Mosca mobilita 300 mila uomini, intanto si vota in quattro Regioni per l’annessione alla Russia

La Russia ha dato il via all’operazione militare speciale in Ucraina il 24 febbraio scorso, con l’obiettivo di ‘denazificare’ il Paese guidato da Volodymyr Zelenski, e porre fine alla guerra civile e alla persecuzione che da circa 8 anni le popolazioni russe e russofone dell’Ucraina stavano subendo.

L’operazione militare speciale in Ucraina doveva quindi garantire il rispetto dei diritti e la sicurezza dei cittadini russi o russofoni, e porre un freno alla politica espansionistica della NATO.

Le operazioni militari sarebbero durate probabilmente una manciata di giorni, e al termine ci sarebbe stato presumibilmente un cambio di governo, e le formazioni militari e paramilitari naziste ucraine sarebbero state estromesse dall’esecutivo e assicurate alla giustizia.

L’intervento dei Paesi NATO, che hanno inviato armi e aiuti economici all’Ucraina, non ha fatto altro che trasformare il Paese in una zona di guerra a campo aperto ed ora, a 7 mesi dall’inizio dell’operazione militare speciale, siamo alla vigilia di una svolta che può determinare la vittoria della Russia, o l’inizio di un conflitto di proporzioni ancora più grandi.

Dal 23 al 27 settembre referendum in quattro Regioni per diventare Russia

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha parlato al mondo spiegando quello che sta accadendo in questo momento in Ucraina e quali sono le scelte che Mosca ha deciso di operare nell’interesse della nazione.

Nel riportare la notizia viene fatto notare che solo due volte nella storia parole simili erano state pronunciate dal massimo esponente di Mosca, ed è stato in occasione delle due guerre mondiali.

Putin ha detto molto chiaramente che i responsabili di quell che sta accadendo, coloro che hanno operato tutte le scelte necessarie a portare ad una escalation di tensione, sono i leader occidentali.

Washington, Londra e Bruxelles stanno apertamente incoraggiando Kiev a spostare le ostilità sul nostro territorio. Dicono apertamente che la Russia deve essere sconfitta sul campo di battaglia con ogni mezzo e poi privata di sovranità politica, economica, culturale e di qualsiasi altro genere; ed essere poi saccheggiata” ha spiegato il presidente.

L’obiettivo dell’operazione militare speciale in Ucraina era prima di tutto la liberazione delle Regioni separatiste di Donetsk e Luhansk, dove infatti si voterà dal 23 al 27 settembre per divenire parte della Federazione Russa, e la denazificazione dell’Ucraina.

Ora la priorità sembra essere quella di completare questo percorso, non solo per queste due Regioni ma anche per il territorio di Kherson e di Zaporizhzhia, creando di fatto un’intera fascia che percorre il mar Nero dalla Crimea fino al confine settentrionale di Luhansk.

Mosca mobilita 300 mila uomini

A partire da domani si svolgeranno i referendum nelle quattro Regioni che abbiamo citato, ma l’esito sembra essere più che scontato. L’intera zona si chiamerà Novorossiya, che significa Nuova Russia, e sarà rinforzata con l’invio di 300 mila uomini su un totale di oltre 25 milioni di militari riservisti, in gran parte ex militari, carristi, genieri, tiratori scelti, di età compresa tra i 18 e i 60 anni.

Nel frattempo il Cremlino ha dato il via alla mobilitazione parziale, che comporta la chiamata alle armi per tutti coloro che hanno già prestato servizio e che quindi hanno una qualche esperienza militare.

Insomma la Russia sta serrando i ranghi e si prepara a quello che potrebbe succedere dopo la fine dei referendum che decreteranno di fatto l’estensione del territorio della Federazione Russa.

Infatti, come lo stesso presidente Putin ha tenuto a sottolineare, ogni azione militare condotta nell’area della Federazione Russa sarà intesa come un’aggressione alla nazione. Il presidente è quindi stato molto chiaro su questo e ha dichiarato: “siamo disposti a ricorrere a ogni mezzo per difendere la patria. E questo non è un bluff”.

Putin ha anche ricordato che sarebbero alcuni circoli occidentali a caldeggiare l’uso di armi atomiche “contro la Russia” facendo notare però che l’arsenale di Mosca è assolutamente completo “con diversi tipi di armi che, in parte, sono più moderne di quelle del blocco Nato”.

Anche la Cina si è schierata con Putin

La presa di posizione di Mosca, e il discorso di Vladimir Putin, sono arrivate proprio dopo il confronto tra il presidente russo e il presidente cinese, Xi Jinping.

La posizione della Cina d’altra parte è stata abbastanza chiara fin dall’inizio, non solo non c’è mai stata una condanna dell’operato di Mosca, ma in più occasioni Pechino ha ribadito che le operazioni militari russe sono in sostanza una risposta inevitabile alla politica espansionistica della NATO.

Un concetto che è stato poi ribadito dopo le dichiarazioni rilasciate ieri da Putin, con il commento di Li Zhanshu, figura di spicco del partito Comunista cinese, che via social ha espresso la sua approvazione per le parole del presidente russo.

“La Cina comprende e sostiene la necessità di tutte le misure prese da Mosca per proteggere i suoi interessi nazionali quando Stati Uniti e Nato hanno cercato di chiuderla in un angolo alla sua porta di casa” ha infatti scritto sui social l’esponente del partito Comunista cinese.

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