
Dopo aver stupito Wall Street lo scorso mese annunciando un’enorme pipeline di progetti legati all’intelligenza artificiale, Oracle Corp. si trova ora in una fase di riflessione: il titolo ha infatti perso terreno rispetto ai massimi storici, mentre crescono le domande su come l’azienda riuscirà a finanziare l’imponente espansione dei propri data center necessaria per supportare il suo piano di crescita.
Con oltre 455 miliardi di dollari di ricavi futuri contrattualizzati (le cosiddette remaining performance obligations), Oracle non dispone ancora di un’infrastruttura AI sufficiente per soddisfare la domanda generata dai nuovi accordi. È questo, oggi, il principale punto di incertezza per molti investitori.
La crescita rallenta, il debito aumenta
Negli ultimi quattro trimestri, Oracle ha registrato un flusso di cassa libero negativo di quasi 6 miliardi di dollari, un dato che solleva interrogativi sulla sostenibilità del piano di espansione. Le azioni del colosso del software sono comunque aumentate del 75% nel 2025, ma restano in calo del 16% rispetto al massimo storico di 345,72 dollari, toccato all’apice dell’euforia per l’intelligenza artificiale.
Alcuni analisti mantengono un atteggiamento ottimista. Siti Panigrahi, analista di Mizuho, definisce le preoccupazioni sulla liquidità di Oracle “transitorie”, sostenendo che l’azienda può far leva su una combinazione di debito, finanziamenti da fornitori, leasing e partnership creative per finanziare la costruzione dei nuovi data center. Panigrahi si spinge oltre, ipotizzando che Oracle potrebbe persino raggiungere una capitalizzazione da un trilione di dollari, al pari di giganti come Microsoft, Amazon e Alphabet.
Un modello di finanziamento non privo di rischi
Non tutti, però, condividono questo entusiasmo. Michael Green, portfolio manager e chief strategist di Simplify Asset Management, ha avvertito che il crescente ricorso al debito e a strumenti finanziari alternativi potrebbe spingere il mercato dell’AI in territorio di bolla speculativa. Secondo Green, livelli di leva troppo alti rischiano di generare vulnerabilità nascoste che potrebbero esplodere se la domanda per l’AI dovesse rivelarsi inferiore alle aspettative.
Oracle ha già iniziato a sperimentare strategie di finanziamento “creative”. Lo scorso mese, l’azienda ha emesso un bond da 18 miliardi di dollari con scadenza a 40 anni, una mossa insolita che ha sorpreso molti analisti per la sua lunga durata. Inoltre, la società ha aumentato l’uso di leasing finanziari per costruire i data center, diluendo l’impatto immediato sulla liquidità ma creando obbligazioni di lungo termine che peseranno sul bilancio futuro.
La strategia Nvidia e il leasing delle GPU
Tra le proposte più innovative c’è la possibilità che Oracle noleggi le GPU di Nvidia invece di acquistarle. Questo modello, già in discussione anche per OpenAI, consentirebbe di ridurre il costo iniziale dell’hardware e distribuire la spesa nel tempo, rendendo più sostenibile la crescita delle infrastrutture. Tuttavia, ciò comporterebbe nuove dipendenze operative e margini di profitto potenzialmente più ridotti.
Panigrahi sottolinea che, nonostante il free cash flow negativo previsto nei prossimi trimestri, la situazione non rappresenterebbe un problema strutturale. I contratti pluriennali garantiti e la monetizzazione rapida dei data center una volta online (entro poche settimane) dovrebbero permettere a Oracle di stabilizzare la propria posizione finanziaria.
Un equilibrio fragile nel boom dell’intelligenza artificiale
Il caso Oracle non è isolato. Molte aziende del settore AI stanno adottando strategie di finanziamento circolare per sostenere i costi crescenti delle infrastrutture. OpenAI, ad esempio, starebbe considerando l’ingresso nei mercati obbligazionari per finanziare nuovi data center, mentre la partnership con AMD include warrant azionari che potrebbero essere utilizzati per coprire parte dei costi hardware.
Questo trend, secondo diversi osservatori, sta gonfiando le valutazioni lungo tutta la catena del valore dell’intelligenza artificiale, dai produttori di chip ai provider cloud. Finché la domanda da parte di realtà come Anthropic, Meta, Google e OpenAI rimarrà forte, il rischio potrebbe restare contenuto. Ma se il mercato dovesse raffreddarsi, il peso dei debiti e dei leasing potrebbe rapidamente erodere i margini e la solidità delle aziende coinvolte. Oracle si trova a un bivio cruciale: da un lato, la possibilità di consolidarsi tra i grandi protagonisti dell’AI; dall’altro, il rischio di espandersi troppo rapidamente senza la liquidità necessaria a sostenere il ritmo della crescita.
La sfida sarà trovare un equilibrio tra ambizione e prudenza, continuando a investire nell’infrastruttura AI senza compromettere la stabilità finanziaria. Se riuscirà a monetizzare rapidamente i propri data center e a mantenere la fiducia degli investitori, Oracle potrà davvero avvicinarsi al club esclusivo delle società da trilione di dollari. In caso contrario, l’ombra di un’eccessiva esposizione al debito potrebbe trasformare la promessa dell’intelligenza artificiale in un rischio sistemico per l’intero settore.
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