La Cina rifà i conti, a Wuhan le vittime del coronavirus diventano 3.869

Erano già state espresse alcune perplessità circa il numero dei contagi e quello delle vittime del coronavirus registrati in Cina. Nel merito vi sono tuttora delle indagini in corso, con il prima linea gli Stati Uniti, che continuano a non vederci chiaro.

Intanto però è lo stesso Governo cinese a confermare di aver fatto male i conti, vedendosi quindi costretto a correggere il tiro e rivedere le cifre al rialzo. I morti nella città di Wuhan, epicentro dell’epidemia di Covid-19, diventano così 3.869, vale a dire 1.290 in più di quelli di cui eravamo al corrente, e 50.333 casi di contagio, solo 325 in più rispetto a prima.

Ma a cosa sono dovute queste nuove cifre? Il quartier generale municipale impegnato nella prevenzione e controllo del coronavirus, stando a quanto riportato dai media locali, ha spiegato che la “revisione è conforme a leggi e regolamenti, e al principio di essere responsabili verso la storia, le persone e i defunti”.

Questa decisione però non potrà che alimentare i già nutriti dubbi sull’affidabilità dei dati che dalla Cina sono stati trasmessi all’Oms. La stessa Oms che rischia di vedersi sospendere i fondi dagli USA, come annunciato dal presidente Donald Trump appena qualche giorno fa.

I media cinesi hanno fatto sapere che le autorità hanno intrapreso un lavoro puntiglioso di verifica delle informazioni pervenute dalle strutture che hanno operato nel corso dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del coronavirus, comprese le cliniche, gli ospedali ufficiali e quelli improvvisati, i siti di quarantena, le comunità che hanno registrato casi di contagio, ma anche quei siti speciali sotto l’amministrazione di autorità giudiziarie, di pubblica sicurezza e degli affari civili, tra cui istituti detentivi e centri di assistenza per anziani.

Ed è attraverso questo lavoro che è stata resa evidente la discrepanza con i dati resi noti fino ad oggi. La correzione è dovuta, secondo quanto riportato nella nota “ai seguenti motivi: in primo luogo, un numero crescente di pazienti nella fase iniziale dell’epidemia ha travolto le risorse e le capacità di ricovero delle istituzioni mediche” e ciò ha prodotto una serie di problemi nella gestione dei dati.

Il conteggio delle vittime è risultato inesatto perché, a causa del sovraffollamento delle strutture ospedaliere, molte persone sono decedute nelle proprie abitazioni. Inoltre proprio per via dell’esaurimento dei posti letto, i contagiati più gravi venivano portati in ospedali improvvisati realizzati in breve tempo nel territorio della città di Wuhan, ma che non sempre erano “collegati alla rete di informazioni sull’epidemia” e quindi non riuscivano a comunicare i dati tempestivamente, senza contare che in più casi si sono registrate informazioni incomplete e “c’erano ripetizioni ed errori nelle segnalazioni”.

Dalla Cina un appello all’unità

Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha lanciato un appello all’unità, sottolineando che la pandemia da Covid-19 non è “ancora sotto controllo”.

Il commento è riferito alle dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, che un paio di giorni fa ha espresso dubbi sull’affidabilità delle informazioni sul coronavirus trasmesse dalla Cina. “Sono successe cose che non sappiamo” aveva osservato, facendo coro a quanto già rilevato dal presidente USA e dal segretario di Stato Mike Pompeo, nonché dal ministro degli Esteri del Regno Unito, Dominic Raab.

Pechino ha sottolineato che da parte sua c’è stata la massima trasparenza in merito alla gestione della pandemia di Covid-19, ribadendo che “il Governo non permetterebbe mai” insabbiamenti di dati o informazioni. Il portavoce Lijian ha a tal proposito precisato che “la revisione è il risultato di una verifica statistica per garantire l’accuratezza, seguendo una pratica internazionale comune”. Le autorità hanno quindi provveduto a rialzare i decessi del 50% in considerazione di “segnalazioni errate, ritardi e omissioni”.

Per la prima volta dal ’92 in Cina crolla il PIL

Secondo quanto reso noto dall’Ufficio statistico nazionale cinese, il primo trimestre 2020 in Cina si chiude con una contrazione del PIL del 6,8% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Un dato importante perché offre uno scenario da tenere in considerazione nella valutazione dell’impatto della pandemia di coronavirus sull’economia. In Cina il PIL non subiva una contrazione dal 1992, cioè da quando è iniziata la registrazione dei dati relativi alla crescita trimestrale della seconda economia su scala globale.

Nell’ultimo trimestre 2019, il PIL cinese era in crescita del 6%, ma questo era prima dell’esplosione del focolaio di coronavirus di Wuhan. Nel primo trimestre 2020, su base congiunturale, il PIL è sceso del 9,8%, mentre nei tre mesi precedenti aveva avuto un’espansione dell’1,5%.

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