Tra crisi energetica e svolta Green forse conviene investire sull’idrogeno

Sono anni che si parla di motori alimentati a idrogeno, e di quali potrebbero essere le applicazioni pratiche, in termini di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti, di questa nuova tecnologia. E ora che la situazione dal punto di vista energetico è più incerta che mai, proprio l’idrogeno potrebbe rappresentare una valida alternativa, ma non è così semplice.

Allo stato attuale delle cose, in Europa soprattutto, il prezzo dell’energia elettrica è arrivato alle stelle, quindi è legittimo domandarsi se abbia senso continuare a scommettere sulla mobilità elettrica o se non sia una mossa più intelligente quella di investire nella transizione verso l’idrogeno.

Parliamo anzitutto di idrogeno verde, vale a dire idrogeno ottenuto utilizzando fonti energetiche alternative. Il suo impiego potrebbe effettivamente diventare competitivo, e la sua maggior diffusione potrebbe essere spinta attraverso politiche di incentivazione e inserito nei piani di sviluppo sostenibile che determinerebbero una importante riduzione delle emissioni inquinanti.

In teoria quindi l’utilizzo di idrogeno verde rappresenterebbe un passo avanti sulla tabella di marcia della cosiddetta svolta green europea. Infatti la produzione sostenibile di H2 è diventata una priorità di investimento nel Next Generation Eruope, portando i vari Paesi membri a seguire questa strada.

L’Italia infatti nell’ambito del PNRR ha già programmato un investimento di 3,2 miliardi di euro per la ricerca, la sperimentazione, la produzione e l’utilizzo di idrogeno.

Oggi l’idrogeno viene utilizzato quasi esclusivamente nell’industria

Ad oggi tuttavia le applicazioni pratiche delle tecnologie per l’uso di idrogeno si limitano al campo industriale. I campi in cui viene utilizzato sono principalmente quattro, sia nella forma pura che miscelata, e sono:

  • raffinazione del petrolio (33%)
  • produzione di ammoniaca (27%)
  • produzione di metanolo (11%)
  • produzione dell’acciaio attraverso la riduzione diretta del minerale di ferro (3%).

Stiamo parlando però di idrogeno che per la quasi totalità viene ricavato utilizzando combustibili fossili, con oltre il 60% dell’idrogeno usato nelle raffinerie che viene prodotto usando il gas naturale.

Attualmente l’idrogeno molecolare viene prodotto su larga scala, e viene utilizzato soprattutto per la sintesi dell’ammoniaca, per i processi di raffinazione del petrolio e per la sintesi del metanolo. Si tratta di un derivato del gas naturale, e gran parte dell’energia necessaria per il processo di produzione viene da fonti fossili.

In questo caso parliamo di idrogeno grigio, o idrogeno marrone, ma i ricercatori, le aziende e i governi dei Paesi europei sono interessati all’idrogeno verde, che è l’unica opzione che porterebbe a zero le emissioni di CO2.

Per la produzione di idrogeno verde non si parte del gas o da altri combustibili fossili, bensì dall’acqua dolce, che viene scissa in idrogeno e ossigeno per mezzo di elettrolizzatori alimentati ad elettricità ottenuta da fonti rinnovabili.

I costi per la produzione di idrogeno verde però sono attualmente molto alti, circa il triplo di quelli per la produzione di idrogeno grigio, inoltre la tecnologia degli elettrolizzatori non è stata ancora adeguatamente sviluppata e questo comporta degli enormi limiti alle quantità che si possono produrre. Occorrono quindi investimenti in grado di ridurre il costo di produzione dell’idrogeno verde.

Quali sono i tempi necessari per rendere competitivo l’idrogeno verde

Perché l’idrogeno verde possa divenire una risorsa competitiva occorrerà quindi del tempo. Secondo alcune stime ci vorrebbero almeno dieci anni, ma vista l’attuale situazione i tempi rischiano di allungarsi.

Prima del 2030 in Europa difficilmente ci saranno Paesi che potranno disporre di grandi surplus di energia elettrica, specie se si considera che deve trattarsi di energia ricavata da fonti rinnovabili perché si possa parlare poi di idrogeno verde.

Vediamo il caso specifico dell’Italia, dove la maggior parte dell’energia elettrica viene ricavata dal gas naturale, quindi per decarbonizzare il sistema elettrico bisognerebbe aumentare la quantità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

Attualmente in Italia circa il 35-40% dell’energia elettrica viene prodotta da fonti rinnovabili, per un totale di circa 120 TWh/a, ed è necessario che vi sia un aumento fino al 70%, per arrivare ad oltre 200 TWh/a entro il 2030, e raggiungere così gli obiettivi fissati da Bruxellles che, come appare evidente, sono alquanto ambiziosi.

Per poter anche solo sperare di raggiungere traguardi simili bisognerebbe investire molto in ricerca sull’idrogeno, e al tempo stesso sulla diffusione delle rinnovabili. Nel prossimo futuro l’Ue si troverà a dover operare delle scelte importanti in questo ambito, per decidere se puntare sull’elettrificazione diretta oppure sulla produzione di idrogeno.

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