario Stoltenberg non ha mancato di rimarcare le responsabilità asserendo che gli “attacchi aerei indiscriminati da parte del regime siriano e del suo atteato russo” sono da condannare, e ha chiesto che si vada prima possibile verso una “de-escalation”.

Il segretario generale della Nato ha anche incontrato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlüt Cavusoglu, al quale ha rivolto lo stesso invito. Stoltenberg ha infatti esortato “tutte le parti a ridurre questa situazione pericolosa ed evitare di aggravare ulteriormente la spaventosa situazione umanitaria nella regione”.

Dalla parte della Turchia si schiera apertamente il Dipartimento di Stato USA che definisce l’attacco condotto contro le forze turche da parte di Damasco “odiosa offensiva” e ha aggiunto: “noi siamo con il nostro alleato della Nato, la Turchia, e la sosterremo”.

Il portavoce dell’Onu, Stephanie Dujarric, ha riferito che il segretario generale Antonio Guterres “ribadisce la sua richiesta di un immediato cessate il fuoco ed esprime particolare preoccupazione per il rischio per i civili con una escalation delle azioni militari” e ribadisce che “non esiste una soluzione militare al conflitto in Siria, l’unica soluzione è un processo politico facilitato dalle Nazioni Unite”.

Per conto della Ue, è l’Alto rappresentante per la Politica estera, Josep Borrell a chiedere una immediata de-escalation. Ha infatti annunciato che “prenderà in considerazione tutte le misure necessarie a proteggere i suoi interessi di sicurezza”.

I Governi di Italia e Francia, in occasione del vertice intergovernativo di Napoli, hanno definito “inaccettabile” la nuova offensiva di Damasco e hanno affermato che è di “massima importanza che gli autori di violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale relativo ai diritti umani debbano rendere conto dei loro atti. È la ragione per la quale la Francia e l’Italia chiedono alla Corte penale internazionale di occuparsi della situazione in Siria“.

La Turchia avverte l’Ue “non fermeremo più i migranti diretti in Grecia”

Gli argomenti del Governo di Ankara non presentano particolari novità. La Turchia sa come richiamare l’attenzione degli alleati Nato e dell’Unione Europea, e non esita a farlo. Un alto funzionario del Governo turco ha fatto sapere che i migranti diretti in Europa non verranno più fermati.

Non chiuderemo più i nostri confini ai rifugiati che vogliono andare in Europa” ha dichiarato Ankara, rendendo nota una decisione che sarebbe stata presa nottetempo dal consiglio di sicurezza straordinario presieduto dallo stesso Recep Tayyip Erdogan. E stando a quanto riportato da alcuni media, ci sarebbero diversi gruppi di migranti diretti verso il confine con la Grecia nella Turchia occidentale.

Una situazione, quella in cui si trovano le zone della Siria interessate dagli scontri armati, che è stata descritta dall’Ufficio Onu per il coordinamento umanitario (Ocha). Stando agli ultimi dati diffusi, siamo nel pieno di una crisi umanitaria con 950 mila civili siriani sfollati nella regione di Idlib. A partire dall’1 dicembre fino ad oggi sarebbero circa 948 mila gli sfollati, dei quali 569 mila sarebbero minori, e 195 mila donne. In tutto donne e bambini rappresentano l’81% dell’intera comunità di sfollati siriani.

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