FAO, per un’innovazione sostenibile è necessaria una partnership tra pubblico e privato

Ora che il 2030 è sempre più vicino sono in molti a chiedersi se effettivamente si riusciranno a raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La pandemia ancora in corso ha sicuramente evidenziato la necessità di lavorare assieme per realizzare uno sviluppo sempre più rispettoso dell’ambiente che raggiunga il maggior numero di persone possibile, e di collaborare in modo da poter sfruttare le conoscenze e i punti di forza di ciascuno.

Beth Bechdol, vicedirettore generale della FAO, ha diciarato che alla base del cambiamento trasformativo ci deve essere una partnership strategica tra pubblico e privato per andare verso un’innovazione sostenibile. Inoltre, questo nuovo approccio deve coinvolgere ogni parte della società, dalle imprese all’agroalimentare, dal mondo accademico alle Ong e infine anche ai cittadini.

Agricoltura e alimentazione sono due punti chiave dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda i sistemi agroalimentari si può dire che il settore privato rappresenti un elemento chiave perché, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, le imprese agricole sono principalmente a conduzione familiare, e dunque private.

Inoltre il settore dell’agroalimentare in questo momento è chiamato ad affrontare una sfida piuttosto ardua, perché deve fornire cibo economico, accessibile e nutriente ad una popolazione in forte aumento, e al tempo stesso deve fronteggiare il problema legato ai cambiamenti climatici e all’emergenza dovuta a parassiti e malattie.

In questo contesto, unire le conoscenze del pubblico a quelle del privato potrebbe comportare una spinta decisiva verso l’innovazione, che segnerà quindi la nascita di sistemi alimentari più inclusivi e sostenibili, e renderà gli obiettivi dell’Agenda 2030 sempre più a portata di mano.

Non bisogna però sottovalutare la naturale propensione alla tecnologia e all’innovazione del settore privato, infatti sappiamo benissimo quanto entrambi questi fattori siano essenziali in campo agroalimentare, ad esempio per salvaguardare l’agricoltura stessa dalle emergenze sanitarie, climatiche e ambientali (basti pensare alle invasioni di parassiti che ogni anno distruggono i raccolti). Accedere ai dati, dunque, significa attuare le migliori pratiche possibili per quanto riguarda la raccolta, la trasformazione, la distribuzione e tutti i meccanismi di mercato.

Privato? Non solo multinazionali

Quando si parla di “privato” in realtà non ci si riferisce esclusivamente alle multinazionali, perché il settore è molto diversificato e comprende imprenditori, startup, associazioni di categoria e filantropiche. La partnership a cui aspira la FAO, dunque, riflette questa diversità sulle varie realtà nazionali, regionali e locali. In altre parole, non esiste una formula universalmente valida, ma ogni soluzione deve essere adattata ai contesti locali.

Beth Bechdol, infatti, nel suo discorso ha anche citato un accordo stretto in Papua Nuova Guinea con un’azienda locale per implementare la produttività dei produttori locali di cacao e facilitare il loro ingresso in mercati molto più redditizi.

Bechdol ha poi aggiunto: “il nostro obiettivo nella costruzione di questi partenariati non è solo quello di sostenere i nostri membri nell’eliminazione della fame e della povertà, ma anche di soddisfare la nostra aspirazione di non lasciare indietro nessuno attraverso sistemi alimentari trasformati che garantiscono una migliore produzione, una migliore nutrizione, un ambiente migliore e quindi una vita migliore. Si tratta di identificare quegli impegni che sono allineati agli SDG e creeranno un impatto reale sul campo”.

Ma queste partnership comprometteranno la neutralità della FAO? L’impegno della FAO segue principi ben chiari per tutelare la propria integrità e, essendo leader mondiale nel settore dell’agroalimentare, si impegna anche ad individuare quali siano le necessità del settore e a mettere in contatto i propri membri con il settore privato. In questo modo si può creare una catena del valore che parte dalla formazione per poi arrivare all’accesso ai finanziamenti e all’adozione di tecnologie innovative e soluzioni infrastrutturali.

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