Nella giornata di ieri, 23 ottobre, si è tenuta a Milano la conferenza organizzata dal DPAM sui cambiamenti climatici e sul loro impatto sul settore agroalimentare. Alexander Roose, Head of International and Sustainable Equity, nonché esperto di agroalimentare, ha aperto la conferenza con una introduzione al problema dei cambiamenti climatici.

“Il cambiamento climatico è un rischio sistemico che deve essere intrgrato nella gestione di portafoglio come parte del dovere fiduciario nei confronti degli investitori” ha iniziato Roose, spiegando poi che: “la situazione ambientale, da tutti i punti di vista (aria, oceani e coste, acqua dolce, biodiversità, terra e suolo) è in crisi. Tuttavia il messaggio è chiaro: non è troppo tardi se si agisce in un’epoca di cambiamenti urgenti”.

“Vi sono numerose innovazioni in corso” ha annunciato Roose, specificando che: “alcuni dei settori in cui abbiamo recentemente assistito a molte innovazioni sono l’agricoltura di precisione e i prodotti biologici agricoli (un’industria da 3 miliardi di euro). Il primo si basa sull’utilizzo dei big data e sull’osservazione meticolosa delle condizioni agricole per ottimizzare la produzione, e allo stesso tempo preservare le risorse”.

“Il secondo abbraccia una gamma di prodotti composti da microrgnismi, estratti vegetali o altri materiali organici” continua Alexander Roose “e offre un’alternativa verde ai pesticidi convenzionali. In linea generale, comunque, ora c’è bisogno di ambizione e investimenti“.

Biodiversità e cambiamenti climatici sono fortemente interconnessi

Nella sua presentazione, Alexander Roose ha messo in evidenza la stretta correlazione tra cambiamento climatico e biodiversità. In primis bisogna tenere conto che i sistemi di approvvigionamento alimentare contribuiscono nella misura del 25% sulle emissioni di gas serra, il 90% di quella porzione è a livello delle fattorie e degli allevamenti.

Infatti il bestiame produce il 14% del totale delle emissioni di gas serra, alle quali si vanno poi a sommare quelle prodotte dall’industria dei trasporti. Per avere una misura più esatta dell’incidenza basti pensare che il 70-80% circa di tutta la superficie destinata ad uso agricolo viene utilizzata per i pascoli e per le colture per l’alimentazione del bestiame.

Altro fattore che bisogna considerate è quello dello spreco alimentare. E’ possibile osservare oggi un cambio di direzione nel settore agroalimentare, con una maggiore tendenza a allontanarsi dalla produzione convenzionale di carne a favore di alternative più ecocompatibili.

In tal senso si possono rilevare tre pratiche che stanno prendendo piede. La prima riguarda un consumo di carne più limitato; la seconda il passaggio alla sostituzione della carne con alternative vegetali; la terza il progresso di sostituti della carne a base cellulare. In merito a quest’ultima pratica però resta da capire che tipo di risposta potrebbe incontrare da parte dei consumatori, in quanto molti potrebbero manifestare una certa avversione.

Prevenzione del rischio del cambiamento climatico e opportunità

Alexander Roose ha poi fatto il punto sui rischi correlati agli effetti dei cambiamenti climatici, prospettando al contempo alcune opportunità, correlate agli stessi fattori, nella gestione del portafoglio. Il primo step è quello di individuare il tema d’investimento, dopodiché è necessario decidere quale azienda scegliere nella catena di valore.

In quest’ottica si rivela fondamentale una buona valutazione della mentalità innovativa dell’azienda e della sua strategia di implementazione nel lungo termine. Quello che accade ad esempio quando delle innovazioni nel settore agricolo vengono presentate agli agricoltori, è che i soggetti mostrino una certa riluttanza ad adattarsi al cambiamento, ed evidenti difficoltà a distaccarsi dalle tecnologie fin’ora utilizzate.

Si rivela dunque fondamentale la capacità delle aziende di convincere gli agricoltori, non solo in merito ai benefici sostenibili delle soluzioni che propongono loro, ma anche in merito a vantaggi tangibili che li portino a promuovere la loro implementazione su larga scala.

Interessante in questo contesto l’esempio di DSM, azienda che ha recentemente sviluppato un additivo capace di ridurre notevolmente le emissioni di gas metano del bestiame.

Murillo: “investimenti sostenibili e responsabili tendenza strutturale destinata a durare”

Tomas Murillo, Head of International Sales e membro del Comitato di Gestione DPAM, ha definito l’impegno dell’azienda nella direzione della sostenibilità come parte del DNA di DPAM. “Quali pionieri nel settore, in DPAM osiamo credere che gli investimenti sostenibili e responsabili siano una tendenza strutturale che è destinata a durare”.

“Questa convinzione ci spinge a investire continuamente in risorse e ricerca” ha spiegato Murillo “siamo innovatori instancabili in una serie di strategie e aree di competenza, sfidando i principali attori del settore. Inoltre, rivediamo costantemente i nostri modelli proprietari e innalziamo il nostro livello di sostenibilità”.

A chiudere la conferenza l’intervento di Alessandro Fonzi, CFA, Country Head Italy e Deputy Head Institutional Sales International di DPAM, che ha tracciato una panoramica della qualità della gamma dei fonti di DPAM registrati per il collocamento in Italia.

“Sono veramente poche le società di gestione al mondo che possono vantare una importante percentuale di fondi nella gamma con 5 o 4 stelle: 16 fondi su 26 (62%) nel più breve periodo di tre anni e ben 18 fondi (72%) dal lancio con 9 fondi che hanno oltre 10 anni di vita. Percentuali simili le troviamo anche negli 8 fondi SRI già registrati in Italia: 5 fondi su 8 (63%) hanno 5 o 4 stelle a tre anni e 6 fondi (75%) le hanno dal lancio con 6 fondi SRI che hanno più di 10 anni di vita”.

Alessandro Fonzi ha poi evidenziato quanto sia determinante avere pazienza e lavorare sul lungo termine nel campo degli investimenti, sottolineando che gestione attiva e sostenibilità finiscono per premiare gli investitori.

A conclusione del suo intervento, Fonzi ha anche ricordato le ampie aree di competenza di DPAM nell’ambito della sostenibilità. In primo luogo dunque il suo ruolo di pioniere nell’analisi della sostenibilità dei Paesi implementata nelle strategie obbligazionarie governative, ma anche quello assunto con l’esperienza accumulata nel tempo nello sviluppo di KPI (Key Performance Indicators) proprietari e di balanced scorecards per i settori/temi e le aziende. Campo quest’ultimo nel quale la ricerca ESG esterna dei principali fornitori di rating ESG è ancora insoddisfacente.

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