Ungheria, quarto Paese per somministrazioni, non prende parte al nuovo accordo Ue

E’ stato da poco confermato lo strappo definitivo tra Ungheria e Unione Europea sul tema dei vaccini. Pare infatti che l’Ungheria, unico Paese tra i 27 Stati membri dell’Unione, abbia deciso di non prendere parte al nuovo accordo che Bruxelles ha stretto con Pfizer-BioNTech.

Si tratta in realtà di un’intesa già annunciata da tempo, ma in questi giorni è stata finalmente ufficializzata. Grazie a questo accordo, l’Ue si è assicurata una fornitura da 900 milioni di vaccini Pfizer-BioNTech, con l’opzione di aggiungerne un ugual numero in seguito.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affermato: “la produzione e la consegna nell’UE fino a 1,8 miliardi di dosi sono garantite. I potenziali contratti con altri produttori seguiranno lo stesso modello, a vantaggio di tutti“.

Un portavoce di Bruxelles ha però sottolineato che “l’Ungheria è l’unico Paese che ha rinunciato al nuovo accordo siglato”, poiché il premier ungherese, Viktor Orban, forte del successo riscontrato dopo le prime fasi della campagna vaccinale, ha deciso di prendere iniziative diverse per quanto riguarda il tema dei vaccini.

Perché il premier ungherese ha preso questa decisione?

Osservando la classifica dei Paesi che, in Europa e nelle Americhe, hanno somministrato il maggior numero di dosi per numero di abitanti, possiamo notare che l’Ungheria occupa una delle prime posizioni (quarto posto). Per il momento, prima di Budapest troviamo Malta, San Marino e il Regno Unito.

In Ungheria, infatti, vediamo che circa la metà della popolazione è già stata vaccina (49,5%), mentre, volendo fare un paragone, in Italia la percentuale di cittadini vaccinati ammonta a 32,4%, in Germania a 37,8% e in Francia a 30,6%.

Si tratta di una differenza dovuta ad una motivazione ben precisa. Infatti mentre all’inizio della campagna vaccinale tutta l’Ue era in difficoltà a causa dei ritardi nelle consegne da parte delle case farmaceutiche (Pfizer e AstraZeneca), Budapest ha deciso di iniziare la somministrazione anche di prodotti non ancora approvati dall’Ema.

Al momento, infatti, in Ungheria si sta procedendo con la somministrazione di ben 7 prodotti differenti, ossia: AstraZeneca, con la sua versione indiana Covischield, Pfizer-BioNTech, Moderna, Sputnik V, Johnson & Johnson e i cinesi CanSino e Sinopharm.

Lo stesso premier ungherese ha ricevuto una dose del vaccino cinese Sinopharm, ma una relazione governativa pubblicata recentemente ha indicato il vaccino russo Sputnik V come migliore: “ha il più basso tasso di mortalità e il più basso di ricontaminazione”.

Questa affermazione, però, come prevedibile, ha subito suscitato la risposta dell’americana Pfizer che ha sottolineato come il suo siero, a differenza di molti altri candidati, sia stato utilizzato maggiormente per le fasce d’età più anziane della popolazione.

Dati i numerosi vaccini a disposizione al momento, con risultati soddisfacenti sul fronte dell’efficacia nel prevenire le forme più gravi della malattia causata da Covid-19, non dovrebbe stupire completamente la decisione presa dal premier ungherese di non prendere parte al patto stretto dall’Ue.

Inoltre questa scelte farà risparmiare una grande quantità di denaro a Budapest perché pare, secondo alcune indiscrezioni, che il nuovo contratto preveda un costo di 19,5 euro a dose, a fronte dei 12 euro previsti dall’accordo precedentemente stretto dall’Unione con il colosso americano.

Il vaccino prodotto da AstraZeneca, in collaborazione con l’Università di Oxford, invece, costerebbe circa 2 euro a dose, mentre per Sputnik V, Johnson & Johnson e i candidati cinesi, il prezzo si aggira attorno ai 10 euro per dose, in pratica la metà di quanto ci costerebbe, il prossimo anno, una singola dose del vaccino prodotto da Pfizer.

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