Emergenza climatica, sempre più comuni verso i piani di adattamento: meno emissioni, più verde e trasporti pubblici

Sono sempre più numerose le città d’Italia e del mondo che dichiarano emergenza climatica e decidono di adottare i piani di adattamento. L’ultima più recente ad unirsi alla lista è Torino “che il clima stia cambiando rapidamente è un’evidenza, specie per noi torinesi” ha dichiarato l’assessore all’ambiente del comune di Torino, Alberto Unia “ormai viviamo periodi caldi di siccità alternati a piogge che creano allagamenti che non siamo in grado di assorbire. Per questo abbiamo accettato anche noi di dichiarare l’emergenza climatica”.

Lo scorso 2 luglio, il consiglio comunale ha infatti approvato all’unanimità una mozione elaborata dai ragazzi del Fridays for Future, un gruppo impegnato in un’opera di sensibilizzazione con l’intento di spingere sempre più città a varare misure urgenti su emissioni, consumi energetici e mobilità.

Ed è lo stesso assessore Alberto Unia a spiegarci quello che il comune di Torino sta mettendo in atto per combattere l’emergenza. “Stiamo lavorando un piano di adattamento ai cambiamenti climatici che coinvolge tutti i settori, dal riscaldamento ai trasporti, al verde, alla protezione civile. Per le ondate di calore cerchiamo di creare in ogni zona delle oasi per ripararsi, senza dover andare nei centri commerciali, mentre per il trasporto pubblico sostituiremo il 50% dei mezzi con mezzi non inquinanti. Poi cambieremo la ztl e stiamo facendo la riclassificazione energetica dei 700 edifici comunali. Tutto questo lo facciamo in maniera coordinata, con un tavolo sul clima che mette insieme gli assessorati”.

Il primo comune italiano a dichiarare lo stato di emergenza climatica non è stato quello di una grande città. Si tratta di Acri, un piccolo comune della Calabria che dal 19 aprile si è attivato per correre ai ripari, cosa che invece su scala nazionale non sta avvenendo. Lo scorso 5 giugno infatti è stata respinta, tra le proteste degli attivisti di Fridays for Future, una mozione con cui veniva richiesta la dichiarazione di emergenza climatica in Italia.

Il governo nazionale ha preferito optare per una presa di posizione più vaga, impegnandosi a “combattere i cambiamenti climatici con una spinta a nuove azioni sostenibili.” Così sono le singole città a dover risolvere il problema caso per caso, e lo hanno già fatto oltre 200 comuni italiani, stabilendo piani di adattamento ai cambiamenti, ma anche di mitigazione delle emissioni di gas serra. Tra questi Milano, Bologna, Firenze, Arezzo, Mantova, Modena e Torino.

Le amministrazioni comunali di queste città, nel mese di maggio hanno firmato un lettera con la quale chiedono all’Unione Europea di definire un iter attraverso il quale si possano raggiungere le zero emissioni nette di gas serra entro il 2050.

Le città in emergenza climatica nel resto del mondo

La più grande tra le città che hanno dichiarato l’emergenza climatica e ambientale è New York, entrata in questa nutrita schiera il 26 giugno. Il 9 luglio lo ha fatto anche Parigi, e prima ancora Basilea, Edimburgo, Londra, Melbourne e San Francisco.

In base a quanto riportato dal sito Climate Emergency Declaration, sarebbero in tutto 507 le amministrazioni locali che hanno dichiarato l’emergenza climatica e ambientale tra Australia, Canada, Regno Unito, Stati Uniti e Svizzera, per un totale di oltre 43 milioni di cittadini.

Un’altra iniziativa nata con le stesse finalità nacque ad Orvieto nel 1999, si chiamava Cittàslow e portò alla nascita di una rete composta da 350 città per la resistenza ambientale. C’è anche C40 Cities, che comprende 94 grandi città, tra le quali compaiono anche Roma e Milano, per un totale di 650 milioni di abitanti, che nasce con lo scopo di realizzare gli obiettivi fissati con l’accordo di Parigi.

Doveroso menzionare anche il Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia, nato nel 2008 con l’obiettivo di raggiungere i target comunitari su clima ed energia. Riunisce 9.664 enti locali in 57 Paesi per un totale di circa 320 milioni di abitanti.

Sul sito di Climate Emergency Declaration si legge: “i firmatari del Patto si impegnano ad adottare un approccio integrato alla mitigazione e all’adattamento ai mutamenti climatici. Sono tenuti a sviluppare, entri i primi due anni dall’adesione, un Piano d’Azione per il Clima e l’Energia Sostenibile con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 40% entro l’anno 2030 e di aumentare la resilienza ai mutamenti climatici”.

L’emergenza climatica nelle maggiori città italiane

Non sono ancora tante le città che hanno intrapreso questo percorso di contrasto all’emergenza climatica, ma ecco cosa stanno facendo alcune di queste cominciando proprio da Bologna, che ha varato Blueap, un piano di adattamento al cambiamento climatico tra i più avanzati.

A Napoli, dove l’emergenza climatica è stata dichiarata a maggio, è l’assessore all’ambiente Raffaele Del Giudice a dirci che: “la decisione è stata presa sulla spinta di comitati di associazioni. Una base sociale molto preparata e anche propensa ad azioni di lungo respiro sui cambiamenti climatici” e a spiegarci poi in che modo viene gestita: “per il progetto ‘città verticale’ abbiamo tracciato percorsi pedonali utilizzando le nostre antiche scale, che vengono rifunzionalizzate e dotate di pannelli fotovoltaici. Il sindaco De Magistris, sensibile al tema, ha approvato il piano Ossigeno Bene Comune (OBC), per il quale prevediamo la piantumazione di migliaia di alberi, nuove piste ciclabili, attrezzature per la differenziata alimentate ad energia alternativa e piccoli impianti di compostaggio.”

Il piano del comune di Napoli, come spiega l’assessore all’ambiente, comprende anche un’ordinanza in base alla quale le navi devono passare ad un combustibile a basso contenuto di zolfo, 3 miglia prima di attraccare. Un’altra ordinanza invece vieta i veicoli euro 3 in via permanente. Sono state anche intraprese alcune azioni volte a migliorare gli stili di vita in collaborazione con le scuole e le associazioni.

E’ stato dato inizio ad una battaglia contro la plastica, eliminandola dagli uffici prima della campagna plastic free. E’ stata realizzata un’isola ecologica dove vengono recuperati materiali, e questa è alimentata ad energia solare. A Scampia è stato costruito un campo di calcio usando 7mila copertoni riutilizzati attraverso un consorzio che tratta copertoni trasformandoli in erba sintetica.

Milano è l’unica città ad aver introdotto la figura del chief resilient officer, che in sostanza è un manager del rischio climatico, compito attualmente svolto da Piero Pelizzaro. L’assessore all’ambiente del comune di Milano, Marco Granelli, spiega che la città “partecipa alle reti internazionali già dai tempi di Pisapia: le città sono quelle che risentono maggiormente degli effetti di calore dell’inquinamento, ma sono anche le sone dove si può fare di più, dove si può fare la differenza.”

Lo stesso assessore Granelli spiega che il comune sta preparando un piano per ridurre drasticamente le emissioni per il ventennio 2030-2050, per il quale sarà necessaria un’operazione congiunta coi settori della mobilità, dell’urbanistica, del verde pubblico. Granelli ha anche annunciato un seminario di formazione per tutti i dirigenti del comune che verrà fatto con tutta l’amministrazione.

Tra i risultati conseguiti annovera il raggiungimento del 62% di raccolta energetica, il bando dalla città per tutti i veicoli diesel dal 2025, la limitazione degli ingressi nell’area B, i veicoli pubblici convertiti ad alimentazione elettrica o ibrida entro il 2030, la rimpiantumazione di 3 milioni di alberi, discorso a proposito del quale l’assessore Granelli spiega: “anche 10 alberi in un strada che non ne aveva permettono di diminuire il calore” e aggiunge: “dobbiamo cominciare oggi a rinverdire, il tempo è poco e anche i cittadini lo sanno: quando vedono che un torrente in due minuti di pioggia si alza di due metri sanno che sta succedendo qualcosa di grave a cui occorre porre rimedio”.

Emergenza climatica e ambientale a Roma, ancora in alto mare

Non ha ancora deciso di correre seriamente ai ripari la città di Roma, dove il 28 giugno la sindaca Raggi ha ricevuto due dichiarazioni di emergenza climatica. Sono state raccolte da un lato 30mila firme a sostegno della petizione #emergenzaclimaticaroma e dall’altro la mozione dei Fridays fo Future.

Quest’ultima in particolare cita i gravi problemi che Roma sta soffrendo nel campo della raccolta differenziata, in quello del servizio pubblico e delle fonti e infrastrutture idriche. L’appello di Fridays for Future è quello di “fare ogni sforzo per contenere l’aumento della temperatura a 1,5 entro il 2030, affrontare con urgenza il tema della mobilità sostenibile a Roma, bonificare il Tevere, riqualificare l’edilizia pubblica e privata, affrontare il problema dei rifiuti tenendo conto dell’intero ciclo, sanare le falle nel sistema idrico di Roma per ridurre le dispersioni al 20% entro 5 anni, tutelare le aree verdi in un’ottica di infrastruttura climatica”.

Se non altro la sindaca Virginia Raggi ha espresso un parere positivo in merito a quanto proposto, dichiarando che verrà fatto un “lavoro importante su questo tema”. Tuttavia ad oggi nella capitale non risulta essere stato preso alcun provvedimento in merito all’emergenza climatica ed ambientale.

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