Evergrande sfugge di nuovo alla bancarotta, è la terza volta in un mese e non è finita

Anche questa volta l’esito è stato favorevole alla Evergrande, quella che possiamo considerare una sorta di Lehman Brothers cinese, che è riuscita a sfuggire per la terza volta nel giro di un solo mese alla bancarotta.

L’iniziativa questa volta era della società di consulenza tedesca DMA, che aveva appunto chiesto formalmente la bancarotta per via della scadenza dei termini di un mese per il pagamento dei debiti contratti.

Ma anche questa volta la Evergrande è riuscita a scamparla per un pelo. Sembrava infatti ormai cosa fatta, e da Reuters scrivono che la banca si è rifiutata di rispondere riguardo il pagamento dell’ultimo coupon, dopodiché alla Borsa di Hong Kong hanno tirato un respiro di sollievo eppure la faccenda è tutt’altro che archiviata.

Per Evergrande infatti si avvicinano altre scadenze da onorare, a cominciare da quella del 28 dicembre 2021, per la quale è previsto il pagamento dei coupon sui bond al giugno 2023 e 2025 per un importo complessivo di 255 milioni di dollari.

In tutto, occorre ricordarlo, la passività della Evergrande raggiunge i 305 miliardi, e questa volta il periodo di tolleranza per il pagamento dei debiti era stato oltrepassato. Ad essere in difficoltà comunque non è solo la Evergrande, perché la cosa è in realtà molto più estesa, e riguarda una bolla immobiliare di cui si parlava già ai tempi in cui fallì la Lehman Brothers, e all’epoca l’economia cinese appariva più che solida.

Prima abbiamo visto barcollare in modo preoccupante la Evergrande, poi è toccato a Kaisa, il più grande debitore cinese (dopo Evergrande naturalmente) e in questo caso la situazione è altrettanto instabile, infatti secondo Standard & Poors “potrebbe non essere in grado di ripagare i debiti in tempo”.

E nel mese appena trascorso i fallimenti non sono mancati, come quello di Sinic. Infatti dopo Evergrande, che è la più grossa e più indebitata compagnia cinese, ce ne sono molte altre e ciò significa che l’economia cinese in questo periodo continua ad essere molto difficile da interpretare.

Nei primi mesi dopo la fase più acuta della pandemia, la Cina era apparsa in grado di ripartire meglio e prima di tutte le altre grandi economie mondiali, ma con quanto accaduto ad Evergrande e alle altre non si possono che nutrire seri dubbi in merito.

L’economia cinese ha infatti subito un forte rallentamento indipendentemente dal caso Evergrande, e questo rallentamento ha avuto inizio persino prima dell’emergenza Coronavirus. Anzi, l’avvento della pandemia è risultato così provvidenziale per l’economia cinese da sembrare sospetto.

Ora i timori sono legati soprattutto ad una possibile crisi in grado di coinvolgere anche le grandi compagnie di e-commerce come Alibaba o le compagnie di high tech come Tencent.

A traballare quindi non è solo Evergrande e non è solo il settore immobiliare, anche se per quel che riguarda quest’ultima, qualche avvisaglia in fondo c’era, come la proliferazione di città fantasma in Cina ma non solo.

Ma quali potrebbero essere gli effetti per le altre grandi economie mondiali di una crisi economica cinese? Quando nel 2008 esplose la crisi dell’economia Usa, la Cina era diventata automaticamente la “locomotiva del mondo”.

Il modello cinese sembrava funzionare molto bene, e d’altra parte il prezzo di questo ‘successo’ era pagato dalle classi lavoratrici, che forniscono “manodopera a basso costo”. Parliamo però di un modello assolutamente inaccettabile in un Paese liberal-democratico, visto che le condizioni di lavoro degli operai cinesi erano così disumane da indurre al suicidio.

Un modello che ad alcune grandi compagnie non poteva che tornare più che mai utile, ed ora sembra che i Paesi occidentali stiano cercando in tutti i modi di importare questo modello politico autoritario, ed una delle tappe più importanti è quella dell’estensione del Green Pass, per poi arrivare al credito sociale già utilizzato in diverse grandi città cinesi.

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