Draghi incontra le Regioni per definire il nuovo decreto. Possibile verifica a metà aprile per valutare riaperture

L’attuale situazione non consente ancora di allentare le restrizioni, anzi, quello che sta accadendo ormai dall’inizio dell’anno è che le misure di contenimento del contagio continuano ad essere inasprite nonostante la curva epidemiologica mostri una situazione molto meno preoccupante di quella che avevamo tra ottobre e gennaio. 

Il governo di Mario Draghi sta seguendo con ancor più zelo di quanto facesse il governo Conte, quella linea del rigore per la quale tutto il centrosinistra continua a spingere sulla base delle indicazioni degli esperti del Comitato Tecnico Scientifico.

Nelle prossime ore il governo sarà chiamato a definire nel dettaglio le modifiche che saranno introdotte con il nuovo decreto. Con esso si andranno a stabilire le regole valide per tutto il mese di aprile a partire da dopo le festività di Pasqua. Questo lo scopo dell’incontro del presidente del Consiglio con le Regioni, e tra le possibilità anche quella di una verifica a metà aprile per valutare eventuali riaperture.

Draghi spinge per accelerare sulla campagna vaccinale

L’ex presidente della Bce chiede anche di “lavorare tutti insieme” per accelerare sulla campagna vaccinale, che dovrebbe raggiungere al più presto le 500 mila somministrazioni al giorno.

Il programma per vaccinare almeno il 70% della popolazione italiana procede a rilento, infatti al momento la media giornaliera si attesta intorno alle 200 mila somministrazioni, e di questo passo occorrerebbe troppo tempo per raggiungere il target, il che significherebbe mancare l’obiettivo del tutto, in quanto la durata della protezione conferita dal vaccino potrebbe terminare nel giro di meno di un anno.

Per la prossima settimana in Italia dovrebbero arrivare quasi 3 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, e ciò dovrebbe fornire un ulteriore input ad accelerare in tutto il Paese. L’incontro tra Mario Draghi e le Regioni previsto per la giornata di oggi dovrebbe servire anche a superare le divisioni e sincronizzare gli sforzi su tutto il territorio.

L’ex presidente della Bce ha infatti definito “difficli da accettare” i ritardi e le differenze che si riscontrano tra le varie Regioni nel portare avanti la campagna vaccinale. All’incontro prendono parte insieme a Mario Draghi anche il ministro della Salute Roberto Speranza, la ministra Mariastella Gelmini, il nuovo commissario all’emergena il generale Figliuolo, il capo della protezione Civile, Fabrizio Curcio e i rappresentanti delle Regioni.

La strategia da seguire per accelerare con la campagna vaccinale sarà quella indicata da Figliuolo, vale a dire hub e punti vaccinali nelle città, e postazioni mobili per raggiungere le località più isolate.

In arrivo ci sono 1 milione di dosi di vaccino Pfizer, 500 mila di vaccino Moderna, e 1,3 milioni di dosi di vaccino Astra Zeneca. Con questa fornitura si dovrà riuscire a fare tutto il possibile per stringere i tempi, ed è per questo che il governo ha ribadito l’importanza di intervenire con militari e volontari in caso di necessità.

Si procederà però senza “mettere divieti e minacciare misure”, ha spiegato Draghi venerdì scorso, e si darà la priorità ai più anziani. Dalle Regoni potranno arrivare richieste, ad esempio circa la redistribuzione delle dosi a seconda della popolazione, e si affronteranno eventuali criticità prendendo in considerazione le proposte.

Tra le questioni emerse nelle scorse ore anche quella del vaccino russo in Campania, nell’ambito della quale si è espresso in modo critico Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni. “Siamo una nazione, non siamo 20 piccole patrie. Se una Regione da sola acquistasse dei vaccini autorizzati da Ema e Aifa andrebbero ripartiti tra tutti gli Italiani” ha affermato Bonaccini circa l’idea di Vincenzo De Luca di acquistare dosi del vaccino Sputnik.

Il checkpoint a metà aprile per valutare eventuali riaperture

Il governo Draghi sta lavorando al decreto col quale verranno definite le regole da rispettare dopo le festività di Pasqua, ed anche su questo verte l’incontro con le Regioni di oggi, 29 marzo. Il provvedimento dovrebbe essere pronto già verso metà settimana, e potrebbe prevedere anche una specie di chackpoint a metà aprile per valutare in base all’andamento del contagio e al carico sul Ssn se iniziare a riaprire qualcosa.

L’esecutivo cerca quindi di far passare il messaggio che eventuali riaperture dipenderanno dall’andamento del contagio, quando è facile notare come la situazione non sia così diversa da come si presentava qualche mese fa, con la differenza che abbiamo una percentuale di tamponi positivi molto più bassa, un Rt nazionale molto più basso, ed un numero di pazienti Covid nei reparti di terapia intensiva leggermente più alto (circa 200 in più rispetto a metà novembre).

Se a determinare misure più o meno restrittive fosse la curva epidemiologica, adesso dovremmo avere quasi tutte le Regioni italiane in zona gialla, in quanto hanno tutte un Rt inferiore a 1,25, e solo due o tre in zona arancione. Se quasi tutta Italia oggi si trova in zona rossa, con solo qualche Regione in zona arancione, dipende dal fatto che prima a metà gennaio, e via via in seguito, i criteri sono stati modificati in senso più restrittivo.

Se il governo dovesse decidere di allentare le restrizioni, i primi ad accorgersene dovrebbero essere bar e ristoranti, ai quali potrebbe essere concesso di riaprire per pranzo. All’interno della maggioranza continuano ad emergere due linee molto simili, una leggermente più favorevole a misure restrittive meno severe, ed una che invece spinge ancora per la linea dura.

Restano privi di rappresentanza in Parlamento i milioni di Italiani che sono semplicemente contrari a questa gestione della diffusione del Coronavirus, e che condividono il parere di quella consistente fetta del mondo scientifico che offre un’analisi completamente diversa.

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