La Borsa Italiana è ufficialmente in vendita. E lo è, sostanzialmente, dallo scorso fine luglio, quando la LSE – London Stock Exchange ha annunciato di voler valutare la sua eventuale cessione, dopo essere partita con il valutare la cessione della sola MTS (dove vengono collocati i titoli di Stato).

Ma chi comprerà Borsa Italiana?

Come ricordava qualche giorno fa Il Sole 24 Ore nel suo inserto settimanale Plus, sono tre i potenziali acquirenti, che avrebbero già formalizzato la propria manifestazione di interesse (o si accingerebbero a farlo entro l’11 settembre): Deutsche Boerse, Six (Swiss Stock Exchange) e… un operatore “quasi” nazionale, che prevede una cordata italo francese rappresentata da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e Euronext, la società che gestisce già la Borsa di Parigi, di Amsterdam, di Oslo, di Bruxelles, di Lisbona e di Dublino.

Di qui, il riflesso più immediato: considerato che uno dei tre operatori è in parte pubblico (Cdp), è ovvio che una parola decisiva spetterà alla politica. E, evidentemente, anche in questo caso non c’è concordia tra le idee e le visioni di insieme.

Insomma, dopo oltre un decennio Borsa Italiana sembra essere destinata ad uscire dall’influenza britannica, per entrare in un’altra sfera di influenza europea, comunitaria o meno. Un movimento che potrebbe far perdere nuova autonomia all’istituto, ma che comunque dovrebbe essere valutato in una prospettiva di integrazione europea auspicata da più parti.

L’impressione è che alla fine sarà proprio la politica a scegliere che cosa fare, anche se gli analisti indipendenti suggeriscono, in realtà, che non vi siano interventi troppo diretti: se però il governo valuterà di voler ricondurre in una sfera di maggiore autonomia il futuro di Bankitalia, veicolato magari dalla partnership con Euronext, allora probabilmente sarà proprio il “campione” nazionale ad avere la meglio. In caso contrario, lo scenario più probabile sembra essere quello di un matrimonio italo – tedesco…

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