Nel Pd cresce la voglia di tornare a votare. Orlando: “se si va avanti così non può durare”

Sarà stato vedere in piazza Maggiore a Bologna 12mila persone contro Salvini, a riaccendere le speranze in un Pd che da un po’ a questa parte ha un’aria rassegnata. L’iniziativa delle sardine contro Salvini ha prodotto un effetto positivo sul centrosinistra, che a quella iniziativa dei quattro trentenni guarda con ammirazione e probabilmente anche con un pizzico di nostalgia.

Il Partito Democratico è da tempo alla ricerca di una nuova identità, e cambiare volto attraverso un continuo passaggio di consegne da un segretario all’altro non sembra funzionare. Secondo Gianni Cuperlo, organizzatore dell’assemblea del Pd, c’è poco da fare “il Pd non è più autosufficiente” dice, e quindi “è un bene che si apra alle esperienze civiche”.

Stefano Bonaccini, candidato del centro sinistra alla presidenza della Regione Emilia Romagna ha imboccato proprio questa strada, e così è stato fatto anche da Nicola Zingaretti nella Regione Lazio, ma quando si tratta di portare la cosa su scala nazionale il discorso si complica non poco.

E la storia delle “dodicimila sardine”, che alcuni dicono fossero addirittura 15mila, porta spunti di riflessione. I presenti non sbandieravano simboli di partito, ma erano contro Salvini e soprattutto erano tanti. Allora ci si domanda tra le fila dem se questa esperienza di governo insieme con il Movimento 5 Stelle non stia allontanando il Pd dai suoi elettori.

Diciamo che una bella fetta dell’elettorato del Pd è stata persa da tempo, e di certo non per l’alleanza coi 5 Stelle, ma di certo c’è che il Pd ha bisogno di ritrovare la sua identità. E anche se di certo nessuno tra i dem pensa che sarebbe una buona idea tornare alle elezioni, sono sempre di più quelli che tutto sommato non la disdegnerebbero.

Andrea Orlando: “se si va avanti così non può durare”

Andrea Orlando continua a dire ai suoi che “se si va avanti così non può durare”. Il segretario Nicola Zingaretti dell’alleanza coi 5 Stelle appare sempre meno entusiasta, almeno quando si tratta di governare il Paese, però se può servire per difendere la regione rossa dalle destre, il discorso cambia. Così si ritrova a mandare messaggini ai colleghi di partito coi quali sembra voler giustificare le sue scelte. “Non potevo fare altrimenti” cerca di far capire, e intanto il ritorno alle urne è una prospettiva che dispiace sempre meno nel Pd.

Dario Franceschini: “abbiamo il dovere di governare insieme”

Dario Franceschini però è di quelli che tengono duro e vanno avanti, quindi sale sul palco e rivendica le scelte fatte. Le scelte scomode che hanno portato alla formazione di un esecutivo di “responsabilità”, e ricorda che la democrazia italiana è ancora “a rischio”. Poi il ministro della Cultura accosta la figura di Matteo Salvini a quella di Benito Mussolini, che voleva “trasformare la paura in odio”, e poi ricorda in tono solenne: “abbiamo il dovere di governare insieme”.

Per Franceschini è importante continuare nella direzione presa. “Dobbiamo insistere” dice “non ci dobbiamo fermare di fronte ai rifiuti. Lo sapevamo dall’inizio che era difficile” dice il ministro, che continua a credere in una, per così dire, evoluzione del Movimento 5 Stelle. Lo stesso processo che per gli elettori grillini è invece da considerarsi involuzione, e che continua a far calare il M5s nei sondaggi.

Franceschini quindi spera in una sorta di ‘normalizzazione’ dei 5 Stelle, e al contempo ritiene “inspiegabile” che dicano no ad accordi locali. Per lui in definitiva “la missione è allargare il campo democratico”. E se qualcuno vede nella linea del Partito Democratico una certa timidezza, è evidente che sbaglia. “Non è timidezza ma è la prudenza di chi ha sulle spalle il destino di tutto il Paese” sostiene Franceschini.

Il Pd unito contro Matteo Renzi

E se per quel che riguarda le prospettive della legislatura, tra chi vuole resistere a tutti i costi, ed il numero in continua crescita di quelli che tifano segretamente per un ritorno al voto, il Pd appare diviso, per quel che riguarda Matteo Renzi sono tutti sulla stessa lunghezza d’onda.

“Ci ha lasciato al 18% e ora ci vuole annientare” dice Cuperlo. Franceschini affronta invece il tema della manovra economica: “la Legge di Bilancio si cambia solo per quelle cose su cui la maggioranza è d’accordo, non cercando accordi con gli avversari per fare dispetti agli alleati” il riferimento è chiaramente diretto al comportamento ambiguo di Renzi.

Ma d’altra parte Renzi sta adottando una strategia che ha lo scopo di metterlo in buona luce a discapito degli alleati di governo. Atteggiamento di “maniacale ricerca di visibilità tutta indirizzata alla ricerca di consenso personale” secondo Dario Franceschini. Peccato che il rancore nei confronti di Renzi non possa bastare come collante, serve qualcosa di più. “Vogliamo lo ius culturae e non ci fermeremo” dice alla fine il ministro dem.

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