In Italia i sussidi ambientalmente dannosi valgono 35,7 miliardi di euro

In Italia i Sad, sussidi ambientalmente dannosi, ammontano a 35,7 miliardi di euro e per questi nel 2020 non vi è stato nessun taglio, anzi ne sono stati aggiunti addirittura di nuovi: 21 miliardi sono sussidi diretti (con 11 miliardi nel settore dei trasporti, 10 miliardi in quello dell’energia e 155 milioni in quello dell’agricoltura), mentre 13 miliardi sono indiretti.

Nonostante quest’anno sia stata istituita una “Commissione interministeriale per lo studio e l’elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi“, la legge di bilancio presentata dal governo non prevede nemmeno la trattazione di questo tema.

Nell’ultimo dossier pubblicato da Legambiente e intitolato “Stop sussidi alle fonti fossili e ambientalmente dannosi”, l’associazione è andata ben oltre le fonti fossili, includendo anche i contributi ai settori dei trasporti, edilizia, agricoltura e canoni per lo sfruttamento di beni naturali.

In questi giorni è stato anche presentato il rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute sull’impegno dei maggiori Paesi del mondo riguardo la situazione climatica, stilato in collaborazione con Legambiente, e da questo è emerso che l’Italia è scesa al 27° posto, rispetto al 26° dello scorso anno.

Questo passo indietro compiuto dall’Italia è dovuto principalmente a due motivi:

  • il primo riguarda il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili che si è verificato quest’anno e per cui il Paese si posiziona al 31° posto;
  • il secondo riguarda la politica climatica nazionale adottata, del tutto inadeguata per il raggiungimento degli obiettivi di Parigi, tra l’altro non raggiunti nemmeno dai Paesi che occupano le prime posizioni.

Infatti il PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, consento una riduzione delle emissioni di appena il 37% entro il 2030, con un taglio di solo l’1,7% a partire dal 2020.

Sussidi ambientalmente dannosi in Italia

I Sad comprendono tutte quelle misure incentivanti che intervengono su lavorazioni o beni per ridurre il costo di utilizzo di fonti fossili o di sfruttamento delle risorse naturali.

Sono quindi dei finanziamenti diretti a centrali che utilizzano petrolio, carbone e gas, come quelle di Fiumesanto e Brindisi Sud, alimentate a carbone, o la Centrale di San Filippo Mela, alimentata ad olio combustibile (tutte aperte esclusivamente grazie ai sussidi ricevuti), oppure le centrali diesel presenti sulle isole minori italiane e che potrebbero benissimo essere sostituite da impianti eolici o fotovoltaici, ben più efficienti ed economici.

I Sad vengono assegnati sotto forma di sconti su tasse come accisa, iva e credito d’imposta, per una lunga lista di utilizzi di gasolio, gas e benzina nel riscaldamento, nelle industrie e nei trasporti. Quindi possono essere rilasciati sotto forma di sconti sui prezzi, esenzioni e differenti trattamenti fiscali.

Di questi sconti poi possono beneficiare sia famiglie che imprese, per questo Legambiente sostiene che “un semplice taglio avrebbe effetti negativi da un punto di vista economico e sociale, per famiglie più povere e imprese più in difficoltà”.

Secondo l’associazione, invece, bisognerebbe “far diventare questi sconti sui consumi, incentivi verso investimenti in efficienza e nell’autoproduzione da rinnovabili, con risultati strutturali in termini di risparmio oltre che vantaggi ambientali”.

Attualmente ben oltre 23 miliardi di questi sussidi sono destinati alle imprese, mentre solo 12,5 miliardi sono destinati alle famiglie.

Oltre tutto questo, i Sad comprendono anche i canoni bassi per l’estrazione di materie prime, per l’imbottigliamento di acqua e tasse limitate per chi butta rifiuti riciclabili in discarica. Includono quindi fondi indirizzati a centrali da fonti fossili, ad autostrade, componentistica, impianti per la fertilizzazione e a centri per la ricerca su gas, carbone e petrolio, sia in Italia che all’estero.

Nel documento si legge: “addirittura alcuni di questi sussidi sono stati introdotti nel 2020. Come il capacity market, che prevede 20 anni di generosissimi incentivi per nuove centrali a gas, giustificati da ragioni di sicurezza del sistema”.

Inoltre nel 2020 è stato introdotto il superbonus per la riqualificazione degli immobili, il quale prevede un incentivo corrispondente al 110% delle spese ma che comprende anche l’installazione di caldaie a gas, nonostante esistano “alternative a zero emissioni come le pompe di calore integrate con pannelli solari“.

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