Renzi lascia il Pd, l’annuncio domani a Porta a Porta

L’annuncio, per così dire, ufficiale, arriverà domani. Martedì 17 alle 18 ci sarà l’appuntamento nello studio di Bruno Vespa per la registrazione della puntata di Porta a Porta, e sarà lì che Matteo Renzi parlerà dei suoi programmi, ed in definitiva farà sapere che cosa intende fare con il Pd, perché da quel che è trapelato fino ad oggi, la rottura sarebbe ormai un dato di fatto.

E’ anche vero che con Renzi non si può mai dire, visto che è uno di qui personaggi del mondo della politica che si lasciano andare spesso e volentieri in dichiarazioni eclatanti, alle quali però talvolta non seguono altrettanto eclatanti fatti concreti.

Fonti vicine all’ex segretario del Pd assicurano che “è pressoché certo, anche se con Matteo non si sa mai fino all’ultimo” che Renzi lascia il Partito Democratico. Secondo le stesse fonti l’incontro alla Leopolda dovrebbe diventare la celebrazione di un nuovo inizio, più che di un dibattito “anche perché vogliamo vedere chi viene alla Leopolda, chi sta con noi e chi no”.

Questo il clima tra i renziani, e lo stesso ex segretario ed ex premier alla fine preferisce così. Il partito non ha ancora un nome, intanto però si deve capire chi sta con Renzi e chi no, questo è il punto almeno per ora, e sembra un po’ il ripetersi di quanto accadde con il referendum, che si trasformò in un voto contro la persona.

Una sonora sconfitta che Renzi probabilmente non ha mai metabolizzato, e che ora rischia di ripetersi visto che, almeno sui numeri che circolano adesso, non sembra che il nuovo partito abbia un grande seguito.

C’è uno strappo, e questo è evidente, tra Renzi e il Pd, ma ora ce n’è uno anche tra Renzi e alcuni dei suoi. “Ormai Guerini e Lotti sono con Franceschini” dicono alcune voci provenienti dalla corrente renziana, e si parla della domenica a Firenze, trascorsa in “solitudine” per valutare aspetti più tecnici: soldi, nome del partito, sede e altri dettagli.

Quello che dovrebbe portare alla nascita di una nuova realtà politica sembra in parte un tentativo, non necessariamente disperato, di tornare sulla cresta dell’onda. Operazione resa notevolmente più difficile dalla defezione di Lotti, che sta a Renzi un po’ come Verdini sta a Berlusconi. Un duro colpo da mandar giù insomma, anche perché con Lotti resterà il grosso della base riformista.

Un momento tutt’altro che propizio per Matteo Renzi, ora alle prese con una rottura che a quanto dicono “è stata sul governo, nella fase di trattativa sui sottosegretari”. Alcune donne dell’ala renziana hanno prestato giuramento proprio oggi come sottosegretari, e a giudicare da quanto hanno detto ai giornalisti che le incalzavano sul tema, non sembravano particolarmente sensibili ai progetti di Renzi, quanto al giuramento appena prestato.

Matteo Orfini, che è sempre stato un fedelissimo di Renzi, ha detto semplicemente di no. Nessun attrito, semplicemente due posizioni diverse, chiarite nei giorni scorsi senza troppi drammi, e nessuno dei due ha cambiato idea. Quindi ognuno per la sua strada.

“Non è più sostenibile la situazione” ha detto Renzi “vogliono che me ne vada, me ne vado”. Così nei prossimi giorni, almeno questa è l’idea al momento, si trasferirà insieme a tre o quattro senatori, nel Gruppo Misto. Il regolamento del Senato d’altra parte non permette ai parlamentari di formare gruppi sotto l’insegna di partiti che non si sono presentati alle elezioni.

Poi c’è anche l’inconveniente dal senatore Marcucci, che è l’attuale capogruppo del Pd al Senato appunto, dove porterebbe l’inedito caso in cui gli scissionisti controllano il gruppo parlamentare del partito da cui si sono scissi. Alla Camera però non ci sono problemi di numeri, e circola l’ipotesi di Roberto Giachetti come nuovo capogruppo.

Il progetto di Renzi andrà avanti insomma, nonostante i vari ostacoli, anche se ad un occhio esterno sembra non far bene a nessuno, né al Pd né a lui stesso. Se ne saprà di più dopo la puntata di Porta a Porta, di questa fuga da un Pd che a Renzi probabilmente sta troppo stretto. Un Pd nel quale conta troppo poco, e allora meglio essere il leader di qualcosa di più piccolo forse. Magari si riduce tutto a questo.

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