Secondo mandato per Trump? Ecco cosa comporterebbe per le politiche fiscali Usa

Si apre oggi, 3 novembre, l’election day che decreterà la vittoria del presidente uscente Donald Trump o del suo sfidante, il democratico Joe Biden, ex vice di Barak Obama. Quella che gli elettori americani sono chiamati ad operare è una scelta di campo netta, tra due politiche che si contrappongono in maniera nitida su molti aspetti a cominciare da quello della gestione della pandemia di Coronavirus.

Abbiamo già visto, seppur brevemente, cosa farà Joe Biden se vincerà le elezioni presidenziali, e questa volta proveremo a fare un quadro di quel che accadrà in caso di conferma del presidente uscente Donald Trump. Prenderemo però in considerazione solo l’aspetto delle politiche fiscali, analizzato con attenzione da alcuni esperti che hanno prospettato alcuni dei principali cambiamenti che una vittoria del tycoon produrrebbe.

Se vincesse Donald Trump la sua amministrazione potrebbe portare avanti per altri quattro anni consecutivi la deregolamentazione che secondo le stime degli esperti ha portato almeno 40 miliardi di dollari di introiti a banche e società finanziarie. Ma quali saranno i principali cambiamenti che ne seguirebbero?

Con una vittoria di Trump gli Usa verso la ristrutturazione del mercato ipotecario

Gli esperti ipotizzano che una eventuale vittoria di Donald Trump porterebbe la nuova amministrazione verso il completamento dell’ambizioso progetto di ristrutturazione del mercato immobiliare.

Stando a quanto riportato da Investing.com la Federal Housing Finance Agency (Fhfa) ha avviato il delicato processo attraverso il quale Fannie Mae e Freddie Mac, due società finanziarie sponsorizzate dal governo che garantiscono più del 50 per cento dei mutui del Paese, verranno restituite al mercato privato.

La Fhfa ha anche concesso alle due società di incrementare il capitale trattenendo utili maggiori, delineando al contempo nuovi requisiti patrimoniali.

Se dovesse essere Donald Trump a vincere le elezioni, il direttore dell’Fhfa avrà il via libera dall’amministrazione per portare a termine il progetto già avviato, attraverso il quale verranno raccolti ipoteticamente miliardi di dollari di capitale extra da fonti private. Le attività delle due aziende ne risulteranno snellite, il controllo interno rafforzato con conseguente riduzione dell’esposizione al rischio.

Maggior sostegno alla tecnofinanza

Nel corso degli ultimi quattro anni negli Stati Uniti l’innovazione nei servizi finanziari ha ricevuto un forte sostegno. L’amministrazione Trump ha anche provveduto a semplificare per le aziende tech l’accesso al settore bancario e nel caso di un secondo mandato i funzionari del tycoon avrebbero la possibilità di proseguire su questo percorso.

Secondo Brian Brooks, capo dell’Office of the Controller of the Currency (Occ), le aziende fintech dovrebbero avere la possibilità di richiedere una licenza bancaria che garantirebbe loro una maggiore libertà di espansione in tutti gli Stati Usa.

L’idea è stata poi contestata a livello legale dalle autorità di vigilanza statali, ma se dovesse vincere Donald Trump allora l’Occ avrebbe più libertà di manovra e il progetto potrebbe vedere il via.

L’amministrazione Trump in questi anni ha anche permesso alla Federal Deposit Insurance Corporation di iniziare ad emettere licenze speciali per la prima volta da oltre dieci anni, agendo così da apripista per altre aziende non bancarie qualora il presidente uscente dovesse essere confermato per i prossimi quattro anni.

Meno regole per il capitale bancario

La legge di deregolamentazione bancaria che è stata approvata dall’amministrazione Trump nel 2018 ha permesso alle autorità di vigilanza di allentare i vincoli legali connessi ai movimenti di capitale e alla liquidità che furono introdotte in seguito alla crisi finanziaria del 2009 per molti istituti finanziari, anche se alcune importanti banche Usa sono rimaste tagliate fuori dal paniere.

Secondo i lobbisti una eventuale vittoria di Donald Trump potrebbe tuttavia garantire alle banche di Wall Street un maggior alleggerimento patrimoniale, in particolare nel caso della “sovrattassa delle banche di importanza sistemica globale”, vale a dire quella riserva di capitale extra che gli istituti rilevanti a livello globale sono tenuti ad avere, un requisito che gli stessi istituti hanno tentato in ogni modo di far allentare.

Nello stesso settore si prevede poi un’altra novità, quella riguardante “l’emendamento Collins”, cioè quella norma che fu introdotta dopo la crisi finanziaria in base alla quale viene stabilita una leva finanziaria minima e i requisiti patrimoniali per gli istituti di credito.

Requisiti che secondo i funzionari della Federal Reserve e lo stesso presidente Jerome Powell, avrebbero potuto essere allentati almeno temporaneamente con il benestare del Congresso. Nel caso di vittoria di Donald Trump il settore bancario avrebbe più tempo per chiedere un alleggerimento anche definitivo di tali requisiti.

La riforma del mercato dei capitali

Nel 2018 venne fatto un tentativo di riformare il mercato dei capitali, ma non andò in porto. Dopodiché furono esercitate pressioni sulla Securities and Exchange Commission (Sec) da parte dei funzionari repubblicani e dei lobbisti, che chiedevano che la commissione si servisse del suo potere per snellire la burocrazia per le aziende quotate, rendendo pià semplice l’approdo in Borsa per le società private.

Secondo gli esperti di politiche fiscali in caso di vittoria di Trump la Sec porterà avanti quell’opera di alleggerimento delle procedure burocratiche attraverso la riforma delle regole di divulgazione e rendicontazione per le società, allentando le restrizioni sull’aumento di capitale privato.

La Sec, dopo aver messo in campo una serie di impedimenti volti ad ostacolare gli azionisti che tentano di esercitare pressioni sulle società al fine di ottenere risultati in campo ambientale, probabilmente dopo una eventuale vittoria di Trump proseguirà su questa strada cercando nuovi sistemi per tenere a freno gli investitori attivisti.

Gli esperti di politiche fiscali prevedono in questa prospettiva un possibile inasprimento delle restrizioni relative a vendite allo scoperto e regole di disclosure nel caso in cui gli investitori attivisti riuscissero ad accaparrarsi delle quote societarie.

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