Coronavirus, inizio della Fase 2 prima del 4 maggio in alcune Regioni? L’ipotesi al vaglio del Governo

È stata avanzata questa ipotesi, nelle ultime ore, circa l’avvio della cosiddetta Fase 2, che come sappiamo dovrebbe essere innescato il 4 maggio con la riapertura di alcune aziende e man mano delle altre considerate a maggior rischio contagio, dopodiché progressivamente con la riduzione delle misure restrittive riguardanti gli spostamenti individuali.

Una Fase 2 che però, stando a questa nuova ipotesi al vaglio degli esperti, potrebbe essere avviata con tempi diversi tra Regione e Regione. La data per la riapertura delle prime aziende verrebbe anticipata in questo caso di una settimana, ma ci sono delle condizioni, prima fra tutte quella della disponibilità di Covid Hospital, e di luoghi per la quarantena dei casi positivi al coronavirus.

Le Regioni che dimostrano di avere questi requisiti potranno, forse, aprire il 27 aprile invece che il 4 maggio. Forse, perché ancora è tutto molto teorico, visto che gli esperti non hanno ancora preso alcuna decisione in tal senso.

Le aperture che avverranno nel corso della Fase 2, in ogni caso, saranno scaglionate in base alle tabelle Inail che rilevano il livello di rischio per i lavoratori. Alle aziende infatti è fatto obbligo di autocertificare di essere a norma con le regole per il contenimento del contagio imposte dal decreto, e per chi apre ma non ha tutte le “carte in regola” il rischio è quello della sospensione della licenza o la chiusura.

Fase 2: condizioni per attività commerciali e mezzi di trasporto pubblici

La riorganizzazione della Fase 2 terrà conto di tutti i suggerimenti che arriveranno dai vari gruppi di lavoro in modo che quelli ritenuti validi saranno inseriti nel prossimo decreto, ma ancora di certezze ce ne sono ben poche.

Ci sarà un modulo per le aziende da compilare per autocertificare il rispetto delle norme sulla sicurezza anti-contagio nel posto di lavoro, quindi sull’adozione dei dispositivi di sicurezza indicati, e sulle procedure di sanificazione da adottare, nonché sulla presenza di personale medico e di eventuali figure che potranno variare a seconda della filiera. Le aziende dovranno garantire una diversificazione dei turni, e laddove possibile privilegiare lo smart working.

Tutt’altra musica per bar, ristoranti e pub, che saranno tra le ultime attività a riaprire. Nel primo step della Fase 2 difficilmente potranno essere riavviate in quanto le tabelle Inail assegnato a questi luoghi di ritrovo un livello di rischio elevato.

In considerazione di ciò si sta valutando se prevedere, oltre alla possibilità di fare consegne a domicilio, anche quella del servizio da asporto. In questo caso saranno previsti ingressi scaglionati, come già previsto per le altre attività, commisurati alla metratura del locale. Si parte dalla proporzione di due dipendenti e un cliente per 40 metri quadrati.

Per quel che riguarda invece i trasporti pubblici il discorso si complica ulteriormente. Si dovranno tenere in considerazione le esigenze delle varie Regioni, in particolare quelle delle città più grandi, che sui mezzi di trasporto pubblico contano molto.

Si pensa ad esempio di permettere la circolazione di autobus e metropolitane, a patto che i passeggeri occupino solo i posti a sedere, e non è tutto, perché non potranno sedere di fianco. Questo significa che su un normale bus urbano potranno salire pochissimi passeggeri con tutto ciò che ne deriverebbe in termini di disagio per la circolazione.

Si è quindi ipotizzato un aumento del numero delle corse, ma anche quella di creare aree di scambio dove si possa parcheggiare la propria auto per utilizzare servizi alternativi come quello di car sharing e noleggio auto e bici.

Alcune Regioni apriranno prima del 4 maggio?

“Si può ragionare su una regionalizzazione delle aperture” ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, facendo presente però che la riapertura anticipata può essere valutata solo per “le regioni che hanno meno persone positive” dove è “più facile tracciare i contatti”.

Tuttavia non era questa la linea tracciata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che aveva anticipato che la Fase 2 si baserà su un “piano nazionale”. Ed è proprio a questo principio che si rifà la ministra della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, quando si rivolge alle Regioni dicendo di “evitare fughe in avanti”.

Secondo la ministra della PA il rischio sarebbe quello “di aprire una nuova fase di contagio, il famoso secondo picco”. Ma come verrà avviata quindi la cosiddetta Fase 2? Il ministro Roberto Speranza ha annunciato “nel prossimo decreto investiremo risorse per rafforzare la rete di assistenza sul territorio” e per “strutture che si specializzano sul Covid, perché gli ospedali misti facilmente moltiplicano il contagio”.

Ma sulla possibilità di linee di start anticipate per alcune Regioni si è aperto il dibattito tra i Governatori, con il presidente del Veneto, Luca Zaia, domenica ha parlato di “un Sud contro Nord”. La ministra ha quindi esortato i Governatori a “non fornire risposte completamente disordinate ma a coordinarsi con il Governo ed evitare di fare inutili polemiche, creando la sensazione in chi ascolta che si sia completamente allo sbando, mentre tra Governo e Regioini c’è un confronto costante“.

In un collegamento con Rtl 102.5, la ministra Dadone ha sottolineato che “il titolo V della Costituzione, che ha dato più competenze alle Regioni e agli enti locali, in questa situazione ha mostrato le proprie fragilità”.

“In realtà è la confusione percepita che regna sovrana” dice ancora la ministra “la linea del Governo è stata dettata in maniera abbastanza chiara e abbiamo chiesto alle Regioni di attenersi a quelle che sono le linee guida generali” e quanto ad una partenza scaglionata, la Dadoni ha precisato: “possiamo concedere ai governatori, all’interno della propria specificità, di intervenire” ma si tratterebbe in quel caso di misure in chiave restrittiva e non volte ad estendere le aperture previste su base nazionale.

I Covid Hospital e la medicina territoriale

Il ministro della Sanità, Roberto Speranza, ha annunciato: “nel prossimo decreto investiremo risorse per rafforzare la rete di assistenza sul territorio. Abbiamo bisogno di strutture che si specializzano sul Covid, perché gli ospedali misti facilmente moltiplicano il contagio: molte ne sono nate in giro per l’Italia, dobbiamo insistere su questo terreno”.

Ci saranno quindi dei fondi destinati a finanziare appositamente quelle strutture che decidono di dedicarsi esclusivamente ai pazienti contagiati da coronavirus, riducendo così le possibilità che gli ospedali diventino focolai, come avvenuto a Codogno e nel Bergamasco.

Bisogna anche “rafforzare la rete di assistenza territoriale” fa sapere il ministro Speranza “così il virus si combatte meglio. Conta quanto sei veloce a individuare un caso positivo e isolarlo”. È questa la conclusione cui sono giunti gli esperti, contenuta in una lettera, firmata da 100 mila medici e inviata al ministero della Salute, con la quale si sottolinea l’importanza della medicina territoriale.

“Noi ci attrezziamo con linee guida nazionali su come reggere questa sfida. È fondamentale insistere, sul piano sanitario” dice ancora il ministro Roberto Speranza che ha poi parlato della app Immuni, che ha definito “uno degli strumenti” sottolineando che non esiste una “mossa salvifica”.

“Oltre alla prima funzione essenziale di tracciare i contatti, potrà essere molto utile per rafforzare la sanità digitale del nostro Paese. Dobbiamo lavorare in questa direzione” ha spiegato il ministro che poi ha ipotizzato l’uso di app di questo genere “anche al di là del Covid, immaginando come il paziente a casa possa avere una modalità di comunicazione diretta con il medico e le strutture sanitarie. Credo ci aiuterà anche a colmare un divario sul terreno della sanità digitale“.

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