Da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet Global Health” è emerso che grazie ad un farmaco antidepressivo, noto come fluvoxamina, è possibile ridurre il rischio di una possibile osservazione prolungata e del ricovero in pazienti a cui è stato diagnosticato precocemente il Covid-19.
La ricerca che ha dato questi risultati è stata condotta in Brasile tra pazienti ambulatoriali adulti ad alto rischio e i risultati ottenuti attraverso questo studio rappresentano un punto di svolta nella comprensione del ruolo che questo farmaco ha nella ricerca di terapie a basso costo ed ampiamente disponibili per trattarre il Covid-19.
Covid: ecco l’antidepressivo che è in grado di ridurre il rischio di ricovero
Dallo studio condotto in Brasile è emerso quindi che i pazienti trattati con fluvoxamina presentavano un rischio minore di essere ricoverati in ospedale a causa dell’infezione da Sars-CoV-2. Al termine della ricerca è stato osservato che tra i 741 partecipanti, tutti trattati con fluvoxamina, solamente 79 hanno avuto bisogno di cure mediche per un lasso di tempo superiore a 6 ore, oppure sono stati ricoverati.
Osservando il secondo gruppo, invece, costituito da 756 partecipanti a cui era stata somministrata una dose placebo, ben 119 individui hanno avuto bisogno di cure mediche o sono finiti ricoverati in ospedale.
Il co-ricercatore principale del lavoro, Edward Mills della McMaster University, ha affermato che “i recenti sviluppi e le campagne di vaccinazione si sono dimostrati importanti per ridurre il numero di nuovi casi sintomatici, ricoveri e decessi dovuti a Covid. Tuttavia la malattia rappresenta ancora un rischio per le persone con risorse limitate e accesso limitato alle vaccinazioni”.
“Identificare terapie poco costose – ha poi aggiunto l’esperto – ampiamente disponibili ed efficaci, è quindi di grande importanza ed è di particolare interesse riutilizzare i farmaci esistenti che sono ampiamente disponibili e hanno profili di sicurezza ben compresi”.
Durante lo studio, il cui trial ha avuto inizio già a giugno dello scorso anno, è stata valutata l’efficacia di 8 trattamenti riproposti per la cura del Covid-19 su pazienti ambulatoriali adulti considerati ad alto rischio. Tutti i soggetti che hanno deciso di prendere parte allo studio erano brasiliani positivi al Covid e considerati a rischio per almeno un fattore.
Questi inoltre presentavano degli evidenti sintomi della malattia causata dal Sars-CoV-2 e non erano ancora stati vaccinati. Dai dati raccolti è poi emerso che nei pazienti trattati con fluvoxamina il rischio di ospedalizzazione prolungata si riduceva del 5% rispetto al gruppo che non aveva ricevuto l’antidepressivo, con una riduzione del rischio relativo pari al 32%.
Sono stati ottenuti dei risultati decisamente positivi anche per quanto riguarda il tasso di mortalità, in quanto nel gruppo che aveva ricevuto l’antidepressivo è stato registrato un solo decesso, mentre nel gruppo di controllo (che aveva ricevuto la dose placebo) i decessi salgono a 12.
Ma cos’è precisamente la fluvoxamina?
L’antidepressivo utilizzato, la fluvoxamina, è un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (SSRI), che viene già impiegato per il trattamento di patologie come il disturbo ossessivo compulsivo e la depressione.
Il motivo per cui questo farmaco è stato preso in esame è legato ad alcune sue proprietà. Pare infatti che questo farmaco possegga anche delle proprietà antiinfiammatorie, utili nel contrastare la forte risposta immunitaria legata all’infezione da Sars-CoV-2.
Angela Reiersen, associato di psichiatria alla Washington University di St. Louis e co-autrice, ha infatti affermato: “la fluvoxamina può ridurre la produzione di molecole infiammatorie chiamate citochine, che possono essere innescate dall’infezione da Sars-CoV-2″.
“I nostri risultati sono coerenti con studi precedenti e più piccoli – aggiunge infine Gilmar Reis, co-ricercatore principale dello studio condotto in Brasile – “data la sicurezza, la tollerabilità, la facilità d’uso, il basso costo e la disponibilità diffusa della fluvoxamina, questi risultati possono avere un’influenza importante sulle linee guida nazionali e internazionali sulla gestione clinica del Covid-19″.
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