Coronavirus, Zangrillo: “tra poco potremo buttar via le mascherine” è il momento di “tornare ad una vita normale”

Dire che aveva fatto notizia è un eufemismo, perché quando il professor Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele di Milano, dichiarò che il coronavirus è clinicamente morto, si scatenò un mezzo putiferio.

In molti il professor Zangrillo lo hanno conosciuto così, grazie a quella dichiarazione fuori dal coro che tante critiche e tanti attacchi gli ha attirato contro. Verrebbe da pensare che una simile reazione sia stata motivata dal fatto che le affermazioni del primario del San Raffaele fossero false, o inesatte, o quantomeno imprecise.

Nulla di tutto questo. Le affermazioni di Zangrillo non sono state confutate, sono state anzi confermate anche da chi lo attaccava, il punto è che quelle cose, anche se vere, non bisognava dirle. Il Paese sta attraversando un momento difficile, una emergenza sanitaria senza precedenti, ed in questo contesto diffondere la paura va bene, dire che il virus è clinicamente morto invece no, troppo pericoloso.

La gente potrebbe prendere sotto gamba il problema del contagio, potrebbe smettere di lavarsi le mani e ricominciare a mettere in bocca oggetti raccolti da terra. O almeno questa sembra sia l’immagine che le istituzioni hanno del popolo italiano, quel popolo ritenuto in grado di votare ma non di badare alla propria salute e alla propria igiene personale.

Ad ogni modo il professor Zangrillo ha ricevuto il messaggio e non ha rincarato la dose. Anzi nelle sue dichiarazioni successive ha prestato molta attenzione a sottolineare e ribadire fino alla noia le parolette magiche: “il lockdown è stato efficace”, “se continueremo a comportarci bene” e via dicendo, ma non ha rinunciato a fare il suo lavoro.

Zangrillo: “l’interazione virus-ospite non dà più la malattia”

È tornato sull’argomento, il professor Zangrillo, con qualche dato in più che dimostra che l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha un aspetto completamente diverso, non solo perché ci sono meno casi, meno pazienti in terapia intensiva ecc, ma perché c’è ‘meno coronavirus’ nei tamponi dei pazienti con il coronavirus.

“Il lockdown è stato efficace” ha esordito Zangrillo, probabilmente anche per avere la certezza di risparmiarsi una vagonata di attacchi, “anche se drammatico per l’economia. Il distanziamento intelligente è una buona misura” ha aggiunto poi, badando bene a non dire “distanziamento sociale”, ma “distanziamento intelligente” che lascia intendere che dovrebbe spettare al singolo individuo operare la scelta seguendo il buon senso.

“Se continuiamo a comportarci bene, se seguiremo le norme igieniche che ben conosciamo, sono certo di una cosa: a fine mese, almeno all’aperto, faremo a meno delle mascherine” ha aggiunto poi il primario del San Raffaele.

Nel corso dell’ultima intervista che ha rilasciato, il professore ha risposto ad alcune domande, tratteggiando così un quadro molto più dettagliato, e fornendo a tutti delle preziose informazioni sull’andamento dell’emergenza sanitaria.

L’ultimo paziente entrato in terapia intensiva del San Raffaele risale al 18 aprile. E l’ultimo positivo al virus ricoverato in reparto ordinario, con una sintomatologia semplice, è di dieci giorni fa” dice Zangrillo, sottolineando: “i miei dati sono questi” come per dire ‘non è colpa mia se le cose stanno così’.

Dati che se vengono confrontati con quelli di altri colleghi di altri ospedali, spiega il professore, mostrano un risultato identico. “Basandomi sull’osservazione, già due mesi fa ho avuto la consapevolezza che stesse succedendo qualcosa” ha poi tenuto a precisare Zangrillo, specificando poi: “il Covid c’è ancora, non è mutato, ma l’interazione virus-ospite non dà più la malattia. I tamponi più recenti hanno mostrato una carica virale di gran lunga attenuata rispetto ai prelievi di uno-due mesi fa”.

Zangrillo: “un paziente positivo non è malato”

Meno ‘coronavirus’ nei contagiati insomma, e questo cosa vuol dire esattamente? Il professor Zangrillo non esita a dire come stanno le cose parlando a stampatello: “è ora di ribadire una cosa: un paziente positivo non è malato. E il numero giornaliero dei contagi non ingrossa le fila dei malati. Punto”.

Difficile essere più chiari di così, ma a scanso di equivoci il giornalista domanda: “alcuni virologi parlano però di coda dell’epidemia in corso. Hanno torto?”. “Non faccio polemica, ce n’è già stata troppa: se vogliono dire così facciano pure” risponde Zangrillo “il riscontro clinico è l’unica sentinella che fa testo: in ospedale non entrano più malati”.

Zangrillo: “gli Italiani sono stati terrorizzati abbastanza. E soprattutto disinformati”

Nell’intervista che citiamo, riportata da diversi quotidiani nazionali, il professor Zangrillo conferma quello che aveva detto a fine maggio, e questa volta adduce ulteriori elementi a sostegno. E ora gli Italiani cosa faranno? In che modo reagiranno?

“Gli Italiani sono già stati terrorizzati abbastanza. E soprattutto disinformati. Ciò malgrado hanno saputo capire: ora diciamogli le cose come stanno” propone Zangrillo. “Certo è essenziale che si comportino con la diligenza del buon padre di famiglia, per usare le parole del codice civile. Le precauzioni devono restare”.

Si noti bene che il professore parla di precauzioni, sono quelle a dover restare, non le disposizioni sull’uso della mascherina e il distanziamento sociale, né le misure restrittive che impongono ancora oggi ad alcune attività di restare chiuse. Parla di precauzioni, come quelle che da sempre qualunque individuo dotato di intelletto ha adottato nell’affrontare la vita, non di imposizioni da parte delle istituzioni attraverso le quali si apportano modifiche sostanziali allo stile di vita del libero cittadino.

Zangrillo: “Dobbiamo pensare al futuro, cioè a domattina: ci sono tutti i riscontri per cui il Paese può tornare a una vita normale”

Quanto al dramma dell’economia, chiede l’intervistatore: “è paragonabile al prezzo pagato in termini di vite umane?”. Ma Zangrillo chiarisce subito: “toccherà ai sociologi e agli storici fare questa equazione” quello che invece si può certamente affermare è che “ora dobbiamo pensare al futuro, cioè a domattina: ci sono tutti i riscontri per cui questo Paese può tornare ad una vita normale“.

E la seconda ondata? “Non è affatto detto che arriverà” ha ricordato Zangrillo, che alla domanda riguardante le previsioni di 151mila malati nelle terapie intensive rivelatesi completamente errate, il primario ha preferito non commentare, sottolineando invece che “ora abbiamo le cure giuste da mettere in campo”.

Cosa sappiamo in più sul coronavirus? “I virologi del San Raffaele diretti da Massimo Clementi hanno accertato che si tratta di un maledetto beta coronavirus, stessa famiglia di Sars e Mers. Però è diventato meno bellicoso” ha spiegato Zangrillo “i fattori ambientali giocano inoltre a nostro favore: raggi ultravioletti e temperature alte lo indeboliscono“.

Nel gruppo San Donato abbiamo sviluppato un approccio sistemico” ha spiegato ancora il professore “producendo oltre 200 lavori correlati all’epidemia. Virologi, cardiologi, infettivologi sono entrati nello stesso gruppo, ciascuno sistemando la propria mattonella”.

E qual è il risultato di questo lavoro? “Certi aspetti ricorrenti permettono un approccio precoce al virus, che colpisce una determinata fascia della popolazione. Questa tempestività è decisiva per il trattamento. E sarà utilissima in caso di un’ondata di ritorno”.

Il professor Zangrillo ha inoltre confermato la correlazione con l’età, e quindi il fatto che gli anziani sono effettivamente più a rischio, così come sono più esposti i cardiopatici e i malati oncologici.

Infine è stato domandato se il Covid sia ancora un nemico invisibile, al che il professore ha risposto: “piuttosto direi infido. Una cosa buona però l’ha prodotta: ci impone di riorganizzare un sistema sanitario qualitativamente eccellente, ma depauperato nelle strutture base nel corso degli anni. Parlo della sanità pubblica, ovviamente. Gli ospedali, il territorio e le Regioni finalmente stanno collaborando. Bisogna ripartire da qui”.

A confermare quanto affermato dal professor Zangrillo, anche le dichiarazioni di un altro esperto, il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che in una intervista rilasciata a Il Corriere, fornisce ulteriori dettagli al quadro delineato dal primario del San Raffaele, affermando tra le altre cose che “i nuovi positivi non sono contagiosi”.

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