Coronavirus Italia, Conte: “rifiutare la divisione in fasce porta verso un nuovo lockdown generale”

L’ultimo Dpcm firmato da Conte ha diviso l’Italia in fasce di rischio a partire dal 6 novembre con la previsione di continuare ad adottare questo meccanismo fino al 3 dicembre, nella speranza, come lo stesso premier ha sottolineato, di poter trascorrere un Natale più sereno, se non altro sotto l’aspetto consumistico visto che un eventuale miglioramento della curva dei contagi potrebbe far recuperare fiducia nei consumatori.

La divisione in fasce gialla, arancione e rossa però non entusiasma alcune regioni, quelle che non si trovano nella fascia ritenuta a rischio più basso in particolare, ed i rispettivi governatori, Fontana, Cirio, Spirlì e Musumeci non hanno esitato a far sentire la propria voce.

Eppure a determinare l’inserimento di una regione all’interno della fascia rossa piuttosto che di quella arancione sono i dati elaborati dalla cosiddetta Cabina di Regia dell’emergenza, non sono insomma criteri soggettivi a determinare il livello di rischio, concetto che il premier ha tenuto a ribadire in più occasioni.

“Sono sei mesi che l’ISS sta sperimentando, insieme alle Regioni, questo meccanismo di monitoraggio” ha spiegato infatti il premier in una intervista rilasciata a Il Corriere “le Regioni lo alimentano con i dati inviati periodicamente e ne certificano i risultati attraverso i loro rappresentanti che fanno parte della cabina di regia”.

Questo insomma in estrema sintesi il meccanismo alla base della suddivisione del Paese in fasce di rischio, ma soprattutto l’alternativa, ed è stato ancora Conte a sottolinearlo, sarebbe la serrata generale come nei mesi di marzo aprile.

“Nessuno ha mai messo in discussione, prima di adesso, questo meccanismo e rifiutarlo significa portare il Paese a sbattere contro un nuovo lockdown generalizzato” ha spiegato il premier “i cittadini della Lombardia, del Piemonte, della Valle d’Aosta della Calabria, non ne trarrebbero nessun beneficio. Senza contare l’ingiustizia di imporre lo stesso regime di misure che stiamo applicando alle Regioni rosse anche a cittadini che vivono in territori in condizioni meno critiche”.

Nel corso dell’intervista il tema dell’unità è tornato più volte, anche traendo spunto della parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha invocato appunto unità, mentre siamo apparentemente in una situazione in cui l’Italia è divisa in tre.

“Unità significa solidarietà, non omogeneità” ha risposto Conte “non sono giornate felici per le aree rosse. I cittadini sono costretti a un nuovo regime molto penalizzante perché sono misure che limitano la circolazione e rischiano di deprimere tanti ristoratori, esercenti attività commerciali e operatori economici”.

“Ma anche le aree arancioni e gialle sono sottoposte a misure restrittive, pur differentemente graduate. Non facciamo tutto questo a cuor leggero. Solo così possiamo contrastare il Covid e vincere questa battaglia. Speriamo il più presto possibile” ha aggiunto ancora il presidente del Consiglio.

E c’è anche un rischio, seppur velato, quello che le Regioni in qualche modo vivano la divisione in fasce un po’ come una sfida e le amministrazioni in particolare come una pagella che indica buona o cattiva condotta. In particolare al premier è stato chiesto se non ci sia il rischio che le Regioni falsifichino i dati o ne trasmettano solo una parte per essere inserite in una fascia a rischio più basso.

“Non oso neppure pensarlo” ha risposto Conte “significherebbe mettere scientemente a rischio la vita dei propri concittadini, con condotte penalmente rilevanti. In ogni caso i territori che oggi sono in condizioni più critiche con la cura più severa possono presto tornare in una fascia meno restrittiva” o almeno di questo il premier si mostra convinto, ma come abbiamo avuto modo di apprendere a nostre spese, di certezze in questa intera drammatica vicenda se ne possono avere ben poche.

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