Vaccino coronavirus, la statunitense Moderna dà il via all’ultima fase di test clinici

Non c’è più alcuna emergenza sanitaria legata alla pandemia di coronavirus in Italia, ma si continua a parlare molto del vaccino anti-Covid-19, e soprattutto si continua spesso ad indicare questa come l’unica strada per uscire da un’emergenza dalla quale, stando ai numeri, siamo già usciti.

Non basta però che nella giornata di ieri siano stati registrati in tutto un centinaio di nuovi casi, asintomatici peraltro, che i guariti siano 3 volte tanti, e che nei reparti di terapia intensiva in tutta Italia ci siano sì e no una sessantina di pazienti su 60 milioni di abitanti.

L’emergenza coronavirus c’è ancora in Italia, tanto che il premier ha già espresso il desiderio di prolungare lo stato di emergenza per altri 6 mesi, quando negli altri Paesi europei si prende tutt’altra strada, come la Francia ad esempio, che lascia terminare lo stato di emergenza il prossimo 24 luglio.

La ricerca per il vaccino procede a gonfie vele o quasi

Ed è in questo contesto che si continua a parlare dell’importanza del vaccino per il coronavirus, la cui ricerca ha compiuto un nuovo passo avanti proprio in questi giorni. La società statunitense Moderna infatti, ha fatto sapere che il 27 luglio verrà avviata l’ultima fase dei test clinici nell’ambito dello sviluppo del vaccino per il coronavirus.

Si tratta di un traguardo importante perché in questo modo Moderna diventa la prima società a raggiungere questa fase nella ricerca del vaccino. La sperimentazione riguarderà un totale di 30 mila soggetti, in metà dei quali verrà iniettata una dose di 100 microgrammi, mentre nell’altra metà verrà iniettato solo un placebo.

Per questa fase si prevede di avere i risultati entro il 27 ottobre, e l’immunologo di Donald Trump, Anthony Fauci, ha già fatto sapere che se tutto procede per il meglio si potrebbe avere la disponibilità del vaccino “entro il prossimo anno, anno e mezzo”.

Da Moderna fanno sapere che con il completamento della dose di Fase 3 “l’azienda rimane sulla buona strada per poter erogare circa 500 milioni di dosi all’anno ed eventualmente fino a 1 miliardo di dosi all’anno a partire dal 2021 dal sito produttivo interno dell’Azienda negli Stati Uniti e dalla collaborazione strategica con Lonza”.

La buona notizia, è stata buona soprattutto per le azioni Moderna a New York, con il titolo che ha visto un balzo del 16%. Non solo, in seguito all’annuncio della compagnia si sono riscontrati effetti positivi su tutti i mercati europei.

Sergio Avila di IG ha spiegato a tal proposito che l’ondata di ottimismo è dovuta al fatto che “Moderna Inc ha dimostrato che il suo vaccino sperimentale è sicuro e ha provocato risposte immunitarie nei 45 volontari che lo hanno testato in una fase iniziale della ricerca”.

Il vaccino per il coronavirus sarà obbligatorio?

Ma se un domani il vaccino per il coronavirus dovesse davvero vedere la luce, allora dovrebbe essere volontario oppure obbligatorio? Si tratta di una domanda che anima molto il dibattito da mesi ormai, e man mano che il vaccino sembra più vicino, trovare una risposta diventa una necessità sempre più impellente.

Cominciamo col ricordare prima di tutto che, se tutto va bene e le previsioni fatte da Anthony Fauci dovessero rivelarsi corrette, il vaccino sarà pronto entro un anno o un anno e mezzo, e non sappiamo quale sarà la situazione epidemiologica per allora.

Quello che sappiamo però è che si sono già verificati diversi casi in cui un soggetto che ha avuto il coronavirus sia stato infettato una seconda volta, e secondo un recente studio è possibile che chi prende il virus una seconda volta ha più probabilità di sviluppare la forma grave della malattia.

Ma tornando alla domanda: il vaccino per il coronavirus dovrà essere obbligatorio? Secondo il primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, la strada da seguire è un’altra. “L’obbligatorietà diventa sempre un po’ difficile. Quando si parla di una vaccinazione su ampia scala credo sarebbe più importante arrivare a spiegare alla gente l’importanza del vaccino” spiega il professore.

Insomma l’ideale sarebbe, secondo Bassetti, non imporre la vaccinazione contro il Covid-19, ma fare in modo che “la gente arrivi ad essere convinta di quanto il vaccino serve. Questo vuol dire avere un Paese evoluto dal punto di vista della prevenzione”.

L’agenzia europea del farmaco per la distrubuzione del vaccino prima della conclusione della sperimentazione

Intanto, secondo quanto riportato da La Stampa, l’agenzia europea del farmaco si sta attivando per trovare un modo per dare il via alla distribuzione del vaccino prima ancora che si sia conclusa la fase di sperimentazione. Una decisione che potrebbe non lasciare indifferenti, per usare un eufemismo, tutti coloro che si riconoscono nel fronte no-vax, e che però potrebbe far storcere il naso un po’ anche a chiunque sia dotato di un minimo di buon senso.

Bassetti però prova a gettare acqua sul fuoco, assicurando che non si corre alcun rischio anche se si inizia a somministrare un vaccino che ancora non ha neppure terminato la fase di sperimentazione.

“Ci sono enti preposti alla sicurezza dei farmaci” ricorda il primario del San Martino di Genova “se si deciderà di approvarla con procedura di urgenza immagino che sarà comunque fatto per la sicurezza dell’utente finale“. Non si sbilancia troppo nemmeno lo stesso Bassetti comunque, che si guarda bene dal dare per certa questa possibilità, relegandola invece al ragno di una mera previsione.

“Chi sovrintende, l’agenzia europea o la Fea, non si prenderà la responsabilità di approvare un presidio sanitario senza che questo abbia un’adeguata fase sperimentale. Chiaro che c’è la necessità di arrivare il prima possibile, ma credo che si farà nella massima sicurezza” aggiunge Bassetti, ma senza con ciò fornire maggiori rassicurazioni.

La prima affermazione infatti va in netta contraddizione con il concetto riportato da La Stampa, vale a dire che l’agenzia europea del farmaco si sta attivando per dare il via alla distribuzione prima che termini la fase di sperimentazione. La seconda invece ribadisce che non vi è alcuna certezza che l’intera operazione si svolga nella massima sicurezza.

La questione dell’obbligo vaccinale

Quanto all’obbligatorietà del vaccino per il coronavirus, Bassetti prova ad esemplificare. “Un conto è la legge sui vaccini nelle scuole, che è un argomento un po’ diverso: la tua libertà di non vaccinarti finisce nel momento in cui inizia la mia libertà di non ammalarmi, soprattutto gli immunodepressi” spiega il primario e poi aggiunge: “sarebbe come dire: ti obbligo a fare la mammografia o l’esplorazione rettale per il tumore alla prostata. Ti devo spiegare che se lo fai, fai bene a te stesso e fai bene al sistema in cui operi”.

Cosa succederà allora quando finalmente sarà disponibile il vaccino? Secondo Bassetti “bisognerà fare in modo di spiegare a tutti quali saranno i benefici del vaccino, quelli che saranno i rischi, e le persone in maniera indipendente decideranno di farlo. Sui vaccini bisognerà tornare a parlare molto, forse l’errore fatto in passato è stato imporre una strategia senza poi discutere, quindi sarà giusto sentire l’opinione degli Italiani”.

In questa prospettiva sarebbe sicuramente d’aiuto un maggior grado di fiducia da parte dei cittadini nelle istituzioni, tuttavia in questa direzione c’è molta strada da fare.

Bassetti: “per chi ha operato sul campo siamo concordi sul fatto che non siamo più in emergenza”

La questione della proroga dello stato di emergenza che il presidente del Consiglio Conte ritiene necessaria è stata affrontata dallo stesso Bassetti, che a tal proposito ha tenuto a sottolineare: “mi pare che, per chi ha operato sul campo, siamo concordi sul fatto che non siamo più in emergenza. L’emergenza vera per la quale eravamo tutti preoccupati, ovvero avere un letto per tutti, un ventilatore per tutti, sembra essere passata”.

“Se dire che siamo in emergenza vuol dire sostenere che siamo in emergenza ospedaliera, dico che non ci siamo. Credo che oggi metterci ancora nella condizione di dire ‘siamo in emergenza’ non faccia fare una gran bella figura col resto d’Italia e del mondo” ha aggiunto il primario.

Uno stato di emergenza che peraltro è terminato un po’ per tutti i Paesi che lo avevano dichiarato, osserva Bassetti, ricordando che “l’ultimo sarà la Francia il 24 luglio”. Il rischio è, secondo il primario del San Martino che all’estero passi un messaggio sbagliato, e che si pensi che nel nostro Paese persistano condizioni sanitarie preoccupanti.

Un messaggio che potrebbe penalizzare in particolare un Paese come l’Italia che vive di turismo. “Io credo che oggi non siamo più in emergenza” conclude il primario “e prorogarla di sei mesi in sei mesi mi pare un po’ esagerato“.

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