Avviata la costruzione di Mammoth in Islanda: cattura 36mila tonnellate di CO2 all’anno dall’aria

In Islanda è iniziata in questi giorni la costruzione di una grande centrale (denominata Mammoth) progettata per la cattura dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera e per combattere quindi il global warming.

A differenze delle normali centrali che per produrre energia rilasciano nell’atmosfera degli enormi quantitativi di gas serra, principali responsabili dei cambiamenti climatici che si registrano in questi anni, Mammoth è invece una centrale “amica dell’ambiente” e il suo obiettivo è quello di cercare di ridurre i gravi danni che l’uomo ha provocato all’ambiente con le massicce emissioni degli ultimi decenni.

Si tratta di un impianto Direct Air Capture (o DAC, ossia a cattura diretta dell’aria), che aspira direttamente l’aria dall’ambiente e tramite un sistema di filtri, la filtra appunto, rimuovendo la CO2 che risulta essere dannosa.

Questo nuovo impianto sarà operativo entro 18 o 24 mesi al massimo e al termine della costruzione risulterà essere il più grande progetto del suo genere mai realizzato dopo la messa in funzione di Orca, una centrale “sorella” che è stata avviata a settembre 2021 e che è in grado di catturare fino a 4mila tonnellate di CO2 ogni anno (pari all’inquinamento prodotto da circa 800 vetture inquinanti).

Mammoth, invece, sarà fino a nove volte più efficiente, arrivando così a catturare direttamente dall’atmosfera ben 36mila tonnellate di CO2 ogni anno. Potrebbe sembrare un traguardo importante (e per certi versi lo è), ma per ridurre significativamente le stratosferiche quantità di CO2 che l’uomo ha immesso nell’atmosfera terrestre, dovremmo raggiungere circa 85 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

Questo dato è stato riportato in un rapporto stilato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia. Al momento esistono solamente una ventina di prototipi di questo tipo al mondo, quindi siamo ancora fermi a 0,01 milioni di tonnellate all’anno.

Nonostante questi valori possano sembrare abbastanza bassi per quello che risulta essere l’obiettivo finale, bisogna comunque sottolineare che impianti di questo tipo possono rappresentare una prima base, da cui partire per la realizzazione di progetti sempre più ambiziosi ed efficienti.

Sia Mammoth che Orca sono state costruite dalla società svizzera specializzata in tecnologia climatica, Climeworks. Inoltre, nel comunicato che conteneva l’annuncio di inizio dei lavori per il nuovo impianto, la società ha fatto anche sapere che si stanno gettando le fondamenta per mettere a punto le prime centrali da milioni di tonnellate già entro il 2030 e da gigatonnellate per il 2050.

Se si riuscissero davvero a realizzare impianti di questa portata, nel giro di pochi decenni potremmo essere in grado di riparare, almeno in parte, ai danni che l’uomo ha provocato all’ambiente a causa del profitto e della sua crescita senza freni.

Come funzionano queste centrali?

Queste centrali si basano sull’utilizzo di alcuni ventilatori che aspirano l’aria, la fanno passare attraverso dei filtri acidi in grado di catturare la CO2 e poi incanalano quest’ultima all’interno di grandi tubature.

Qui l’anidride carbonica, associata a enormi quantità di acqua, viene spedita in profondità nel terreno, dove va a reagire con le rocce basaltiche per dare vita a dei minerali carbonatici, ossia altre rocce, che solidificano nel giro di un paio d’anni.

Parte della CO2 che viene “estratta” dall’aria in questo modo può anche essere utilizzata per la produzione di bevande gassate e fertilizzanti. Ovviamente le centrali DAC per funzionare hanno bisogno di una certa quantità di energia, ma il loro impatto netto può essere zero, a seconda dei punti in cui queste vengono costruite.

Sia Mammoth che Orca, infatti, sono situate nei pressi della centrale geotermica di Hellisheiði e sfruttano l’energia della Terra per svolgere le loro funzioni.

Per il momento, quindi, si parla solamente di progetti concettuali, con un impatto abbastanza limitato sui cambiamenti climatici, ma in futuro delle tecnologie di questo tipo potrebbero risultare essenziali e rappresentare una vera e propria svolta per il clima.

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