Inchiesta Fondazione Open, perquisito e indagato Marco Carrai amico di Matteo Renzi

Secondo la procura di Firenze che sta portando avanti le indagini sulla Fondazione Open, non si trattava di altro che dell’“articolazione di un partito politico”. Questo era quindi la fondazione di cui era presidente l’avvocato Alberto Bianchi, indagati anche lui ma per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti.

I reati contestati a Bianchi sono relativi al periodo che va dal 2012 al 2018. Un nome il suo che è stato il primo a finire nella lista degli indagati, poi è arrivato quello di Marco Carrai, un nome che non passa inosservato visto che si tratta di un amico stretto di Matteo Renzi, oltre che membro del Cda della stessa Fondazione Open.

A riferire la notizia di Marco Carrai indagato è l’Ansa, che parla anche di perquisizioni da parte della Guardia di Finanza nell’ufficio dell’imprenditore, che intanto ha ricevuto l’avviso di garanzia. “Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione” ha detto Carrai “so di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge”.

La procura di Firenze però riterrebbe che sia stato proprio Carrai il punto di riferimento per i finanziatori sui quali si è concentrata l’attenzione degli inquirenti negli ultimi sviluppi dell’inchiesta, e proprio quei finanziatori sono stati perquisiti nella giornata di ieri.

I reati ipotizzati nei loro confronti sono quelli di riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita aggravata, false comunicazioni sociali. La Guardia di Finanza ha portato avanti le operazioni di perquisizione nei confronti dei finanziatori nelle città di Firenze, Milano, Torino, Roma, Napoli, Parma, Bari, La Spezia, Pistoia, Modena e Alessandria.

L’obiettivo degli agenti delle Fiamme Gialle era quello di entrare in possesso sì di documenti, ma in particolare di carte di credito e bancomat che si presume siano state messe a disposizione dei parlamentari. Per la GdF era altresì importante rinvenire nel corso delle perquisizioni, ricevute relative a presunti rimborsi spese versati dalla Open a deputati e senatori.

Le primarie del Pd del 2012 e il Comitato ‘Matteo Renzi segretario’

L’attenzione degli inquirenti è in buona parte concentrata sulle primarie del Pd del 2012, ed in particolare sul Comitato per “Matteo Renzi segretario” e su ricevute di versamento da parlamentari.

Secondo gli inquirenti potrebbero infatti esserci dei legami, che si ipotizza possano essere considerati anomali, tra le prestazioni professionali che sono state rese dall’avvocato Bianchi ma anche da collaboratori del suo studio, e i finanziamenti che la Fondazione Open avrebbe ricevuto.

Sono stati infatti perquisiti diversi imprenditori, si parla di una decina, che sarebbero legati da rapporti di tipo finanziario con un consigliere della Fondazione Open e con un commercialista di Firenze. Scopo della Fondazione Open, nata nel 2012, era quello di sostenere le iniziative politiche dell’allora segretario del Pd Matteo Renzi, ad iniziare proprio dalle primarie, quindi dalla prima convention tenutasi alla Leopolda.

Inizialmente la Fondazione si chiamava Big Bang, e nel suo consiglio di amministrazione comparivano nomi ben noti alla politica italiana di questi anni: Maria Elena Boschi, Marco Carrai, e Luca Lotti. L’ente, dal 2012 al 2018, ha raccolto la bellezza di più di 6 milioni di euro.

Nel corso della serata si è anche appreso che una delle perquisizioni compiute dalla Guardia della Finanza si è svolta nella sede romana del gruppo Garofalo Health Care, una società che opera nel settore della sanità privata. L’avvocato del gruppo, Alessandro Diddi, ha fatto sapere che “è stata fatta un’acquisizione presso l’azienda di documentazione in relazione ad alcuni finanziamenti di importi modestissimi, peraltro regolarmente dichiarati come previsto dalla legge. Ovviamente non si tratta di un’acquisizione fatta nei confronti di persone indagate”.

Per quel che riguarda l’inchiesta sull’avvocato Bianchi, nel merito del traffico di influenze illecite tra il 2016 e il 2018, veniva avviata con l’ipotesi di un presunto pagamento fatto dalla società di costruzioni Toto all’avvocato per una consulenza. Il denaro alla fine sarebbe però stato girato direttamente alle casse della Fondazione Open.

Nel mese di settembre si è proceduto quindi con alcuni sequestri a carico di Bianchi, sequestri che sono stati poi confermati proprio nei giorni scorsi dal Tribunale del Riesame. Lo stesso tribunale ha infatti scritto che il gruppo Toto ha compiuto operazioni “dissimulatorie” volte a finanziare la Fondazione.

Gli accertamenti miravano quindi ad indagare in merito a un incarico per un contenzioso con Autostrade affidato allo studio legale di Bianchi dalla Toto Costruzioni Generali. Secondo i giudici infatti tra i Toto e l’avvocato nel 2016 c’erano “rapporti molto intensi”, e Bianchi risulta indagato anche per finanziamento illecito.

Sono poi stati recuperati, nel corso dei sequestri, sia la documentazione relativa alla Fondazione Open, come il bilancio, sia gli elenchi dei finanziatori, inclusi i nomi di quelli che non avevano dato l’ok in merito alla pubblicità della donazione.

I giudici del Riesame hanno rilevato che “a fronte della fattura numero 4 del 2 agosto 2016 emessa nei confronti della Toto Costruzioni Generali” l’avvocato Bianchi “aveva ricevuto la somma di 801.600 euro“. Dopodiché, ad un mese dall’incarico, siamo a settembre 2016, l’avvocato versò due contributi: uno indirizzato alla Fondazione Open, dell’importo di 200.838 euro, e l’altro al Comitato per il Sì al referendum costituzionale dell’importo di 200 mila euro.

Nell’ordinanza si legge infatti che “sempre nel 2016 ‘Alberto Bianchi e associati studio legale’ aveva ricevuto dalla Toto Costruzioni Generali, la somma di 1.612.000 euro oltre a Iva al 22 per cento per 354.640, totale fatturato 1.966.640 quale pagamento di prestazioni professionali“.

Per i giudici però le operazioni “tenuto conto del loro peculiare profilo temporale e dell’entità delle somme versate alla Open, appaiono dissimulatorie di trasferimento di denaro da Toto Costruzioni Generali” alla Fondazione Open.

Per la difesa dell’avvocato Bianchi la perquisizione è “un’integrazione della precedente perquisizione effettuata nel settembre scorso. La perquisizione viene eseguita in relazione alle sole ipotesi di reato di finanziamento illecito e traffico di influenze illecite, e non di altri reati come in maniera malevolmente suggestiva è stato comunicato da alcuni quotidiani”.

L’avvocato Alberto Bianchi ha poi pubblicato una nota nella quale dichiara: “rinnovo la mia piena collaborazione con la magistratura affinché sia fatta chiarezza prima possibile sull’indagine che mi riguarda. Sin da subito mi sono messo a disposizione fornendo qualsiasi atto mi fosse richiesto. Del resto tutte le entrate e le uscite della Fondazione Open sono tracciabili, perché avvenute con bonifico, care di credito”.

“E’ stato fatto tutto alla luce del sole. Messo nero su bianco” si legge ancora nella nota di Bianchi “si sta facendo una polemica strumentale che potrebbe toccare qualsiasi politico e qualsiasi amministratore”. Ma secondo la Procura gli ultimi sequestri “evidenziano significativi intrecci tra le prestazioni professionali” dell’avvocato Bianchi e dei suoi collaboratori, e i “finanziamenti alla Fondazione Open”.

Ma intorno alla Leopolda orbitano anche altre vicende, come quelle che riguarda Patrizio Donnini il fondatore della Dot Media, la società di comunicazione che ha lavorato anche per la Leopolda appunto. C’è un’inchiesta della procura di Firenze in cui Donnini è infatti indagato per appropriazione indebita e autoriciclaggio.

Gli inquirenti stanno indagando sulle compravendite tra la Immobil Green Srl di Patrizio Donnini e la Renexia dei Toto, che riguardano il settore dell’energia eolica. Tra il 2016 e il 2017, attraverso la Immobil Green Srl sono state infatti acquisite cinque società autorizzate a produrre energia eolica. Le stesse società però risultano essere state poi rivendute alla Renexia con una plusvalenza di 950 mila euro, che ovviamente ha richiamato l’attenzione degli inquirenti, mentre per i legali di Donnini sono avvenute “nella massima trasparenza”. 

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