Vaccino under 19, secondo i dati dell’ISS per loro il Covid è mille volte meno pericoloso rispetto agli over 70

Se si osservano i dati registri da inizio pandemia ad ora si può notare che in Italia vi sono stati in tutto 36 decessi nella fascia 0-19 anni. Fra questi, 15 avevano meno di 9 anni mentre i restanti 21 erano adolescenti di età compresa tra i 10 e i 19 anni.

Analizzando più in dettaglio queste due fasce è emerso che il tasso di letalità più basso si è registrato tra i 6 e i 10 anni, che risulta essere dello 0,0032%, seguito poi da quello tra i 14 e i 19 anni, che risulta essere invece dello 0,0037%.

Già vedendo questi dati, tratti dall’ultimo bollettino settimanale disponibile sul portale Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità, si nota che sono percentuali davvero minime. Proprio per questo motivo ora gli esperti si trovano divisi sul tema della vaccinazione dei più piccoli.

Ma tutto ciò può essere capito megli se si rapporta il tasso di letlità della fascia 0-9 anni con quello registrato nelle altre decadi di età. Un bambino al di sotto dei 10 anni, positivo al Covid-19, ha:

  • 5.184 volte meno probabilità di morire di un ultranovantenne positivo;
  • 3.680 volte meno probabilità di morire di un soggetto contagiato di età compresa tra gli 80 e gli 89 anni;
  • 1.705 volte meno probabilità di morire di un contagiato che presenta tra i 70 e i 79 anni di età;
  • 509 volte meno probabilità di morire di un positivo tra i 60 e i 69 anni di età;
  • 113 volte meno probabilità di morire di un contagiato di età compresa tra i 50 e i 59 anni.

Ma non è tutto. Le differenze si fanno ancora più alte se si parla invece degli adolescenti, alcuni dei quali sono già inclusi nell’attuale campagna vaccinale. In definitiva, i bambini, secondo i dati raccolti in Italia a partire da febbraio 2020, se contagiati hanno mille volte meno probabilità di morire degli ultracinquantenni.

Per questo motivo affermare che la vaccinazione dei più piccoli è necessaria per proteggere la loro stessa salute risulta essere un’affermazione che può essere tranquillamente smentita dai dati appena riportati. Semmai si potrebbe dire che la loro vaccinazione sarebbe utile per cercare di proteggere gli anziani, che risultano essere i soggetti più fragili, quindi si parlerebbe solo di vaccinazione per esigenze di salute pubblica generale e non per tutelare la loro salute.

Il caso Moderna: sconsigliato ai giovani per alto rischio miocarditi

In questi giorni la Francia ha sconsigliato la somministrazione del vaccino prodotto da Moderna nei soggetti di età inferiore ai 30 anni, sia per la prima che per la seconda dose. Secondo uno studio condotto in questi mesi, infatti, pare che il vaccino in questione provochi un aumento dei rischi di miocardite e pericardite in questa particolare fascia della popolazione.

Dando uno sguardo ai mesi scorsi vediamo che anche Svezia e Danimarca avevano deciso di interrompere in via precauzionale la somministrazione del vaccino di Moderna per i giovani e nelle settimane successive all’annuncio, l’Agenzia europea del farmaco ha avviato una revisione dei dati sui casi di infiammazione cardiaca registrati.

Dal recente studio condotto, quindi, è emerso che “il vaccino di Moderna aumenta il rischio di miocardite e pericardite” negli under 30. Dopo aver esaminato i dati, la HAS, l’autorità sanitaria francese, ha deciso di sconsigliarne l’utilizzo per questa fascia d’età, raccomandando invece l’utilizzo del vaccino Pfizer-BioNTech.

Lo studio in questione è stato condotto tra il 15 maggio e il 31 agosto, e ha preso in esame alcuni di casi di miocardite, un’infiammazione che riguarda il miocardio, ossia il muscolo principale del cuore, e di pericardite, un’infiammazione che riguarda il pericardio, ossia la membrana che circonda il cuore, coinvolgento pazienti di età compresa tra i 12 e i 50 anni.

In tutto sono stati rilevati 919 casi di miocardite e 917 di pericardite, ma per fortuna nessun paziente è deceduto nonostante la delicata condizione clinica. Nonostane ciò, i ricercatori hanno concluso che il numero di casi attribuibili ai vaccini appare poco frequente in relazione al numero di dosi somministrate. Questo studio conferma anche l’esito clinico favorevole dei casi di miocardite e pericardite dopo la vaccinazione“.

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