Nuovo emendamento al Decreto Bollette, ecco da quando potrebbe entrare in vigore la nuova stretta

Per gli uffici pubblici arriva una nuova stretta contro la crisi energetica: termosifoni più bassi e aria condizionata più alta.

A introdurre questa novità è un emendamento al Decreto Bollette, che è già stato approvato e lunedì andrà in Aula alla Camera. Si tratta del primo provvedimento concreto contro il caro energia e, soprattutto, contro il rischio di una sospensione delle forniture in caso di maggiori sanzioni con la Russia sul gas, e questo riguarda direttamente la pubblica amministrazione.

Con l’approvazione di questo emendamento, la media ponderata della temperatura degli edifici pubblici cambierebbe, infatti il nuovo range andrebbe dai 19 ai 27 gradi. L’emendamento in questione è già stato approvato dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera.

E’ stato presentato dal Movimento 5 Stelle e poi riformulato da parte del Governo, attraverso la viceministra all’Economia Laura Castelli. Vediamo quindi quando potrebbe arrivare la prima stretta contro la crisi energetica.

Quando potrebbe arrivare la nuova stretta per gli uffici pubblici?

La novità che riguarda direttamente gli uffici pubblici potrebbe essere introdotta a breve, ossia già a partire dal primo maggio 2022, e resterà in vigore per poco meno di un anno, fino a marzo 2023. Come già affermato, si tratta di una stretta valida solamente per gli uffici della pubblica amministrazione, quindi per il momento non sono previste delle norme simili anche per le imprese o per le abitazoni private.

Aria condizionata e termosifoni, cosa cambia per la pubblica amministrazione?

Le nuove temperature da rispettare negli uffici pubblici a partire (probabilmente) dal primo maggio 2022, sono: 19 gradi per i riscaldamenti e 27 gradi per l’aria condizionata.

In entrambi i casi, però, è previsto un margine di 2 gradi, quindi nel caso dell’aria condizionata questa può anche scendere fino a 25 gradi, mentre nel caso dei termosifoni, possono essere portati anche a 21 gradi. Il nuovo emendamento va a modificare una legge già approvata nel 2013, la quale prevedeva una temperatura di 20 gradi per i termosifoni e di 26 gradi per l’aria condizionata (anche in questo caso era tollerato un margine di 2 gradi).

Ciò significa, volendo semplificare, che a partire dal prossimo mese si cambierebbe di un grado in entrambi i casi, ossia uno meno in inverno e uno in più in estate. Per il momento vengono esclusi dall’emendamento solo cliniche, ospedali e case di cura.

Cosa comporta questo cambio di temperatura?

Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ha affermato che se si applicasse un regime di questo tipo per i condizionatori e i termosifoni di tutti gli uffici e di tutte le case, si arriverebbe ad una riduzione dei consumi pari a circa 1 miliardo di metri cubi di gas.

Il problema principale è che noi importiamo ben 29 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia. Spegnere del tutto, invece, porterebbe ad una riduzione dei consumi di 10 miliardi di metri cubi di gas per quanto riguarda i condizionatori, mentre nel caso dei riscaldamenti si parlerebbe di una riduzione pari a 20 miliardi di metri cubi.

Tuttavia, si tratta di una soluzione del tutto impossibile da praticare, per ovvi motivi. Per questo motivo il governo sembra maggiormente intenzionato a intervenire puntando su chi consuma più energia, come le industrie, i servizi e i trasporti.

Il governo è pronto ad affrontare una crisi energetica?

Il governo italiano è al lavoro per valutare anche altre opzioni, da mettere in campo in caso di estrema necessità, ad esempio se non dovessero più arrivare forniture di gas da Mosca. Tra le idee allo studio, troviamo quella di spegnere l’illuminazione pubblica per alcune ore durante la notte, oppure di ridurre i limiti di velocità per le automobili.

Inoltre il governo non ha del tutto escluso la possibilità che in futuro possano essere introdotti degli stop programmati, seppur abbastanza limitati.

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