Case farmaceutiche nel mirino, tra negoziati segreti e interessi personali

Alcuni documenti ottenuti dal Corporate Europe Observatory e delle rivelazioni di Reuters, dimostrano come e cosa l’industria farmaceutica ha ottenuto dalle istituzioni durante il periodo di emergenza da Covid-19.

Si parla infatti di lobbying, di pressioni fatte da parte delle aziende del farmaco per far sì che i trattati con i singoli Stati restassero indipendenti, così da impedire ai singoli Paesi di sapere quali siano i prezzi di vaccini e farmaci venduti alle altre nazioni.

Poi, quando la Commissione ha formato un team di negoziatori europei per il futuro vaccino, al suo interno è stato inserito anche l’ex capo della Federazione Svedese delle industrie farmaceutiche, il quale risulta ancora attualmente socio di due aziende attive nel settore.

Infine, uno dei gruppi che produrrà un potenziale vaccino è stato addirittura sollevato da parte delle responsabilità per l’eventuale insorgenza di effetti collaterali e conseguenti danni alle persone.

Incontro tra commissari Ue e industria

Il 9 aprile, in piena emergenza Covid nella maggior parte dei Paesi, un rappresentante dell’Efpia, la lobby europea dell’industria farmaceutica, comunicava via telefono a Stella Kyriakides, commissaria europea alla Salute, e a Thierry Breton, commissario al mercato interno: “Vorremmo continuare a fornire questi nuovi trattamenti attraverso i canali abituali e non con un approvvigionamento congiunto“.

In altre parole chiedeva loro di non utilizzare alcuna procedura di acquisto congiunto, che sarebbe invece risultata più trasparente dei negoziati compiuti con i singoli Stati.

A portare alla luce questa “richiesta” sono i verbali degli incontri tra i Commissari Ue e l’industria durante il periodo più critico della pandemia, i quali sono stati ottenuti dal Corporate Europe Ebservatory (Ceo) che proprio in questi giorni ha pubblicato il documento intitolato “Potere e conflitto durante una pandemia – perché l’industria farmaceutica ha bisogno di maggiore controllo“.

Nel report si legge: “L’associazione rappresentativa di Big Pharma ha usato il suo potere per fare lobby contro un meccanismo (quello della negoziazione congiunta) disegnato per migliorare l’accesso e il prezzo equo dei trattamenti durante la pandemia”.

Il rappresentante dell’Efpia fa riferimento a dei “canali abituali“, che, come spiegato dal Ceo, “sono quelli dei negoziati segreti tenuti dall’industria con singoli Stati in cui nessun Paese conosce il prezzo a cui il prodotto è venduto altrove”, e proprio per questo motivo ha meno capacità negoziale.

Il team di negoziatori Ue include anche l’ex capo della lobby farmaceutica svedese

Il documento quindi sottolinea quanto l’industria sia riuscita ad ottenere dalle istituzioni in un periodo così delicato.

Ad agosto la Commissione europea ha formato un team di negoziatori, chiamato “Joint negotiation team“, il cui scopo era quello di discutere dei contratti per i futuri vaccini, ma i nomi dei membri sono rimasti segreti.

Durante lo stesso mese, il giornale belga Hln ha scoperto che uno dei membri del team è proprio Richard Bergstrom, capo dell’Efpia svedese fino al 2016 ed attualmente titolare di interessi personali nell’industria farmaceutica, in quanto risulta co-proprietario di due società (PharmaCCX e Holzle, Buri & Partner Consulting) che forniscono diversi servizi a Big Pharma.

La Commissione ha precisato, sul proprio sito, che tutti i membri facenti parte del team sono stati proposti dagli stessi governi, e che “hanno firmato una dichiarazione di assenza di conflitti di interesse“.

Tuttavia non è stata espressa alcuna parola sull’eventuale avvio di una valutazione indipendente sull’effettiva assenza di conflitti di interesse. Eppure sarà proprio questo team a negoziare condizioni che determineranno la spesa di milioni di euro per tutti i contribuenti europei.

AstraZeneca sollevata da responsabilità per eventuali effetti avversi

Attualmente la Commissione ha stipulato due contratti, uno dei quali con AstraZeneca (che sta producendo il vaccino sviluppato a Oxford) per una fornitura di 300 milioni di dosi e un’opzione di altre 100 milioni. Secondo quanto rivelato da Reuters, il prezzo pagato è di 366 milioni di euro.

Bisogna però specificare che non si tratta di un anticipo per l’acquisto successivo delle dosi, ma del costo della sola prenotazione. Se il vaccino dovesse rivelarsi efficace potrà poi essere acquistato dai singoli Stati, ma se non dovesse risultare efficace, la Commissione avrà comunque pagato quella cifra per sostenere la casa farmaceutica e lo sviluppo del vaccino.

Inoltre, sempre stando a quanto rivelato da Reuters qualche giorno fa, è stato stretto anche un accordo segreto tra la Commissione e l’azienda anglo-svedese grazie al quale viene assicurato che saranno i governi a pagare per eventuali effetti avversi del vaccino.

Ciò costituisce un’eccezione alla legge europea, infatti secondo la direttiva del 1985 sulla responsabilità dei prodotti, liability directive, solo l’azienda che produce il prodotto in questione deve essere considerata responsabile di eventuali conseguenze.

Un portavoce della Commissione ha in seguito rivelato che ciò è stato fatto per ottenere uno sconto sul prezzo di ogni singola dose, che ora si aggirerebbe attorno a 2,50 euro.

Il secondo contratto firmato dalla Commissione infatti, con Sanofi-GlaxoSmithKline, non prevede che siano i governi a pagare per l’eventuale manifestazione di effetti indesiderati, infatti il prezzo per dose è più alto (circa 10 euro).

Nel frattempo il team di negoziatori europei sta continuando a trattare per conto di tutti gli Stati membri, ed ha già concluso dei colloqui con Johnson & Johnson, CureVac e Moderna.

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